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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta
Marengo e la prima class action in Italia.
Stanno per iniziare il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e
la prima Class action in Italia. A qualunque storico o giornalista, e non solo, che volesse
seguire il prossimo procedimento in Corte di Assise di Alessandria sarebbe
estremamente utile la conoscenza della genesi storica, che è contenuta nel secondo
volume di “Ambiente Delitto Perfetto” (pagine 444, clicca qui): in particolare la
documentazione riferita al processo in Corte di Assise di Alessandria del 2012, in
Corte di Assise d’Appello di Torino del 2018 e in Corte di Cassazione del
2019. Nonché i 20 Esposti alla Procura della Repubblica dal 2008 al 2023 mai respinti
con archiviazione: 9 depositati e presso il procuratore capo Michele Di Lecce, e
culminati con l’azione penale del 2012 condividendo il reato di dolo per tutta la catena di
comando, 11 presso il P.R. Enrico Ceri e sfociati (insieme all’esposto di Legambiente e a
quello del WWF) nel prossimo processo ma purtroppo ristretti al reato di colpa e per due
imputati minori.
Per completare l’informazione, nella prima parte di questa trattazione, dal titolo La strage
silenziosa dell’amianto e dei Pfas. (clicca), abbiamo esaminato
la catastrofe
ecosanitaria dal punto di vista sanitario, la linea difensiva della Solvay sullo sfondo della
complicità con le istituzioni comunale e regionale che non fermano le produzioni né
sottopongono a biomonitoraggio le popolazioni con i più alti tassi di morbilità e mortalità,
mentre riecheggia l’eco del monito del Procuratore generale della Cassazione: «Mi
auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel
portafoglio”.
In questa seconda parte, affronteremo gli aspetti ambientali che stanno a monte di
quelli sanitari.
La difesa della presidente Solvay in tribunale.
Il rinvio a giudizio al GUP per disastro innominato colposo ipotizzerebbe a carico dell’azienda e di due
piccoli dirigenti la responsabilità di avere omesso di provvedere al più efficace risanamento della
pregressa contaminazione imposto dalla sentenza di condanna di Cassazione; inoltre di avere
ulteriormente determinato in modo irreversibile la già sensibile alterazione delle matrici ambientali (aria,
acqua, suolo e sottosuolo), continuando a inquinare -con scarichi incontrollati, discariche abusive e barriere
inidonee- l’atmosfera e il terreno e le acque di falda sottostanti lo stabilimento e all’esterno. Insignificante
inoltre la contestazione di danno erariale per l’evasione dell’ecotassa di circa 130 mila euro e per truffa
ai danni dello Stato.
Immaginiamo un nostro controinterrogatorio alla presidente di Solvay, Ilham Kadri, che in tribunale
penale (in civile si vedrà) sarà schermata dalle controfigure degli unici due imputati: Stefano Bigini e
Andrea Diotto direttori dal 2015 al 2022.
Signora presidente,
i
suoi
avvocati
(Santamaria, Bolognesi
eccetera)
sostengono: “Dissentiamo dal capo di accusa formulato dalla Procura di Alessandria,
cioè di disastro innominato colposo, cioè non intenzionale, in quanto tutti i nostri manager
hanno sempre operato con correttezza e nell’osservanza delle normative ambientali”. Anche noi
dissentiamo dalla Procura, nel senso che riteniamo non solo incontestabile il reato ma che esso
sia doloso. E non colposo, cioè’ non intenzionale, tipo: scusate ma non l’abbiamo fatto apposta.
Non ve n’eravate accorti? malgrado le nostre accuse per decenni sulle basi di Arpa e Asl? Ora
siete ulteriormente accusati di omessa bonifica. E non stiamo parlando solo di Pfas ma anche
dell’altra “maledetta ventina” di veleni.
Kadri. La precedente condanna della Cassazione era riferita a contaminazioni avvenute ad opera
di altri (Ausimont Montedison) molto prima che Solvay acquisisse il sito di Spinetta nel 2002.
Balza. Falso. E’ Solvay che è stata condannata. Definitivamente nel 2019. Sono vostri i manager
condannati.
Kadri. La Cassazione ha stabilito che l’acqua potabile a Spinetta Marengo è sempre stata sicura e
conforme ai limiti delle leggi sulla potabilità.
