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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Il processo ILVA è stato per Taranto una svolta storica: una boccata di
ossigeno in una città inquinata dalle ciminiere.
La Corte d’Assise di Taranto in 3800 pagine ha spiegato nel dettaglio
la sentenza di condanna.
Le motivazioni della sentenza raccolgono un'imponente documentazione che
testimonia la gravità dell'inquinamento e del pericolo per la salute.
Ci metteremo molto tempo per leggere le 3800 pagine. Ma non ci vuole
molto tempo per capire che quanto è accaduto a Taranto ha avuto una
radice squisitamente politica. Il disastro ecologico è stato frutto di
un disastro politico. Non poteva avvenire senza il compiacente consenso
di chi era incline al compromesso a danno dei cittadini e del bene
comune.
Quel pessimo compromesso politico è stato incrinato e spezzato dalla
cittadinanza attiva. Dal basso delle lotte civili, dalle manifestazioni
e anche dalle denunce si è levato il grido di dolore e di giustizia.
Le motivazioni della sentenza evidenziano il più punti il ruolo degli
ambientalisti e dei cittadini attivi.
Vengono sottolineati i contributi ad esempio di Fabio Matacchiera, i cui
video, si legge, "costituiscono formidabile prova documentale delle
emissioni di Ilva".
La Corte d'Assise afferma inoltre che "il primo impulso per le indagini
è partito da PeaceLink".
Una considerazione finale ci sia consentita sul ruolo della
magistratura.
L'intervento della Procura è stata una_ irruzione di legalità_ in un
panorama scialbo e meschino in cui la gente perdeva fiducia nella legge
fino a considerarla una pura forma.
E' la magistratura che ha saputo, fra i tre poteri, svolgere un ruolo
fondamentale di controllo e di contrappeso alla malapolitica.
Non è un caso che in Parlamento si tenti in continuazione di indebolire
la magistratura proprio per evitare che anche in altre città avvenga
quell'_irruzione__ di legalità_ che è accaduta a Taranto.
La famiglia Riva e i loro sodali hanno gestito l’ex Ilva di Taranto
dal 1995 al 2012 in maniera “disastrosa” e “hanno posto in essere
modalità gestionali illegali (...) sin dal 1995”. Sono le prime
parole che si leggono nelle 3.700 pagine che compongono la motivazione
della sentenza con la quale la Corte d’assise di Taranto ha condannato
il 31 maggio 2021 la famiglia di industriali lombardi, la dirigenza
dell’acciaieria jonica e poi parte della politica locale e regionale:
22 anni di reclusione a Fabio Riva e 20 al fratello Nicola, al
responsabile delle relazioni istituzionali, Girolamo Archinà, definito
dall’accusa come la “longa manus” dei Riva verso istituzioni e
politica, una a 21 anni e 6 mesi all’allora direttore dello
stabilimento Luigi Capogrosso.
Continua su
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/11/29/sentenza-ilva-le-motivazioni-a-taranto-gestione-
illegale-e-danni-alla-vita-i-riva-sapevano-dal-1995-mai-fatto-nulla-per-ambiente-e-
sicurezza/6890013/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/12/01/lex-ilva-continua-a-
inquinare/6892242/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=giustizi
a-di-fatto&utm_term=2022-12-01
ossigeno in una città inquinata dalle ciminiere.
La Corte d’Assise di Taranto in 3800 pagine ha spiegato nel dettaglio
la sentenza di condanna.
Le motivazioni della sentenza raccolgono un'imponente documentazione che
testimonia la gravità dell'inquinamento e del pericolo per la salute.
Ci metteremo molto tempo per leggere le 3800 pagine. Ma non ci vuole
molto tempo per capire che quanto è accaduto a Taranto ha avuto una
radice squisitamente politica. Il disastro ecologico è stato frutto di
un disastro politico. Non poteva avvenire senza il compiacente consenso
di chi era incline al compromesso a danno dei cittadini e del bene
comune.
Quel pessimo compromesso politico è stato incrinato e spezzato dalla
cittadinanza attiva. Dal basso delle lotte civili, dalle manifestazioni
e anche dalle denunce si è levato il grido di dolore e di giustizia.
Le motivazioni della sentenza evidenziano il più punti il ruolo degli
ambientalisti e dei cittadini attivi.
Vengono sottolineati i contributi ad esempio di Fabio Matacchiera, i cui
video, si legge, "costituiscono formidabile prova documentale delle
emissioni di Ilva".
La Corte d'Assise afferma inoltre che "il primo impulso per le indagini
è partito da PeaceLink".
Una considerazione finale ci sia consentita sul ruolo della
magistratura.
L'intervento della Procura è stata una_ irruzione di legalità_ in un
panorama scialbo e meschino in cui la gente perdeva fiducia nella legge
fino a considerarla una pura forma.
E' la magistratura che ha saputo, fra i tre poteri, svolgere un ruolo
fondamentale di controllo e di contrappeso alla malapolitica.
Non è un caso che in Parlamento si tenti in continuazione di indebolire
la magistratura proprio per evitare che anche in altre città avvenga
quell'_irruzione__ di legalità_ che è accaduta a Taranto.
La famiglia Riva e i loro sodali hanno gestito l’ex Ilva di Taranto
dal 1995 al 2012 in maniera “disastrosa” e “hanno posto in essere
modalità gestionali illegali (...) sin dal 1995”. Sono le prime
parole che si leggono nelle 3.700 pagine che compongono la motivazione
della sentenza con la quale la Corte d’assise di Taranto ha condannato
il 31 maggio 2021 la famiglia di industriali lombardi, la dirigenza
dell’acciaieria jonica e poi parte della politica locale e regionale:
22 anni di reclusione a Fabio Riva e 20 al fratello Nicola, al
responsabile delle relazioni istituzionali, Girolamo Archinà, definito
dall’accusa come la “longa manus” dei Riva verso istituzioni e
politica, una a 21 anni e 6 mesi all’allora direttore dello
stabilimento Luigi Capogrosso.
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https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/11/29/sentenza-ilva-le-motivazioni-a-taranto-gestione-
illegale-e-danni-alla-vita-i-riva-sapevano-dal-1995-mai-fatto-nulla-per-ambiente-e-
sicurezza/6890013/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/12/01/lex-ilva-continua-a-
inquinare/6892242/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=giustizi
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