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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Solvay gongola: usciremo indenni dal processo di Alessandria.
Stanno per iniziare il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e la prima Class
action in Italia. A qualunque storico o giornalista, e non solo, che volesse seguire il prossimo procedimento
in Corte di Assise di Alessandria sarebbe estremamente utile la conoscenza della genesi storica, che è
contenuta nel secondo volume di “Ambiente Delitto Perfetto” (pagine 444, clicca qui) in particolare la
documentazione riferita al processo in Corte di Assise di Alessandria del 2012, in Corte di Assise
d’Appello di Torino del 2018 e in Corte di Cassazione del 2019. Nonché i 20 Esposti alla Procura della
Repubblica dal 2008 al 2023 mai respinti con archiviazione: 9 depositati e presso il procuratore capo
Michele Di Lecce, e culminati con l’azione penale del 2012 condividendo il reato di dolo per tutta la catena
di comando, 11 presso il P.R. Enrico Ceri e sfociati (insieme all’esposto di Legambiente e a quello del WWF)
nel prossimo processo ma purtroppo ristretti al reato di colpa e per due imputati minori.
Nella prima parte di questa trattazione, dal titolo La strage silenziosa dell’amianto e dei Pfas (clicca),
abbiamo esaminato la catastrofe ecosanitaria dal punto di vista sanitario, la linea difensiva della Solvay
sullo sfondo della complicità con le istituzioni comunale e regionale che non fermano le produzioni né
sottopongono a biomonitoraggio le popolazioni con i più alti tassi di morbilità e mortalità, mentre
riecheggia l’eco del monito del Procuratore generale della Cassazione: «Mi auguro che seguano centinaia,
migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”. Ovvero anche con la class action.
Nella seconda parte, dal titolo Il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo
e la prima class action in Italia. (clicca), abbiamo affrontato gli aspetti ambientali che stanno a monte di
quelli sanitari e di cui i Pfas sono solo la punta dell’iceberg: contestandoli
in un virtuale
controinterrogatorio con la presidente in vetta alla catena di comando (che avrebbe dovuto essere
l’imputato principale), e alla memoria difensiva presentata dagli avvocati doc Santamaria e Bolognesi con
una linea del Piave eretta su una presunta bonifica eseguita e sull’orizzonte di un fantomatico “zero
tecnico” delle emissioni nocive.
Terza parte Solvay gongola: usciremo indenni dal processo di Alessandria.
Incurante della condanna in Cassazione per disastro ambientale e omessa bonifica, impassibile alle
censure di Onu e Commissione Ecomafie, convinta di aver imbrigliato la politica italiana a tutti i livelli,
congelato il disegno di legge sostenuto dagli ambientalisti, imbalsamato il biomonitoraggio sanitario di
massa della popolazione, Solvay si esibisce nient’affatto preoccupata del nuovo processo, davanti al GUP
Andrea Perelli il 4 marzo.
Solvay gongola, non trattiene la propria soddisfazione nel comunicato stampa che commenta la
conclusione delle indagini della Procura della Repubblica di Alessandria, Enrico Cieri e Eleonora Guerra, in
merito al disastro ecosanitario del polo chimico di Spinetta Marengo: ridimensionato da doloso a disastro
ambientale colposo. La Procura ha partorito un topolino, esulta Solvay: "rispetto allo scenario configurato
alla partenza delle indagini e alle accuse sostenute dalle denunce e dagli esposti presentati in Procura, le
imputazioni appaiono ridimensionate”. Il riferimento quanto mai opportuno è alla pesante mole di
documentazione accusatoria presentata dagli ambientalisti, ad esempio dal ‘Movimento di lotta per la
salute Maccacaro’ tramite ben venti esposti di dati scientifici locali e internazionali. “In particolare”
sottolinea Solvay tirando un sospiro di sollievo “al termine di approfondite e lunghe indagini preliminari
condotte dalla Procura e dai Noe Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico, viene escluso il reato di
omessa bonifica e il dolo originariamente contestato”.
Per noi l’ipotesi è scandalosa, e la stessa Solvay si mostra sorpresa: “Le residue ipotesi d’accusa riguardano
una responsabilità colposa (cioè non intenzionale) relativa ad una presunta alterazione dell’ambiente.”
Solvay ha ben presente la differenza di condanne fra reati di colpa (negligenza e imprudenza) invece che
aggravati in dolo (precisa e cosciente volontà di compiere un’azione criminosa).
E’ comprensibile che gioisca perché innanzitutto delle 8 persone inizialmente indagate ne sono rimaste
solo 2, e addirittura solo per il reato di colpa, e non può che concludere il comunicato stampa ammiccando:
“Solvay è certa che tutti i propri manager hanno sempre operato con correttezza e nell’osservanza delle
normative ambientali e conferma la propria fiducia nella giustizia e nel lavoro dei magistrati che
sapranno fare pienamente chiarezza sul loro corretto operato”.
