In Italia è in atto

In Italia è in atto, updated 10/2/23, 1:38 PM

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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

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In Italia è in atto un crimine ambientale e
sanitario
Il governo metta
al bando i Pfas
Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Le aziende usano i Pfas ovunque:
chiediamo al governo di varare
subito una legge che introduca il
divieto del loro uso e produzione. Non c’è
altro tempo da perdere.
Serve la loro completa assenza nell’acqua
da bere, negli alimenti, suolo e aria. Ma
non esiste una legge che ne vieti la produzione
e l’utilizzo.
Eppure nella scorsa legislatura è stato presentato
al Senato da Mattia Crucioli un disegno
di legge che vieta la produzione,
l’uso e la commercializzazione di PFAS o
di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina
la riconversione produttiva e le misure di
bonifica e di controllo, assumendo le istanze
dei Movimenti che da anni si battono per
eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili
e persistenti (praticamente indistruttibili)
da acque, aria, alimenti, sangue di lavoratori
e cittadini altrimenti ammalati e uccisi.
Oltre che in Veneto e Piemonte, anche in
Lombardia l’emergenza PFAS è fuori controllo;
in Toscana ancora dati shock e Pfas
“inquinante perfetto” in Trentino.
I PROFITTI DEI PFAS ALLE IMPRESE
I COSTI SOCIALI ALLE COLLETTIVITÀ
Se il Costo Sociale dei Pfas (ripristino di
suoli e acque + biomonitoraggio dell’inquinamento
+ cure sanitarie dovute all’esposizione)
fosse pagato dall’azienda produttrice,
Solvay dovrebbe vendere i PFAS a circa
19mila euro al kg. Invece il costo industriale
degli PFAS è 1000 volte più basso: 19
euro al kg.
La collettività paga sulla propria pelle e
con le proprie tasche. Sono calcoli realizzati
dall’Ong belga ChemSec: Il costo sociale
dei PFAS è 17.500 miliardi di dollari/
anno; i profitti sono 4.000 miliardi.
A conti fatti (a prescindere dai costi etici:
morti e malattie non hanno prezzo), all’umanità
converrebbe vietare la produzione
e l’uso dei Pfas.
È quanto si era proposto per l’Italia il disegno
di Legge presentato dall’ex senatore
Mattia Crucioli. Invece…
LIMITI PFAS NEGLI USA
Per i PFAS la legge dovrebbe prescrivere
“Limiti Zero, cioè divieto di produzione,
come per amianto e DDT. Contro le leggi si
battono le aziende produttrici, che per decenni
hanno prima nascosto e poi negato e
poi sminuito tossicità e cancerogenicità degli
“inquinanti eterni”, e che infine ne stanno
promettendo le impossibili bonifiche.
L’Agenzia per la Protezione Ambientale
americana, intende entro l’anno fissare il
valore limite nell’acqua potabile dei forever
chemicals a 4 parti per mille, un valore
al limite di quanto gli strumenti siano in
grado di misurare in modo affidabile, ma
comunque ancora troppo alto per tutelare
adeguatamente la salute. Infatti la ricerca
scientifica ritiene non esistano limiti sicuri
per la salute per i Pfas nell’acqua potabile.
I grandi inquinatori chimici osteggiano la
legge che li espone a risarcimenti miliardari
nei confronti degli enti locali e dei cittadini.
IL PIANO EUROPEO STA FALLENDO
Mentre in Italia, teatro del più grande caso
di inquinamento da Pfas nel continente europeo,
queste sostanze attualmente non
sono neppure inserite tra i parametri da
monitorare nelle acque destinate al consumo
umano e la politica non se ne occupa, in
Europa hanno chiesto di vietarne uso e
produzione Germania, Paesi Bassi, Svezia,
Danimarca e Norvegia. E la Danimarca,
partendo dai dati sulla sicurezza alimentare
elaborati da Efsa nel 2020, ha già introdotto
un limite per la somma di quattro sostanze
Pfas (Pfoa, Pfos, Pfna e Pfhxs) pari a 2 nanogrammi
per litro.