Balza. Niente affatto. Furono chiusi i pozzi di prelievo. Poi chiuso (avvelenamento doloso!)
l’acquedotto del Comune di Montecastello distante 11 chilometri dal polo chimico. Nei bagni dei
dirigenti c’era il cartello ‘acqua non potabile’, tutti gli altri dipendenti ignari bevevano e in
mensa mangiavano con acqua del pozzo sottostante la fabbrica, distribuita anche a parte delle
abitazioni spinettesi. E guardando il futuro la situazione è anche peggio.
Kadri. Noi garantiamo una rimozione del 99,95 % delle emissioni di fluorotensioattivi.
Balza. Nel 2026? C’è una storia antica di garanzie smentite. Oggi 2023: PFOA, C6O4 e ADV
(insieme agli altri tossici e cancerogeni) in aria-acqua-suolo sono a valori altissimi secondo Arpa
e Asl. Sono nel sangue dei lavoratori e dei cittadini, secondo il monitoraggio dell’Università di
Liegi, e secondo le stesse analisi dei dipendenti da Solvay secretate per decenni.
Kadri. Infatti Solvay monitora costantemente la salute dei suoi lavoratori. La pluriennale,
continua e costante sorveglianza medica dei dipendenti non indica, sulla base dei dati
individuali, alcuna correlazione con effetti patologici associati all’esposizione professionale ai
Pfas”.
Balza. Cioè i medici privati retribuiti da Solvay smentiscono l’Università di Liegi e ben otto
pubbliche indagini epidemiologiche con patologie scientificamente riferibili agli inquinanti (non
solo Pfas) della Solvay?
Kadri. Solvay ha eliminato completamente l’uso del PFOA nel 2013, con largo anticipo rispetto
alle indicazioni definite a livello internazionale.
Balza. Completamente eliminato? eppur circola oggi in abbondanza. Largo anticipo? il Pfoa era
nella letteratura scientifica internazionale sospetto cancerogeno da decenni, sanzionato negli
USA per primi. Così infatti già lo definimmo nell’esposto alla Procura del lontano 2009 (come già
dalla CGIL nel 2002).
Kadri. Solvay ha sostituito il PFOA con il C6O4, che vi garantiamo non è bioaccumulabile e non è
persistente.
Balza. A parte il fatto che il C6O4, con l’ADV, Solvay li stava utilizzando e inquinando già nel
2009 (come dal nostro esposto in Procura, e senza autorizzazione AIA (neppure poi bloccata dal
ricorso al Tar di Legambiente) , ebbene oggi Solvay tace su ADV e non si azzarda a definire il suo
brevetto C6O4 ‘non cancerogeno’ come spergiurava per decenni in merito al PFOA: sarebbe
contraddetta da autorevoli responsi internazionali. Si limita a definire il C6O4 in via di
dismissione (2026?) pur se… non bioaccumulabile e non persistente: affermazione che la stessa
azienda ridimensiona: insomma avrebbe caratteristiche migliori (sic) rispetto al PFOA di vecchia
generazione. Bella garanzia.
In più, anche nell’acquifero profondo si trovano C6O4 e ADV superiori al limite di
quantificazione: rilevazioni Arpa 2023. Dall’acquifero sotto lo stabilimento gli eterni
Pfas -insieme agli altri inquinanti storici- migrano all’esterno oltre l’area di influenza
della effimera barriera idraulica come già accertato per l’acquifero superficiale.
Non solo il Comune di Alessandria è investito dai Pfas (tra gli altri 21 veleni tossici e cancerogeni) ma è
dimostrato anche già per il Comune di Montecastello con la chiusura dell’acquedotto avvelenato da
cC6o4, brevetto di Solvay: la Procura e/o il Sindaco, Giancarlo Penna, potrebbero denunciare a norma
dell’articolo 439 del codice penale, reato punibile anche con 17 anni di reclusione. Montecastello è a 17
chilometri in linea d’aria da Spinetta Marengo.