Infine, la multinazionale belga esclude la responsabilità amministrativa ex articolo 25 del 18 giugno 2001
con riferimento al reato di disastro ambientale colposo commessa a vantaggio e nell’interesse dell’ente per
il risparmio dei costi di bonifica e la maggiore efficacia della produzione industriale.
Insomma, Solvay esprime fiducia, cioè aspettativa, che anche questo processo si concluda come un delitto
perfetto (vedi “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio
Nebbia). Esprime fiducia che i due direttori imputati, ben protetti dal collegio di avvocati e consulenti, non
rischieranno neppure un giorno di galera, che la simbolica condanna (ampiamente coperta dalle
retribuzioni) li usi come capri espiatori a copertura delle responsabilità dolose dei livelli alti della catena di
comando, fino a Bruxelles. Stefano Bigini e Andrea Diotto, infatti, si giustificheranno che hanno fatto tutto
il possibile con i pochi soldi messi loro a disposizione da chi si cura dei profitti e non della salute, da chi
dovrebbe essere imputato di omessa bonifica, la quale perciò resterà tale anche in futuro. A tacere che
ammalati e morti non riceveranno risarcimenti. Se non dalle cause civili individuali e dalla class action.
Si fa beffe di Onu e Parlamento italiano.
Solvay gongola, buttandosi alle spalle Onu e Parlamento italiano, le cui determinazioni abbiamo trasmesso
tramite esposti alla magistratura. Al termine dell’ispezione in Italia, Marcos Orellana, l’Alto Commissariato
Onu, Relatore speciale delle Nazioni Unite su diritti umani e sostanze e rifiuti tossici, docente alla George
Washington University School of law, aveva infatti presentato a settembre 2022 a Ginevra, durante la
riunione del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, il rapporto (“A/HRC/51/35/Add.2”) nel quale “denuncia
seriamente la salute della comunità” per quanto riguarda gli “impatti estremamente preoccupanti”
dell’inquinamento per la situazione Pfas a Spinetta Marengo (AL) dove è attivo uno stabilimento Solvay,
“che potrebbe causare un disastro ambientale simile a quello subito dalle comunità venete”, oltre alla
contaminazione storica di sostanze come cromo esavalente ecc.
Oltre all’Onu, Solvay gongola buttandosi alle spalle la Commissione parlamentare Ecomafie (“Commissione
di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati”) che con
voto unanime, chiedeva l’intervento del governo affinchè fermasse la produzione e l’utilizzo dei Pfas nello
stabilimento Solvay di Spinetta Marengo. Azione ancor più necessaria in quanto la Provincia di Alessandria,
malgrado addirittura il ricorso al Tar, si era rifiutata di ritirare l’illegale autorizzazione (AIA del 2021) di 60
tonnellate annue di C6O4. Anzi, Solvay aveva presentato a sua volta ricorsi al Tar.
Avevamo evidenziato alla Commissione Ecomafie, in audizione anche ad Alessandria, che la Provincia
agisse per conto della Regione Piemonte, e che a sua volta la Regione eseguisse per conto della
multinazionale belga, stante inoltre la complicità del Comune, anch’esso a guida della Lega. Infatti -
ripetemmo- la Regione non finanzia all’Asl i biomonitoraggi sanitari di massa, in particolare tramite
completamento delle già drammatiche indagini epidemiologiche e con speciale attenzione alla presenza di
Pfas nel sangue dei lavoratori e dei cittadini (da noi rivendicate almeno dal 2009 anche con tanto di esposti
alla magistratura).
Il risultato appunto fu che la Commissione ha rivolto alla Provincia 3 accuse. Di aver concesso alla Solvay
l'autorizzazione (AIA) per l'ampliamento della produzione del Pfas cC6O4. Di aver disposto limiti di
emissione per nulla rigorosi invece quanto meno quelli più restrittivi indicati dall'Istituto Superiore di
Sanità e di Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Di aver concesso nuova AIA
benché Solvay producesse C6O4 senza vecchia AIA.
Malgrado il freno a mano, e gli arbìtrii nei controlli, l’Arpa aveva comunque evidenziato (vedi mappe
prodotte) l’espansione del C6O4 (brevetto Solvay) delle falde acquifere superficiali e profonde: con
crescente avvelenamento a decine di chilometri dallo stabilimento, avendo perfino la Provincia consentito
di cento volte il superamento dei limiti indicati dall’Istituto Superiore della Sanità e tendenti allo zero (zero
assoluto, secondo noi).