L’UE annuncia che sta per fissare nuove soglie
per le concentrazioni di Pfas nell’acqua,
nel cibo, nell’aria, nella terra e nel sangue
degli esseri umani e viventi (animali compresi).
Prevede di stabilire entro il 12 gennaio
2024 i limiti di rilevazione, i valori di
parametro e la frequenza di campionamento.
Ma la direttiva del 2020 non tiene conto
dei più recenti parametri Efsa e non centra
leuropeo, pur proiettato nei tempi lunghi,
sta fallendo: è quanto sostengono l’associazione
ClientEarth e l’Ufficio Europeo per
l’Ambiente EEB (rete di 180 organizzazioni
ambientaliste) che hanno analizzato i progressi
fatti ad un anno dalla messa a punto
del progetto. Nell’aprile 2022, infatti, la
Commissione europea aveva annunciato di
voler vietare numerose sostanze chimiche
nocive presenti nei prodotti di largo consumo,
con una tabella di marcia da cui emergeva
che in un tempo relativamente breve
migliaia di esse, a cominciare dai Pfas,
dovrebbero essere messe al bando. Ma
i progressi fatti in un anno sono ben poco
rassicuranti. Secondo ClientEarth e EEB “la
maggior parte dei fascicoli sono ancora in
bozza e allo stato attuale centinaia di migliaia
di ton di sostanze tossiche all’anno
sono destinate a sfuggire ai divieti”.
La colpa? Le “pressioni esercitate dall’industria
chimica” che condizionano l’atteggiamento
della Commissione Europea
incline a regolamentazioni lente e deboli,
vanificando il piano che, se concretizzato,
vieterebbe “più sostanze chimiche dannose
che in qualsiasi altra parte del mondo”.
IL MACIGNO DI SOLVAY E CONFINDUSTRIA
SU GOVERNO E PARLAMENTO
L’Italia è ancor più rallentata: il disegno di
Legge Crucioli non è stato ripresentato,
mentre il Piano del decreto legislativo del
23.2.23 sulle acque destinate al consumo
umano, prevedeva l’insediamento a giugno
del Censia (centro nazionale per la sicurezza
delle acque) per recepire e rendere disponibili
le linee-guida tecniche sui metodi
analitici per il monitoraggio dei parametri
(Pfas-totale e somma di Pfas) compresi i
limiti di rilevazione, i valori di parametro
e la frequenza di campionamento, che la
Commissione europea prevede di stabilire
entro il 12 gennaio 2024. Infine, entro il
31 dicembre 2024 il disegno di legge in discussione
in parlamento dovrebbe divenire
effettivo.
L’influenza della Confindustria (Solvay) in
Parlamento è stata decisiva sul decreto
scorso e intende ancor più esserlo per il disegno
di legge. Solvay a Spinetta Marengo
(AL) è determinata a non fermare nell’immediato
le lucrosissime produzioni di Pfas
(C6O4) e a non migrare verso sostanze alternative
se non in tempi lunghi, fissati da
lei. Nel contempo sa, al di là della propaganda,
che i metodi di osmosi inversa e carboni
attivi per bonificare i Pfas sono inefficaci e
addirittura pericolosi e comunque hanno
costi troppo elevati per le proprie casse.
Dunque prende tempo e fa proselitismo
istituzionale e mediatico:
“Potenziare, con il coinvolgimento del sistema
universitario ed industriale, la ricerca
scientifica su tutti gli aspetti del fenomeno
(diffusione di utilizzo, effetti sulla salute,
sostanze alternative, etc.); promuovere,
stanziando risorse pubbliche adeguate, la
ricerca di molecole in grado di sostituire i
Pfas; incentivare, stanziando risorse pubbliche
adeguate, la sperimentazione delle
tecnologie che consentiranno di abbattere
efficacemente e a costi sostenibili i Pfas;
promuovere, sulla base dei risultati delle
sperimentazioni, l’approvazione delle Bat
(migliori tecnologie disponibili) per l’abbattimento
dei Pfas e dei limiti di scarico;
introdurre limiti allo scarico dei Pfas esclusivamente
a seguito dell’individuazione,
nell’ambito della sperimentazione, delle
tecnologie e delle metodologie adottabili ed
approvate a livello europeo dalle opportune
Bat”.