Non solo acqua ma anche atmosfera. A 11 chilometri da Montecastello e Spinetta, ora, i Pfas sono
ufficialmente accertati nel Comune di Alluvioni Piovera. L’Arpa ha pubblicato il report di marzo 2023
relativo al monitoraggio in aria tramite campionamenti attivi presso Spinetta Marengo (via Genova e
Strada Bolla) e Piovera, che seppur distante circa 11 km dal polo chimico, in area di ricaduta rispetto alla
direzione prevalente dei venti in quella stagione, ha evidenziato la presenza dei Pfas in aria. Tutte le
tecniche di campionamento applicate hanno consentito la rilevazione del parametro C6O4, sebbene in
differenti concentrazioni (qui le massime concentrazioni sono circa 10 volte inferiori rispetto a quelle di
Spinetta). Il campionamento ad alto volume, raccogliendo una maggior quantità d’aria, ha consentito
l’abbassamento dei limiti di quantificazione e la misura anche in Piovera di tracce non solo di C6O4 ma
anche di ADV. Nel Comune di Alessandria, a Spinetta, a conferma di ricaduta, invece, i campioni di aria
prelevati hanno mostrato, sia verso nord che verso sud rispetto al polo chimico, la presenza sia di C6O4
che di ADV con maggiori concentrazioni, valori massimi di circa 10 nanogrammi al metro cubo.
Ma contestazioni alla presidente Kadri sul piano tecnico sarebbero tempo perso. La parola dunque ai suoi
rimuneratissimi consulenti al processo.
Solvay ha affilato le armi in attesa del processo.
Dalla Procura della Repubblica di Alessandria: viene contestata a Solvay l’ipotesi di
disastro ambientale colposo. In particolare è sotto accusa la tenuta della cosiddetta
“barriera idraulica “avviata nel 2007 e implementata successivamente: a più riprese si è
dimostrata del tutto inefficace in quanto sono avvenute continue fuoriuscite all’esterno
dello stabilimento di contaminanti storici come il cromo esavalente nonché di Pfas C6O4,
ADV e PFOA.
Le difese hanno depositato una lunga memoria ai magistrati e l’hanno propagandata in
conferenza, gli esperti (tra cui Patrizia Trefiletti, già sfortunata protagonista nel primo
processo) hanno rassicurato sulla bontà delle recenti “innovazioni tecnologiche applicate
al sito di Spinetta e il monitoraggio in tempo reale per la gestione ottimizzata della barriera,
che va a integrarsi gli attuali sistemi di gestione della sempre ottima barriera” per la quale,
sostengono, “vengono già applicate le migliori tecnologie disponibili sfruttando i principi
dell'intelligenza artificiale e permettendo di sfruttare al massimo la flessibilità”. Insomma,
andava già bene prima, checchè ne dicano i magistrati, in futuro andrà anche meglio,
anzi, “anche in risposta all’estremizzazione del clima”, a eventuali piogge intense.
Gli storici famosi avvocati della Solvay, Luca Santamaria e Dario Bolognesi, hanno già
comunicato la loro linea del Piave che, tuttavia, aveva già inorridito i vari PM compreso il
Procuratore Generale di Cassazione: “L’inquinamento secolare interno ed esterno allo
stabilimento, causato dalla gestione industriale di Montedison e Ausimont, sta da anni
nettamente diminuendo per effetto delle innumerevoli attività di messa in sicurezza e di
bonifica attuate da Solvay”. E il fatto che dalle indagini di Arpa emerga che tuttora è
presente un forte inquinamento e che si sta estendendo sempre più, anche nei Comuni
vicini? Per eccesso di impazienza, non sarebbe apprezzato, secondo Solvay, un
presunto “Significativo e progressivo miglioramento della qualità dell’acqua di falda all’esterno
del polo chimico, con un trend di complessiva e costante decrescita dei livelli di contaminazione
storica. E’ il residuo di un’attività industriale secolare, normale e prevedibile, una eredità a
Solvay e alla intera comunità che non può essere risolto prima di almeno vent’anni”. Dalla
comunità e non dalla Solvay che infatti l’ha peggiorata, come scrisse il PG di Cassazione:
“Stigmatizzo il loro atteggiamento dello scaricabarile. Infatti, la linea difensiva
proposta è sostanzialmente questa: ‘Dato che qualcuno ha inquinato prima di noi,
continuiamo a inquinare anche noi’. Ma è una follia! Mi auguro che seguano
centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”. Per
gli avvocati difensori, invece, Solvay meriterebbe una medaglia in Italia e non “una
imputazione ingiusta e inutile senza argomenti seri”.
