About Rete Ambientalista Al
Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Il 4 giugno dalle ore 10.00 il Movimento No Base – Né a Coltano né altrove promuove
un’assemblea nazionale, insieme ad altre realtà, che si svolgerà dalle ore 10.00 al
Bastione Sangallo a Pisa.
È passato un anno dalla manifestazione indetta a Coltano contro la costruzione di una
nuova base militare dell’esercito italiano per i corpi speciali, in particolare il 1º reggimento
dei carabinieri paracadutisti “Tuscania” e il reparto d’élite dei carabinieri “G.I.S.” (Gruppo
Intervento Speciale).
La forte risposta che nel nostro territorio siamo riuscitə a costruire ci ha permesso di
rallentare il progetto: ad oggi, nonostante un DPCM mai ritirato che decreta la costruzione
della base a Coltano, non una pietra è stata posata.
Si è parlato di spacchettamenti e ricollocazione della base, ma l’interesse è sempre quello
di costruire un enorme hub logistico per la guerra che vedrebbe questa infrastruttura
inserirsi strategicamente tra Camp Darby, l’aeroporto militare di Pisa e il porto di Livorno.
Per questo ci rivolgiamo a voi. Ci rivolgiamo a voi per parlare anche a noi stessə. Non sarà
possibile vincere la lotta contro la costruzione di nuove basi militari se non si ferma l’escalation
globale verso la guerra. Un’escalation reale con conseguenze rovinose nei territori e nelle
vite delle persone: la produzione bellica cresce insieme ai trasporti via treno, nave e
gomma di armi, alle gite studentesche dentro le caserme, alle presenza del comparto
militare nelle scuole. Mentre si chiudono ospedali, servizi sanitari territoriali e scuole, si
delocalizza la produzione e polverizzano posti di lavoro, si tolgono le già risicate forme di
sussistenza sociale, subiamo un drammatico rincaro energetico, aumento dell’inflazione e
del carovita.
In quest’anno l’avvitamento della guerra è aumentato coinvolgendo sempre più luoghi: in
Ucraina, in Medio Oriente, in Africa, nel Mediterraneo e in tanti altri luoghi in cui la guerra è
più o meno esplicita. Oggi nel mondo sono in corso decine di conflitti armati: guerre in cui
le grandi potenze economiche si scontrano “per procura” e conflitti “a bassa intensità”.
Questo avvitamento lo vediamo in diversi luoghi: Afghanistan, Yemen, Siria, Palestina,
Iraq, Sahel, Congo, Nigeria, ma anche Etiopia, Myanmar, Colombia, Messico e molti altri.
Anche sul territorio europeo l’escalation continua: in Ucraina e nelle diverse zone di
“confine” aumentano gli investimenti in munizioni, i sistemi di controllo e confino dei flussi
migratori, l’uso di droni e lo sviluppo di tecnologie militari.
Il controllo e l’investimento sulle fonti energetiche rappresenta uno dei modi attraverso cui si
ridisegnano le sfere di influenza mondiali, di cui le guerre sono naturale conseguenza.
Nello scenario bellico globale, la corsa forsennata a nuove fonti fossili accelera la crisi
climatica e approfondisce le disuguaglianze sociali, anche se mascherata dalla narrazione
delle transizione ecologica, che si sta oggi consumando sulla pelle dellə lavoratorə e sui
territori.
L’avvitamento della guerra ha degli effetti devastanti e mortiferi, produce danni, trasfigura
territori, relazioni, luoghi della formazione, spazi di democrazia, sia nei territori coinvolti
che “ospitano” basi militari sia in quelli che apparentemente sembrano “in pace” ma che
subiscono le conseguenze legate alla scelta di dirottare gli investimenti pubblici sulle
spese militari e su nuovi investimenti in energie fossili anziché sugli ospedali, le scuole,
l’emergenza abitativa.
Tutti questi effetti ricadono con particolare violenza sui corpi delle donne e delle
soggettività non conformi, sulle persone sfruttate, povere e precarie, sulle persone piccole
e la natura.
Con questo invito ci rivolgiamo a chi subisce questi danni a Pisa e in Toscana, a chi come a
Piombino, Ravenna e tante parti d’Italia vede il territorio e la propria salute sacrificati in
virtù dell’approvvigionamento energetico, a chi lotta per una transizione ecologica dal
basso, giusta e radicale, a chi sta soffrendo per le basi, l’occupazione militare e il
conseguente abbandono dei territori.Ci rivolgiamo a chi, nell’ultimo anno e mezzo, ha
attraversato le tante manifestazioni per la pace e contro l’invio delle armi e a chi ha si è
mobilitato contro il transito delle armi nei porti. Ci rivolgiamo a chi dalle guerre fugge e
viene bloccatə sui confini o costrettə a lavorare e vivere in condizioni violente e inumane di
sfruttamento, privatə di ogni diritto fondamentale.
Ci rivolgiamo alle giovani generazioni che hanno fatto della battaglia per il “diritto al futuro”
la testimonianza della loro stessa esistenza.