Come si vede, Solvay è determinata a non
fermare nell’immediato le lucrosissime
produzioni di Pfas (C6O4): “Per i Pfas andiamo
verso lo zero tecnico. Il percorso è per
la dismissione dei fluoropolimeri entro ottobre
2026”. “La bonifica è a buon punto”. “Il
sistema di tutela ambientale dentro e fuori
lo stabilimento è ok”. “Altre vasche a carboni
attivi e osmosi inversa grandi come campi
di calcio” ecc. L’unica cosa concreta sono i
finanziamenti pubblici.
La riprova del peso della Solvay sulla politica
si è visto nella conferenza alla Camera dei
deputati delle Associazioni e dei Comitati
che hanno presentato il Manifesto europeo
per l’urgente messa al bando dei Pfas e
chiesto al Parlamento una ancor più urgente
legge per la messa al bando dei Pfas in
Italia: alla conferenza, era completamente
assente la maggioranza del Parlamento,
cioè il governo.
SEMPRE EVITATI GLI ESAMI
DEL SANGUE PER EVITARE
L’INCRIMINAZIONE DELLA SOLVAY.
PERCIÒ: VIA ALLE CAUSE CIVILI
Per questa strategia di temporeggiamento,
a livello piemontese Solvay sa di poter
contare da sempre sulle amministrazioni di
tutti i colori politici e sindacali.
In Piemonte i monitoraggi del sangue dei
Pfas ai cittadini non sono mai stati effettuati;
quelli ai lavoratori li ha fatti privatamente
l’azienda e ne ha secretato gli enormi
valori finché rivelati da noi alla magistratura.
Dopo che noi abbiamo organizzato e
gli abbiamo sbattuto in faccia lo studio condotto
dall’Università di Liegi (Belgio), che
ha evidenziato l’avvelenamento dei Psas
nel sangue dei lavoratori della Solvay e dei
cittadini di Spinetta Marengo, l’assessore
regionale alla Sanità e il sindaco di Alessandria
si erano incontrati per fare il punto sul
“caso Solvay” e concordare le iniziative.
Come ha ricevuto dal sindaco Abonante
(centrosinistra) garanzie che non intende
emettere (come dovrebbe) ordinanza di
fermata delle produzioni inquinanti dello
stabilimento, l’assessore Icardi (centrodestra)
ha illustrato le seguenti iniziative:
La Regione ha destinato all’Asl di Alessandria
un finanziamento di 340mila euro per
effettuare nuovi campionamenti su matrici
animali ed alimentari; ha deliberato un piano
di biomonitoraggio sulla popolazione (in
programma nei primi mesi del 2023) che
prevede, nei soggetti a rischio, oltre alla ricerca
ricerca dei Pfas, anche la valutazione di alcuni
parametri sanguigni, quali il colesterolo.
Per tale iniziativa è stato previsto un primo
finanziamento di 70mila euro.
È evidente, anche per queste ridicole cifre,
che non sono previste analisi del sangue a
tappeto su tutta la popolazione di Spinetta
e Alessandria. Mancano perfino i medici di
base, altro che indagini epidemiologiche.
In questo squallore, un minuscolo spiraglio
di luce perviene dal Progetto H2020-Scenarios,
inserito nel programma Horizon 2020
Framework Programme con un contributo
di quasi 12 milioni di euro, che comprende
19 organizzazioni di 10 Paesi europei,
oltre a Israele, Usa e Canada, e vede come
partner strategico l’Azienda Ospedaliera di
Alessandria. Secondo questo progetto pilota,
un campione di 80 abitanti del Montecastello,
Comune distante chilometri dalla
Solvay e che è stato costretto alla chiusura
dell’acquedotto per avvelenamento da
PFAS, sarà sottoposto ad analisi del sangue
e delle orine. Un progetto pilota comunque
lontanissimo da un monitoraggio di massa
della popolazione alessandrina.