Invece scaricare il barile su Ausimont Montedison è addirittura illogico per il Pfas cC6O4
che è un brevetto Solvay, che dapprima era senza autorizzazione integrata ambientale
AIA e poi provvidenzialmente secretata dalla Provincia, e che,
insieme al
composto ADVN2, funge di fatto da tracciante della contaminazione nel terreno, in acqua
e in atmosfera, fuori dai confini del Comune alessandrino, avendo irriso presunti
contenimenti di “filtri”ai camini e di “barriera idraulica” con trattamento a impianto TAF.
Ma, secondo gli avvocati Solvay “Dal 2009 ad oggi, si conferma la riduzione di oltre il
90% dei solventi clorurati all’esterno del sito, e una riduzione della concentrazione media di
cromo esavalente nell’acqua di falda all’esterno del sito di oltre il 60%, raggiungendo così il
minimo storico. Un successo anche la riduzione di Tetracloruro di carbonio e
Cloroformio”. Un successo tale che il cloroformio sale perfino su dalle cantine delle
abitazioni: rilevazioni Arpa e del sindaco.
E, dopo aver cercato di minimizzare i valori massimi di cC6O4 rilevati da ARPA nel livello
superficiale della falda (Livello A), come si difende Solvay dall’accusa che nel livello
intermedio della falda (Livello B), e anche nei livelli profondi della falda (Livello C e Livello
V), in relazione ai solventi clorurati e ai Pfas, all’esterno del sito nell’area di valle, sono
presenti concentrazioni medie addirittura maggiori rispetto a quelle presenti all’interno? Si
difende: “E’ la presenza di una contaminazione pregressa alla Solvay”. Giustificazione
clamorosamente contraddetta dai suoi brevettati C6O4 e ADV.
La sfrontatezza della linea difensiva arriva al punto da affermare la propria candida generosità:
“Per quanto riguarda l’area esterna allo stabilimento, aderendo volontariamente al
progetto pur in assenza dell’identificazione del responsabile della contaminazione esterna,
in coordinamento e collaborazione con gli Enti, Solvay ha avviato il Piano per la Bonifica dei
terreni all’esterno dello stabilimento”.
Infine, respinta l’accusa di aver aggravato le contaminazioni, l’imputazione dei PM di
omessa bonifica del polo chimico è completamente rigettata da Solvay: “Per il ‘Progetto di
Messa in Sicurezza Operativa e primi interventi di Bonifica’, Solvay ha già speso oltre 36 milioni
di euro e approvato finanziamenti per altri 29 nei prossimi anni. Per la bonifica vengono
applicate le migliori e innovative tecnologie disponibili”. Gli astronomici profitti non
consentivano di più.
Anzi i legali si spingono più in là: “I progetti di miglioramento ambientale porteranno l’attuale
efficacia dei sistemi di trattamento delle acque alla rimozione pressoché totale dei PFAS. Gli
attuali valori di rimozione con le Migliori Tecnologie Disponibili BAT (Resine a Scambio
Ionico e Carboni Attivi) già in utilizzo sono superiori al 99% e, con i nuovi impianti, si potrà
raggiungere il cosiddetto “zero tecnico” (prossimo al 100%).
In sostanza Solvay non ha alcuna intenzione di rinunciare ai Pfas in tempi brevi: troppo
alto il business che copre una sterminata gamma di impieghi comuni (come padelle
antiaderenti e tessuti impermeabili ecc. ma che è anche cruciale in ambito militare, nella
produzione di semiconduttori e nell’industria energetica, in particolare nucleare. Si tratta
quindi di una produzione strategica che va ben oltre alla consapevolezza che tutti i Pfas
sono indistruttibili quando depositatisi negli organi umani, interferenti endocrini con gli
ormoni e con le ghiandole che regolano il metabolismo del colesterolo e degli zuccheri,
aumentano il rischio di diabete e complicanze come infarto del miocardio e ictus cerebrale,
alterano il lavoro della tiroide, del pancreas e delle ghiandole surrenali, provocano tumori,
tiroide, rene, mammella ecc., malattie di Alzheimer e Parkinson, eccetera. Prezzi da pagare.