Lo Stato italiano ha già speso un miliardo per le armi inviate in Ucraina e le spese militari
aumentano costantemente (passando da 25,7 miliardi a 26,5 miliardi solo tra il 2022 e il
2023). Ogni euro speso per il riarmo è un euro sottratto ai servizi essenziali e al benessere
complessivo della società. Queste guerre sono pagate dai popoli ma fanno solo gli
interessi dei potenti. Sono il frutto della concentrazione della ricchezza in mani di pochi e
premessa perché questa continui a crescere.
In quest’ultimo anno tante sono state le manifestazioni contro la guerra e l’invio di armi:
cortei, conferenze, fiaccolate, blocchi delle navi e aerei che trasportavano armi.
Tutte queste lotte possono fermare un pezzetto di escalation, ma da solə nessunə riuscirà a
vincere e rompere il muro di propaganda e manipolazione che i governi e i media stanno
costruendo. Il nazionalismo, militarismo e sessismo pervadono sempre più in profondità la
cultura, l’economia ed ogni ambito sociale.
Come agire per contrastarli, soprattutto nelle scuole di ogni ordine e grado? A quanto
ammontano realmente le spese militari del nostro paese? Quanto sono aumentate negli ultimi
anni? Dove e a chi vanno questi soldi, per produrre cosa? Quanti militari sono coinvolti in
territori bellici, e quali? Come possiamo conoscere, rintracciare e bloccare la filiera della guerra?
A queste domande in pochə sanno rispondere… perché nessuno ci fornisce risposte.
Il silenzio e il segreto intorno alle risorse pubbliche coinvolte in guerre, esercitazioni e
traffico di armi non sono conseguenze, ma condizioni necessarie alle guerre. Romperli
sarebbe un primo passo per emergere dalla manipolazione dei media e dei governi.
Provare a tirare fuori la testa dalla palude putrida in cui ci stanno sommergendo,
riprenderci la speranza e la volontà di cambiare radicalmente la società in cui viviamo.
Respirare, guardare il sole, guardarci tra noi e costruire la forza e l’orizzonte per fermare questa
escalation.
GKN, Rete No Fossile, No Tav, No Ponte, Osservatorio contro la militarizzazione delle
scuole, No Muos, Climate Social Camp, Pax Christi, Movimento Migranti e Rifugiati Napoli,
Ex opg occupato – je so’ pazzo Napoli, Collettivo Dada Boom La Spezia, S.I. Cobas
Toscana, Lucca No guerra no base, Bologna for climate justice, Valdera Avvelenata (in
aggiornamento!)
un’assemblea nazionale, insieme ad altre realtà, che si svolgerà dalle ore 10.00 al
Bastione Sangallo a Pisa.
È passato un anno dalla manifestazione indetta a Coltano contro la costruzione di una
nuova base militare dell’esercito italiano per i corpi speciali, in particolare il 1º reggimento
dei carabinieri paracadutisti “Tuscania” e il reparto d’élite dei carabinieri “G.I.S.” (Gruppo
Intervento Speciale).
La forte risposta che nel nostro territorio siamo riuscitə a costruire ci ha permesso di
rallentare il progetto: ad oggi, nonostante un DPCM mai ritirato che decreta la costruzione
della base a Coltano, non una pietra è stata posata.
Si è parlato di spacchettamenti e ricollocazione della base, ma l’interesse è sempre quello
di costruire un enorme hub logistico per la guerra che vedrebbe questa infrastruttura
inserirsi strategicamente tra Camp Darby, l’aeroporto militare di Pisa e il porto di Livorno.
Per questo ci rivolgiamo a voi. Ci rivolgiamo a voi per parlare anche a noi stessə. Non sarà
possibile vincere la lotta contro la costruzione di nuove basi militari se non si ferma l’escalation
globale verso la guerra. Un’escalation reale con conseguenze rovinose nei territori e nelle
vite delle persone: la produzione bellica cresce insieme ai trasporti via treno, nave e
gomma di armi, alle gite studentesche dentro le caserme, alle presenza del comparto
militare nelle scuole. Mentre si chiudono ospedali, servizi sanitari territoriali e scuole, si
delocalizza la produzione e polverizzano posti di lavoro, si tolgono le già risicate forme di
sussistenza sociale, subiamo un drammatico rincaro energetico, aumento dell’inflazione e
del carovita.
In quest’anno l’avvitamento della guerra è aumentato coinvolgendo sempre più luoghi: in
Ucraina, in Medio Oriente, in Africa, nel Mediterraneo e in tanti altri luoghi in cui la guerra è
più o meno esplicita. Oggi nel mondo sono in corso decine di conflitti armati: guerre in cui
le grandi potenze economiche si scontrano “per procura” e conflitti “a bassa intensità”.
Questo avvitamento lo vediamo in diversi luoghi: Afghanistan, Yemen, Siria, Palestina,
Iraq, Sahel, Congo, Nigeria, ma anche Etiopia, Myanmar, Colombia, Messico e molti altri.
