Tuscia in marcia contro il nucleare

Tuscia in marcia contro il nucleare, updated 2/23/24, 3:38 PM

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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

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Tuscia in marcia contro il nucleare
Paolo Piacentini
Quella che doveva essere una marcia limitata al territorio
direttamente interessato ai famosi “siti idonei” al posizionamento
delle scorie nucleari, individuati da una triangolazione di istituzioni
tra cui ISPRA e SOGIN, si preannuncia come la più grande
mobilitazione istituzionale, mai realizzata nella Tuscia: gli organizzatori
sperano anche in una grande partecipazione popolare.
Hanno aderito tutti i comuni dell’intera area del viterbese.
Un’adesione così ampia che dimostra la stanchezza di un territorio
fuori dai radar della politica. Una reazione così forte l’Alto lazio non l’aveva
vista nemmeno ai tempi della battaglia contro la centrale nucleare di Montalto di
Castro, un elemento da non trascurare per comprendere come ad una vertenza
specifica si uniscono altre sofferenze.
Disagi che si vanno incancrenendo come quella dello sradicamento
degli olivi secolari o l’impatto paesaggistico incontrollato causato
dagli impianti fotovoltaici industriali, come lamentato da vari
amministratori.
Famiano Crucianelli, impegnato in prima linea per dare un futuro davvero
sostenibile a un territorio che ama per nascita e per amore della sua rara bellezza,
si dice rammaricato per l’assenza di un confronto laico con alcune associazioni
ambientaliste nazionali (Legambiente e WWF in particolare). Discorso che vale
sia per i depositi di scorie che per il posizionamento di impianti fotovoltaici
industriali. Un confronto che se avvenisse, mettendosi in ascolto reciproco,
potrebbe chiarire che non c’è nessuna sindrome di Nimby o posizioni preconcette.
Nessuno, sostiene ancora il presidente del Biodistretto della Via Amerina, ha
mai negato l’urgenza e la necessità di trovare, su scala nazionale, una soluzione al
problema delle scorie nucleari. Questo non vuol dire accettare supinamente
decisioni prese dall’alto senza un confronto democratico con le istituzioni locali e
la popolazione, ancor di più se in una fetta di territorio che rappresenta l’1 per
cento di quello nazionale si individuano il 40 per cento delle potenziali località
idonee.
Lo stesso ascolto andrebbe messo in campo per il posizionamento degli impianti
industriali destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Anche in questo caso la posizione è chiarissima: sì alle comunità energetiche
solidali, sulle quali il Biodistretto è attivo da tempo, no a una sorta di deregulation
a danno del paesaggio e della vocazione agro-turistica di qualità.
Il viterbese, come ci ricorda ancora una volta il presidente Famiano Crucianelli, ha
messo in campo una scommessa molto importante sul tema della sostenibilità,
partendo da quella agricola. Una politica di territorio che dovrebbe dare lustro alle
politiche innovative regionali e nazionali invece di essere ignorata fino al punto di
considerare la Tuscia come un deserto antropico da sfruttare senza nessuna
considerazione di tipo sociale, economica e culturale.
Praticamente tutta la provincia di Viterbo è inserita in uno dei 5 biodistretti
che da qualche anno si stanno coordinando per assicurare un alto livello nella
qualità della produzione agricola integrandola con un turismo di qualità.
Per avere un’idea più chiara della piattaforma di lotta, alla base della grande
marcia del 25 febbraio pubblichiamo i dieci punti redatti da istituzioni e comitati
in cui i no ai depositi appaiono molto chiari.
DIECI RAGIONI PER DIRE NO ALLE SCORIE NUCLEARI
C’è più del 40% di possibilità che 95 mila metri cubi di scorie nucleari finiscano
nella Tuscia, una provincia che rappresenta, per estensione, meno dell’1% del
territorio nazionale. Inaccettabile.
La società Sogin – commissariata e sulla cui trasparenza è intervenuta più volte la
stessa magistratura – nella selezione dei siti italiani per lo smaltimento delle scorie
nucleari ha impiegato una metodologia vecchia, arbitraria e sbagliata.
La proposta della Sogin di mescolare all’interno di un solo deposito scorie a bassa
e media intensità con scorie ad alta pericolosità è in contrasto con le norme vigenti
attuali.
Non è stato considerato il rischio grande di contaminazione di un territorio che
incorpora già un alto grado di radioattività naturale ed è primo per incidenza dei
tumori fra tutte le provincie del centro Italia. L’Ordine dei medici sostiene la
incompatibilità del territorio viterbese con la scelta di farne il deposito di scorie
nucleari.
Si è ignorata l’origine vulcanica, la ricchezza delle falde di superficie, la
problematica sismica e la vicinanza ai centri abitati, tutti fattori che moltiplicano i
rischi di contaminazione radioattiva provocati dall’insediamento di un sito di
scorie nucleari.
Non si è tenuto alcun conto della presenza preziosa di aree naturali, di siti
archeologici, dell’agricoltura locale che da sempre costituisce un patrimonio di
eccellenze.
Nella provincia di Viterbo vi sono 5 Biodistretti, riconosciuti dalla legge regionale
11/2019, essi rappresentano la maggioranza dei Comuni. I distretti biologici hanno
come missione la sostenibilità ambientale, la qualità della produzione e della vita
sociale. Queste strategie ecosostenibili sono incompatibili con una discarica
nucleare.
La selezione dei siti è avvenuta senza il coinvolgimento delle comunità locali. La
Tuscia ha presentato numerose osservazioni critiche argomentate da accademici,
ricercatori, produttori ed esperti. Non una di esse è stata presa in considerazione.
Trentacinque sindaci del viterbese hanno chiesto di incontrare il Ministro Frattin.
Dopo dieci mesi, fuori da ogni logica politica, nessuna risposta, nessun gesto di
attenzione, nessun dialogo da parte del Ministro.
Il deposito di scorie nucleari compromette la vocazione e il dinamismo sociale del
viterbese, colpisce il suo patrimonio naturale ed economico, sarebbe la condanna
della Tuscia all’assistenzialismo e alla regressione demografica e ad un futuro
senza popolo.