(continua)
Marengo e la prima class action in Italia.
Stanno per iniziare il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e
la prima Class action in Italia. A qualunque storico o giornalista, e non solo, che volesse
seguire il prossimo procedimento in Corte di Assise di Alessandria sarebbe
estremamente utile la conoscenza della genesi storica, che è contenuta nel secondo
volume di “Ambiente Delitto Perfetto” (pagine 444, clicca qui): in particolare la
documentazione riferita al processo in Corte di Assise di Alessandria del 2012, in
Corte di Assise d’Appello di Torino del 2018 e in Corte di Cassazione del
2019. Nonché i 20 Esposti alla Procura della Repubblica dal 2008 al 2023 mai respinti
con archiviazione: 9 depositati e presso il procuratore capo Michele Di Lecce, e
culminati con l’azione penale del 2012 condividendo il reato di dolo per tutta la catena di
comando, 11 presso il P.R. Enrico Ceri e sfociati (insieme all’esposto di Legambiente e a
quello del WWF) nel prossimo processo ma purtroppo ristretti al reato di colpa e per due
imputati minori.
Per completare l’informazione, nella prima parte di questa trattazione, dal titolo La strage
silenziosa dell’amianto e dei Pfas. (clicca), abbiamo esaminato
la catastrofe
ecosanitaria dal punto di vista sanitario, la linea difensiva della Solvay sullo sfondo della
complicità con le istituzioni comunale e regionale che non fermano le produzioni né
sottopongono a biomonitoraggio le popolazioni con i più alti tassi di morbilità e mortalità,
mentre riecheggia l’eco del monito del Procuratore generale della Cassazione: «Mi
auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel
portafoglio”.
In questa seconda parte, affronteremo gli aspetti ambientali che stanno a monte di
quelli sanitari.
La difesa della presidente Solvay in tribunale.
Il rinvio a giudizio al GUP per disastro innominato colposo ipotizzerebbe a carico dell’azienda e di due
piccoli dirigenti la responsabilità di avere omesso di provvedere al più efficace risanamento della
pregressa contaminazione imposto dalla sentenza di condanna di Cassazione; inoltre di avere
ulteriormente determinato in modo irreversibile la già sensibile alterazione delle matrici ambientali (aria,
acqua, suolo e sottosuolo), continuando a inquinare -con scarichi incontrollati, discariche abusive e barriere
inidonee- l’atmosfera e il terreno e le acque di falda sottostanti lo stabilimento e all’esterno. Insignificante
inoltre la contestazione di danno erariale per l’evasione dell’ecotassa di circa 130 mila euro e per truffa
ai danni dello Stato.
Immaginiamo un nostro controinterrogatorio alla presidente di Solvay, Ilham Kadri, che in tribunale
penale (in civile si vedrà) sarà schermata dalle controfigure degli unici due imputati: Stefano Bigini e
Andrea Diotto direttori dal 2015 al 2022.
Signora presidente,
i
suoi
avvocati
(Santamaria, Bolognesi
eccetera)
sostengono: “Dissentiamo dal capo di accusa formulato dalla Procura di Alessandria,
cioè di disastro innominato colposo, cioè non intenzionale, in quanto tutti i nostri manager
hanno sempre operato con correttezza e nell’osservanza delle normative ambientali”. Anche noi
dissentiamo dalla Procura, nel senso che riteniamo non solo incontestabile il reato ma che esso
sia doloso. E non colposo, cioè’ non intenzionale, tipo: scusate ma non l’abbiamo fatto apposta.
Non ve n’eravate accorti? malgrado le nostre accuse per decenni sulle basi di Arpa e Asl? Ora
siete ulteriormente accusati di omessa bonifica. E non stiamo parlando solo di Pfas ma anche
dell’altra “maledetta ventina” di veleni.
Kadri. La precedente condanna della Cassazione era riferita a contaminazioni avvenute ad opera
di altri (Ausimont Montedison) molto prima che Solvay acquisisse il sito di Spinetta nel 2002.
Balza. Falso. E’ Solvay che è stata condannata. Definitivamente nel 2019. Sono vostri i manager
condannati.
Kadri. La Cassazione ha stabilito che l’acqua potabile a Spinetta Marengo è sempre stata sicura e
conforme ai limiti delle leggi sulla potabilità.