Anche sul territorio europeo l’escalation continua: in Ucraina e nelle diverse zone di
“confine” aumentano gli investimenti in munizioni, i sistemi di controllo e confino dei flussi
migratori, l’uso di droni e lo sviluppo di tecnologie militari.
Il controllo e l’investimento sulle fonti energetiche rappresenta uno dei modi attraverso cui si
ridisegnano le sfere di influenza mondiali, di cui le guerre sono naturale conseguenza.
Nello scenario bellico globale, la corsa forsennata a nuove fonti fossili accelera la crisi
climatica e approfondisce le disuguaglianze sociali, anche se mascherata dalla narrazione
delle transizione ecologica, che si sta oggi consumando sulla pelle dellə lavoratorə e sui
territori.
L’avvitamento della guerra ha degli effetti devastanti e mortiferi, produce danni, trasfigura
territori, relazioni, luoghi della formazione, spazi di democrazia, sia nei territori coinvolti
che “ospitano” basi militari sia in quelli che apparentemente sembrano “in pace” ma che
subiscono le conseguenze legate alla scelta di dirottare gli investimenti pubblici sulle
spese militari e su nuovi investimenti in energie fossili anziché sugli ospedali, le scuole,
l’emergenza abitativa.
Tutti questi effetti ricadono con particolare violenza sui corpi delle donne e delle
soggettività non conformi, sulle persone sfruttate, povere e precarie, sulle persone piccole
e la natura.
Con questo invito ci rivolgiamo a chi subisce questi danni a Pisa e in Toscana, a chi come a
Piombino, Ravenna e tante parti d’Italia vede il territorio e la propria salute sacrificati in
virtù dell’approvvigionamento energetico, a chi lotta per una transizione ecologica dal
basso, giusta e radicale, a chi sta soffrendo per le basi, l’occupazione militare e il
conseguente abbandono dei territori.Ci rivolgiamo a chi, nell’ultimo anno e mezzo, ha
attraversato le tante manifestazioni per la pace e contro l’invio delle armi e a chi ha si è
mobilitato contro il transito delle armi nei porti. Ci rivolgiamo a chi dalle guerre fugge e
viene bloccatə sui confini o costrettə a lavorare e vivere in condizioni violente e inumane di
sfruttamento, privatə di ogni diritto fondamentale.
Ci rivolgiamo alle giovani generazioni che hanno fatto della battaglia per il “diritto al futuro”
la testimonianza della loro stessa esistenza.
Lo Stato italiano ha già speso un miliardo per le armi inviate in Ucraina e le spese militari
aumentano costantemente (passando da 25,7 miliardi a 26,5 miliardi solo tra il 2022 e il
2023). Ogni euro speso per il riarmo è un euro sottratto ai servizi essenziali e al benessere
complessivo della società. Queste guerre sono pagate dai popoli ma fanno solo gli
interessi dei potenti. Sono il frutto della concentrazione della ricchezza in mani di pochi e
premessa perché questa continui a crescere.
In quest’ultimo anno tante sono state le manifestazioni contro la guerra e l’invio di armi:
cortei, conferenze, fiaccolate, blocchi delle navi e aerei che trasportavano armi.
Tutte queste lotte possono fermare un pezzetto di escalation, ma da solə nessunə riuscirà a
vincere e rompere il muro di propaganda e manipolazione che i governi e i media stanno
costruendo. Il nazionalismo, militarismo e sessismo pervadono sempre più in profondità la
cultura, l’economia ed ogni ambito sociale.
Come agire per contrastarli, soprattutto nelle scuole di ogni ordine e grado? A quanto
ammontano realmente le spese militari del nostro paese? Quanto sono aumentate negli ultimi
anni? Dove e a chi vanno questi soldi, per produrre cosa? Quanti militari sono coinvolti in
territori bellici, e quali? Come possiamo conoscere, rintracciare e bloccare la filiera della guerra?
A queste domande in pochə sanno rispondere… perché nessuno ci fornisce risposte.
Il silenzio e il segreto intorno alle risorse pubbliche coinvolte in guerre, esercitazioni e
traffico di armi non sono conseguenze, ma condizioni necessarie alle guerre. Romperli
sarebbe un primo passo per emergere dalla manipolazione dei media e dei governi.
Provare a tirare fuori la testa dalla palude putrida in cui ci stanno sommergendo,
riprenderci la speranza e la volontà di cambiare radicalmente la società in cui viviamo.
Respirare, guardare il sole, guardarci tra noi e costruire la forza e l’orizzonte per fermare questa
escalation.
GKN, Rete No Fossile, No Tav, No Ponte, Osservatorio contro la militarizzazione delle
scuole, No Muos, Climate Social Camp, Pax Christi, Movimento Migranti e Rifugiati Napoli,
Ex opg occupato – je so’ pazzo Napoli, Collettivo Dada Boom La Spezia, S.I. Cobas
Toscana, Lucca No guerra no base, Bologna for climate justice, Valdera Avvelenata (in
aggiornamento!)