Il livello di complicità della classe politica si
è ripetuto in un Consiglio comunale di Alessandria,
dove i consiglieri si sono trovati su
ciascun banco un fiore col nome di un cittadino
morto di cancro per colpa della Solvay
e, commossi, hanno subito provveduto
ad un minuto di silenzio per i morti “un
fiore per ogni vita volata via”. Poi hanno
votato -all’unanimità- per l’“Osservatorio
ambientale della Fraschetta” (di cui neppure
hanno letto la nostra elaborazione degli
anni 80) e un emendamento di “indirizzo a
tutti gli enti locali e nazionali” ai quali sbolognare
la patata bollente. Campa cavallo…
Cioè, alla Regione di sottoporre tutta la popolazione
agli esami del sangue per risarcirla
dei danni alla salute, e al Parlamento
di chiudere le produzioni della Solvay di
Spinetta Marengo. “Occorrono tempo e pazienza”
ha raccomandato il sindaco Abonante
ai cittadini che intanto si ammalano
e muoiono “non sono cose che si possono
fare in pochi mesi”. Soprattutto che non
vuole fare lui.
Invece non c’è tempo e pazienza. Così facciamo
partire in sede civile le cause contro
Solvay per risarcire le vittime: ammalati e
morti fra i lavoratori e i cittadini. A questo
punto è automatico che partirà il monitoraggio
della popolazione. Come avvenne
nel 2004 negli Stati Uniti per DuPont: in
pochi mesi 70 mila persone effettuarono le
analisi del sangue.








La pressione dell'industria su Bruxelles
Marcia indietro
sul divieto ai Pfas di Lorenzo Misuraca
"La Commissione europea è pronta a infrangere
la promessa di mettere fuori
legge tutte le sostanze chimiche pericolose
d’Europa tranne le più essenziali", scrive
il Guardian, che ricorda come l‘impegno a
"vietare le sostanze chimiche più dannose
nei prodotti di consumo, consentendone
l’uso solo dove essenziale" è stato un elemento
di punta del Green Deal europeo
quando è stato lanciato nel 2020.
LE PREVISIONI
CHE STANNO PER ESSERE SMENTITE
Si prevedeva che, nell’aggiornamento del
regolamento Reach dell’Ue, sarebbe stato
vietato l’uso in tutti i prodotti vendibili
di 7-12mila sostanze pericolose, compresi
molti Pfas, che, come ha dimostrato
la drammatica contaminazione avvenuta
in Veneto, sono collegati a interferenza
endocrina, e altre patologie riproduttive e
cancerogene.
VIETANDO I PFAS SI RISPARMIEREBBE
10 VOLTE TANTO IN SANITÀ
Tatiana Santos, responsabile della politica
sulle sostanze chimiche presso l’Ufficio
europeo dell’ambiente, ha dichiarato:
"L’incapacità dell’UE di controllare le
sostanze chimiche dannose è scritta nel
sangue contaminato di quasi tutti gli europei.
Ogni ritardo porta più sofferenze, malattie
e persino morti precoci. Il ritiro normativo
dell’Ue potrebbe essere la pietra
tombale del Green Deal europeo, alimentando
il cinismo nei confronti di élite inaffidabili
che fanno accordi con grandi lobby
tossiche, a meno che la Commissione non
mantenga la sua promessa di disintossicare
i prodotti e resistere agli inquinatori".
Lo studio d’impatto di 77 pagine trapelato
fa parte di una revisione degli obiettivi
nel regolamento Reach dell’Ue relativo alla
legislazione sulle sostanze chimiche, datato
13.1. 2023 e dovrebbe essere lanciato
entro fine 2023. Il testo potrebbe essere
modificato, ma i funzionari affermano al
Guardian che le opzioni in esame non sono
sostanzialmente cambiate.