Balza. Niente affatto. Furono chiusi i pozzi di prelievo. Poi chiuso (avvelenamento doloso!)
l’acquedotto del Comune di Montecastello distante 11 chilometri dal polo chimico. Nei bagni dei
dirigenti c’era il cartello ‘acqua non potabile’, tutti gli altri dipendenti ignari bevevano e in
mensa mangiavano con acqua del pozzo sottostante la fabbrica, distribuita anche a parte delle
abitazioni spinettesi. E guardando il futuro la situazione è anche peggio.
Kadri. Noi garantiamo una rimozione del 99,95 % delle emissioni di fluorotensioattivi.
Balza. Nel 2026? C’è una storia antica di garanzie smentite. Oggi 2023: PFOA, C6O4 e ADV
(insieme agli altri tossici e cancerogeni) in aria-acqua-suolo sono a valori altissimi secondo Arpa
e Asl. Sono nel sangue dei lavoratori e dei cittadini, secondo il monitoraggio dell’Università di
Liegi, e secondo le stesse analisi dei dipendenti da Solvay secretate per decenni.
Kadri. Infatti Solvay monitora costantemente la salute dei suoi lavoratori. La pluriennale,
continua e costante sorveglianza medica dei dipendenti non indica, sulla base dei dati
individuali, alcuna correlazione con effetti patologici associati all’esposizione professionale ai
Pfas”.
Balza. Cioè i medici privati retribuiti da Solvay smentiscono l’Università di Liegi e ben otto
pubbliche indagini epidemiologiche con patologie scientificamente riferibili agli inquinanti (non
solo Pfas) della Solvay?
Kadri. Solvay ha eliminato completamente l’uso del PFOA nel 2013, con largo anticipo rispetto
alle indicazioni definite a livello internazionale.
Balza. Completamente eliminato? eppur circola oggi in abbondanza. Largo anticipo? il Pfoa era
nella letteratura scientifica internazionale sospetto cancerogeno da decenni, sanzionato negli
USA per primi. Così infatti già lo definimmo nell’esposto alla Procura del lontano 2009 (come già
dalla CGIL nel 2002).
Kadri. Solvay ha sostituito il PFOA con il C6O4, che vi garantiamo non è bioaccumulabile e non è
persistente.
Balza. A parte il fatto che il C6O4, con l’ADV, Solvay li stava utilizzando e inquinando già nel
2009 (come dal nostro esposto in Procura, e senza autorizzazione AIA (neppure poi bloccata dal
ricorso al Tar di Legambiente) , ebbene oggi Solvay tace su ADV e non si azzarda a definire il suo
brevetto C6O4 ‘non cancerogeno’ come spergiurava per decenni in merito al PFOA: sarebbe
contraddetta da autorevoli responsi internazionali. Si limita a definire il C6O4 in via di
dismissione (2026?) pur se… non bioaccumulabile e non persistente: affermazione che la stessa
azienda ridimensiona: insomma avrebbe caratteristiche migliori (sic) rispetto al PFOA di vecchia
generazione. Bella garanzia.
In più, anche nell’acquifero profondo si trovano C6O4 e ADV superiori al limite di
quantificazione: rilevazioni Arpa 2023. Dall’acquifero sotto lo stabilimento gli eterni
Pfas -insieme agli altri inquinanti storici- migrano all’esterno oltre l’area di influenza
della effimera barriera idraulica come già accertato per l’acquifero superficiale.
Non solo il Comune di Alessandria è investito dai Pfas (tra gli altri 21 veleni tossici e cancerogeni) ma è
dimostrato anche già per il Comune di Montecastello con la chiusura dell’acquedotto avvelenato da
cC6o4, brevetto di Solvay: la Procura e/o il Sindaco, Giancarlo Penna, potrebbero denunciare a norma
dell’articolo 439 del codice penale, reato punibile anche con 17 anni di reclusione. Montecastello è a 17
chilometri in linea d’aria da Spinetta Marengo.