Non sfugga alla Commissione e alla Procura -avevamo evidenziato,- l’impatto sull’intero bacino Padano. E
neppure che in presenza di Pfas è pericolosa perfino la vaccinazione anti covid.
Non sfugga che i PFAS sono emessi da Solvay anche nell'atmosfera di Spinetta. Non sfugga che Pfas e
Bisfenolo sono paradossalmente “soltanto” la punta di un immenso iceberg di sostanze tossiche e
cancerogene che piovono da 72 ciminiere.
Commenta anche l’ex assessore all’ambiente Claudio Lombardi: i Pfas forniscono il loro contributo al
cocktail di sostanze tossiche e cancerogene che gli abitanti della Fraschetta si respirano 24 ore su 24. Si
tratta di centinaia di chili emessi ogni giorno visto che i soli composti fluorurati possono raggiungere i 110
kg: vedi i dati dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA ) rilasciata dalla Provincia nel 2010. Addirittura
l’AIA non prescrive nulla per i PFAS, i quali quindi vengono emessi in atmosfera senza passare attraverso
sistemi di depurazione in rilevanti concentrazioni: come lo provano le indagini condotte da ARPA nei primi
mesi del 2020. D’altronde Lombardi, nella sua relazione al convegno di Legambiente, aveva concluso:
Solvay sorge nel cuore di un centro densamente abitato sul quale esercita un impatto ambientale
estremamente negativo ed inoltre è «sito Seveso» a rischio di incidente disastroso. In tali condizioni è
arduo se non impossibile garantire sicurezza e salute a popolazione e lavoratori. L’unica soluzione
auspicabile per coniugare salute e lavoro è la chiusura delle lavorazioni chimiche e la trasformazione del
sito in Centro di Ricerche per bonifiche ambientali ‘non produttivo’ e quindi non inquinante e non
pericoloso.
Ha ragione Legambiente. Hanno ragione Onu, Commissione ecomafie, Greenpeace, Legambiente, Comitato
Stop Solvay, Movimento di lotta per la salute Maccacaro, WWF, ISDE, e quanti altri. Però, vanno
riconosciute, onestamente da parte mia: il più critico, le difficoltà in cui si trova ad operare la Procura
della Repubblica di Alessandria, che potrebbe (dovrebbe?) addirittura chiedere la fermata delle
produzioni inquinanti.
Scontate le protezioni politiche, Solvay in questi anni sta utilizzando tutti gli strumenti giuridici possibili,
innanzitutto cercando di imbrigliare il procedimento penale promosso dalla Procura, che infatti si avvia
solo nel 2024. Esempio eclatante: la Provincia prima concede a Solvay l'autorizzazione ad aumentare la
produzione di cC6O4 (pur con dei paletti) poi ammette che l'azienda lo aveva prodotto senza averne
l'autorizzazione e la denuncia all'autorità giudiziaria tramite Carabinieri del Noe, e la diffida dal produrlo.
Se si considera che dal 2009, data del nostro primo esposto alla Procura, la Provincia fingeva di non
conoscere che lo stabilimento di Spinetta Marengo usava (inquinando) i Pfas C6O4 e ADV, e Bisfenolo!, va
da sé che tale condotta incongruente della Provincia è adatta a favorire nuovamente la Solvay. Infatti i
contraddittori provvedimenti adottati si prestano a strumentali ricorsi al Tribunale Amministrativo
Regionale, tant’è che Solvay ne ha già prodotti due sostenendo la pregressa legittimità dell’autorizzazione
in maniera che una “temporanea” sospensiva del TAR le consenta -senza limiti di emissioni- una
produzione di C6O4 “immediata”, ovvero a tempo indeterminato considerati i tempi della Giustizia
amministrativa fino al Consiglio di Stato.
Anche con i ricorsi, Solvay dunque si sta facendo beffe dell’onorevole Alberto Zolezzi, che all’audizione
della Commissione Ecomafie ha ribadito lo stop al C6O4, stop ritardato e ambiguo della Provincia, contro
la quale il parlamentare ha polemizzato: “Ma per quale motivo finora siete stati sicuri che la salute dei
lavoratori e dei cittadini di Alessandria, Spinetta e dell'intero Bacino Padano siano stati sicuri? E’ un bene
che ci sia uno stop sulla produzione”. Qui potete visionare tutto il video.
Il Disegno di Legge approvato dai Movimenti.
Esibendosi nient’affatto preoccupata del nuovo processo, incurante della condanna in Cassazione per
disastro ambientale e omessa bonifica, impassibile alle censure di Onu e Commissione Ecomafie,
imbalsamato il biomonitoraggio sanitario di massa della popolazione, Solvay ha imbrigliato la politica
italiana a tutti i livelli.
