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Il monologo di Antonio Scurati sul 25 Aprile: ecco il testo censurato dalla Rai.
Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924.
Lo attesero sottocasa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai
più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista
Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato
in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per
tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo
ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.
Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova
che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i
documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.
In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si
commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la
collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.
Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci
alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di
bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il
fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un
irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona
volta, gli eredi di quella storia?
Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni
nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di
riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad
affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura
neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la
persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli
nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo
fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola
“antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).
Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola
che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i
sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non
sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia
italiana.
Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924.
Lo attesero sottocasa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai
più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista
Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato
in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per
tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo
ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.
Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova
che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i
documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.
In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si
commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la
collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.
Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci
alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di
bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il
fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un
irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona
volta, gli eredi di quella storia?
Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni
nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di
riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad
affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura
neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la
persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli
nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo
fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola
“antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).
Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola
che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i
sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non
sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia
italiana.