Non solo acqua ma anche atmosfera. A 11 chilometri da Montecastello e Spinetta, ora, i Pfas sono
ufficialmente accertati nel Comune di Alluvioni Piovera. L’Arpa ha pubblicato il report di marzo 2023
relativo al monitoraggio in aria tramite campionamenti attivi presso Spinetta Marengo (via Genova e
Strada Bolla) e Piovera, che seppur distante circa 11 km dal polo chimico, in area di ricaduta rispetto alla
direzione prevalente dei venti in quella stagione, ha evidenziato la presenza dei Pfas in aria. Tutte le
tecniche di campionamento applicate hanno consentito la rilevazione del parametro C6O4, sebbene in
differenti concentrazioni (qui le massime concentrazioni sono circa 10 volte inferiori rispetto a quelle di
Spinetta). Il campionamento ad alto volume, raccogliendo una maggior quantità d’aria, ha consentito
l’abbassamento dei limiti di quantificazione e la misura anche in Piovera di tracce non solo di C6O4 ma
anche di ADV. Nel Comune di Alessandria, a Spinetta, a conferma di ricaduta, invece, i campioni di aria
prelevati hanno mostrato, sia verso nord che verso sud rispetto al polo chimico, la presenza sia di C6O4
che di ADV con maggiori concentrazioni, valori massimi di circa 10 nanogrammi al metro cubo.
Ma contestazioni alla presidente Kadri sul piano tecnico sarebbero tempo perso. La parola dunque ai suoi
rimuneratissimi consulenti al processo.
Solvay ha affilato le armi in attesa del processo.
Dalla Procura della Repubblica di Alessandria: viene contestata a Solvay l’ipotesi di
disastro ambientale colposo. In particolare è sotto accusa la tenuta della cosiddetta
“barriera idraulica “avviata nel 2007 e implementata successivamente: a più riprese si è
dimostrata del tutto inefficace in quanto sono avvenute continue fuoriuscite all’esterno
dello stabilimento di contaminanti storici come il cromo esavalente nonché di Pfas C6O4,
ADV e PFOA.
Le difese hanno depositato una lunga memoria ai magistrati e l’hanno propagandata in
conferenza, gli esperti (tra cui Patrizia Trefiletti, già sfortunata protagonista nel primo
processo) hanno rassicurato sulla bontà delle recenti “innovazioni tecnologiche applicate
al sito di Spinetta e il monitoraggio in tempo reale per la gestione ottimizzata della barriera,
che va a integrarsi gli attuali sistemi di gestione della sempre ottima barriera” per la quale,
sostengono, “vengono già applicate le migliori tecnologie disponibili sfruttando i principi
dell'intelligenza artificiale e permettendo di sfruttare al massimo la flessibilità”. Insomma,
andava già bene prima, checchè ne dicano i magistrati, in futuro andrà anche meglio,
anzi, “anche in risposta all’estremizzazione del clima”, a eventuali piogge intense.
Gli storici famosi avvocati della Solvay, Luca Santamaria e Dario Bolognesi, hanno già
comunicato la loro linea del Piave che, tuttavia, aveva già inorridito i vari PM compreso il
Procuratore Generale di Cassazione: “L’inquinamento secolare interno ed esterno allo
stabilimento, causato dalla gestione industriale di Montedison e Ausimont, sta da anni
nettamente diminuendo per effetto delle innumerevoli attività di messa in sicurezza e di
bonifica attuate da Solvay”. E il fatto che dalle indagini di Arpa emerga che tuttora è
presente un forte inquinamento e che si sta estendendo sempre più, anche nei Comuni
vicini? Per eccesso di impazienza, non sarebbe apprezzato, secondo Solvay, un
presunto “Significativo e progressivo miglioramento della qualità dell’acqua di falda all’esterno
del polo chimico, con un trend di complessiva e costante decrescita dei livelli di contaminazione
storica. E’ il residuo di un’attività industriale secolare, normale e prevedibile, una eredità a
Solvay e alla intera comunità che non può essere risolto prima di almeno vent’anni”. Dalla
comunità e non dalla Solvay che infatti l’ha peggiorata, come scrisse il PG di Cassazione:
“Stigmatizzo il loro atteggiamento dello scaricabarile. Infatti, la linea difensiva
proposta è sostanzialmente questa: ‘Dato che qualcuno ha inquinato prima di noi,
continuiamo a inquinare anche noi’. Ma è una follia! Mi auguro che seguano
centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”. Per
gli avvocati difensori, invece, Solvay meriterebbe una medaglia in Italia e non “una
imputazione ingiusta e inutile senza argomenti seri”.