La bozza di analisi stima che i risparmi
sanitari derivanti dai divieti di sostanze
chimiche supererebbero di 10 volte i costi
per l’industria. I pagamenti ridotti per
il trattamento di malattie come il cancro e
l’obesità ammonterebbero a 11–31 miliardi
di euro l’anno, mentre i costi di adeguamento
per le imprese sarebbero compresi
tra 0,9 e 2,7 miliardi di euro.
ANCHE GLI FTALATI
Oltre ai Pfas, le autorità di regolamentazione
dell’Ue hanno rilevato che il 17% dei
bambini europei è a rischio di esposizione
di miscele di ftalati (legate a malattie dello
sviluppo e della riproduzione) in un’indagine
condotta sul sangue e sulle urine lo scorso
anno su 13mila cittadini dell’Ue. Tracce
dell’interferente endocrino bisfenolo A
sono state trovate nel 92% degli adulti.
L’aggiornamento di Reach è stato ritardato
dopo una scissione tra i due dipartimenti
della commissione incaricati di redigere
la nuova legge: la direzione dell’ambiente,
che ha spinto per misure robuste; e la
direzione del mercato interno, che ha resistito.
La riforma Reach era inizialmente
una priorità della Commissione. Il primo
vicepresidente della commissione, Frans
Timmermans, ha dichiarato nel 2020: "È
importante smettere di utilizzare le sostanze
chimiche più dannose nei prodotti
di consumo, dai giocattoli e prodotti per
l’infanzia ai tessuti e ai materiali che vengono
a contatto con il nostro cibo".
IL PESO DELLA LOBBY DELL’INDUSTRIA
Un funzionario dell’Ue che ha parlato al
Guardian in condizione di anonimato ha
affermato che gli sforzi per attenuare la
revisione legale sono stati aiutati da "un
cambiamento completo nella forza del
sostegno ai consumatori e all’ambiente"
a Bruxelles, soprattutto da parte degli eurodeputati
del Partito popolare europeo
(lo stesso della presidente dell’Ue Ursula

von der Leyen) che avrebbero perso passionenario,
"La sensazione nella commissione
è quasi come se fosse un dato di fatto
che non possiamo creare troppi problemi
all’industria – indipendentemente dai
benefici per la salute pubblica – e che le
aziende soffrono molto delle nostre normative
sui prodotti chimici, quindi dovremmo
cercare di render loro le cose più
facili".
LE POSIZIONI DI MACRON E NON SOLO
Del resto, ricorda il Guardian, diversi capi
di stato dell’UE si sono aggiunti alla pressione.
Il presidente francese Macron, ha
chiesto una "pausa normativa" nel diritto
ambientale per aiutare l’industria, mentre
il primo ministro belga, De Croo, ha
dichiarato: "Se stiamo sovraccaricando le
persone con regole e regolamenti, rischiamo
di perdere il sostegno pubblico all’agenda
verde". Il Ppe, a settembre 22, ha
proposto per la prima volta "una moratoria
normativa per ritardare quegli atti che
aumenterebbero inutilmente i costi per le
imprese, come il Reach", proprio mentre
Basf annunciava un ridimensionamento
degli stabilimenti in Europa a causa della
"eccessiva regolamentazione".
MILIONI PER BLOCCARE IL BAN AI PFAS
Undici operatori del settore Pfas in Germania
hanno impiegato 94 lobbisti e hanno
speso 9 milioni di euro negli anni più recenti,
secondo l’analisi del Corporate Europe
Observatory. A Bruxelles, 12 membri
dell’industria Pfas hanno 72 singoli lobbisti
attivi e una spesa annuale tra 18,6 e
21,1 milioni di euro, afferma il giornale.
Una significativa battaglia di lobby si concentra
su un nuovo inventario per i polimeri
(gli elementi costitutivi della plastica)
nella riforma Reach, ha affermato il funzionario
dell’Ue. Il salvagente 12 Luglio 2023