Invece scaricare il barile su Ausimont Montedison è addirittura illogico per il Pfas cC6O4
che è un brevetto Solvay, che dapprima era senza autorizzazione integrata ambientale
AIA e poi provvidenzialmente secretata dalla Provincia, e che,
insieme al
composto ADVN2, funge di fatto da tracciante della contaminazione nel terreno, in acqua
e in atmosfera, fuori dai confini del Comune alessandrino, avendo irriso presunti
contenimenti di “filtri”ai camini e di “barriera idraulica” con trattamento a impianto TAF.
Ma, secondo gli avvocati Solvay “Dal 2009 ad oggi, si conferma la riduzione di oltre il
90% dei solventi clorurati all’esterno del sito, e una riduzione della concentrazione media di
cromo esavalente nell’acqua di falda all’esterno del sito di oltre il 60%, raggiungendo così il
minimo storico. Un successo anche la riduzione di Tetracloruro di carbonio e
Cloroformio”. Un successo tale che il cloroformio sale perfino su dalle cantine delle
abitazioni: rilevazioni Arpa e del sindaco.
E, dopo aver cercato di minimizzare i valori massimi di cC6O4 rilevati da ARPA nel livello
superficiale della falda (Livello A), come si difende Solvay dall’accusa che nel livello
intermedio della falda (Livello B), e anche nei livelli profondi della falda (Livello C e Livello
V), in relazione ai solventi clorurati e ai Pfas, all’esterno del sito nell’area di valle, sono
presenti concentrazioni medie addirittura maggiori rispetto a quelle presenti all’interno? Si
difende: “E’ la presenza di una contaminazione pregressa alla Solvay”. Giustificazione
clamorosamente contraddetta dai suoi brevettati C6O4 e ADV.
La sfrontatezza della linea difensiva arriva al punto da affermare la propria candida generosità:
“Per quanto riguarda l’area esterna allo stabilimento, aderendo volontariamente al
progetto pur in assenza dell’identificazione del responsabile della contaminazione esterna,
in coordinamento e collaborazione con gli Enti, Solvay ha avviato il Piano per la Bonifica dei
terreni all’esterno dello stabilimento”.
Infine, respinta l’accusa di aver aggravato le contaminazioni, l’imputazione dei PM di
omessa bonifica del polo chimico è completamente rigettata da Solvay: “Per il ‘Progetto di
Messa in Sicurezza Operativa e primi interventi di Bonifica’, Solvay ha già speso oltre 36 milioni
di euro e approvato finanziamenti per altri 29 nei prossimi anni. Per la bonifica vengono
applicate le migliori e innovative tecnologie disponibili”. Gli astronomici profitti non
consentivano di più.
Anzi i legali si spingono più in là: “I progetti di miglioramento ambientale porteranno l’attuale
efficacia dei sistemi di trattamento delle acque alla rimozione pressoché totale dei PFAS. Gli
attuali valori di rimozione con le Migliori Tecnologie Disponibili BAT (Resine a Scambio
Ionico e Carboni Attivi) già in utilizzo sono superiori al 99% e, con i nuovi impianti, si potrà
raggiungere il cosiddetto “zero tecnico” (prossimo al 100%).
In sostanza Solvay non ha alcuna intenzione di rinunciare ai Pfas in tempi brevi: troppo
alto il business che copre una sterminata gamma di impieghi comuni (come padelle
antiaderenti e tessuti impermeabili ecc. ma che è anche cruciale in ambito militare, nella
produzione di semiconduttori e nell’industria energetica, in particolare nucleare. Si tratta
quindi di una produzione strategica che va ben oltre alla consapevolezza che tutti i Pfas
sono indistruttibili quando depositatisi negli organi umani, interferenti endocrini con gli
ormoni e con le ghiandole che regolano il metabolismo del colesterolo e degli zuccheri,
aumentano il rischio di diabete e complicanze come infarto del miocardio e ictus cerebrale,
alterano il lavoro della tiroide, del pancreas e delle ghiandole surrenali, provocano tumori,
tiroide, rene, mammella ecc., malattie di Alzheimer e Parkinson, eccetera. Prezzi da pagare.
(continua)