A conferma che la giustizia è di classe, giace in Parlamento il Disegno di Legge dell’ex senatore Mattia
Crucioli: è fermamente osteggiato dalla Confindustria perchè detta “Norme per cessazione della
produzione e dell'impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione, l’uso e la
commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le
misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati,
che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente
indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini
altrimenti ammalati e uccisi.
I primi beneficiari di questa legge sarebbero le popolazioni toscane e venete (concerie ed ex Miteni di
Trissino), lombarde (Solvay di Bollate) e piemontesi (Solvay di Spinetta Marengo). D’altronde gli scarichi
della Solvay in Bormida raggiungono la foce del Po. Ma ormai, come abbiamo ripetutamente documentato,
in tutte le Regioni italiane, dove si sono mosse le Arpa, è dimostrato che la calamità mondiale dei Pfas è
una questione nazionale.
Con la nuova legge Crucioli sarebbe ancor più palese l’inammissibile alibi degli omissivi e complici Comune,
Provincia e Regione, che si nascondono dietro il dito dell’assenza di limiti nazionali: sono fuorilegge al pari
dell’azienda!
Stanno per iniziare il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e la prima Class
action in Italia. A qualunque storico o giornalista, e non solo, che volesse seguire il prossimo procedimento
in Corte di Assise di Alessandria sarebbe estremamente utile la conoscenza della genesi storica, che è
contenuta nel secondo volume di “Ambiente Delitto Perfetto” (pagine 444, clicca qui) in particolare la
documentazione riferita al processo in Corte di Assise di Alessandria del 2012, in Corte di Assise
d’Appello di Torino del 2018 e in Corte di Cassazione del 2019. Nonché i 20 Esposti alla Procura della
Repubblica dal 2008 al 2023 mai respinti con archiviazione: 9 depositati e presso il procuratore capo
Michele Di Lecce, e culminati con l’azione penale del 2012 condividendo il reato di dolo per tutta la catena
di comando, 11 presso il P.R. Enrico Ceri e sfociati (insieme all’esposto di Legambiente e a quello del WWF)
nel prossimo processo ma purtroppo ristretti al reato di colpa e per due imputati minori.
Nella prima parte di questa trattazione, dal titolo La strage silenziosa dell’amianto e dei Pfas (clicca),
abbiamo esaminato la catastrofe ecosanitaria dal punto di vista sanitario, la linea difensiva della Solvay
sullo sfondo della complicità con le istituzioni comunale e regionale che non fermano le produzioni né
sottopongono a biomonitoraggio le popolazioni con i più alti tassi di morbilità e mortalità, mentre
riecheggia l’eco del monito del Procuratore generale della Cassazione: «Mi auguro che seguano centinaia,
migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”. Ovvero anche con la class action.
Nella seconda parte, dal titolo Il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo
e la prima class action in Italia. (clicca), abbiamo affrontato gli aspetti ambientali che stanno a monte di
quelli sanitari e di cui i Pfas sono solo la punta dell’iceberg: contestandoli
in un virtuale
controinterrogatorio con la presidente in vetta alla catena di comando (che avrebbe dovuto essere
l’imputato principale), e alla memoria difensiva presentata dagli avvocati doc Santamaria e Bolognesi con
una linea del Piave eretta su una presunta bonifica eseguita e sull’orizzonte di un fantomatico “zero
tecnico” delle emissioni nocive.
Terza parte Solvay gongola: usciremo indenni dal processo di Alessandria.
Incurante della condanna in Cassazione per disastro ambientale e omessa bonifica, impassibile alle
censure di Onu e Commissione Ecomafie, convinta di aver imbrigliato la politica italiana a tutti i livelli,
congelato il disegno di legge sostenuto dagli ambientalisti, imbalsamato il biomonitoraggio sanitario di
massa della popolazione, Solvay si esibisce nient’affatto preoccupata del nuovo processo, davanti al GUP
Andrea Perelli il 4 marzo.
Solvay gongola, non trattiene la propria soddisfazione nel comunicato stampa che commenta la
conclusione delle indagini della Procura della Repubblica di Alessandria, Enrico Cieri e Eleonora Guerra, in
merito al disastro ecosanitario del polo chimico di Spinetta Marengo: ridimensionato da doloso a disastro
ambientale colposo. La Procura ha partorito un topolino, esulta Solvay: "rispetto allo scenario configurato
alla partenza delle indagini e alle accuse sostenute dalle denunce e dagli esposti presentati in Procura, le
imputazioni appaiono ridimensionate”. Il riferimento quanto mai opportuno è alla pesante mole di
documentazione accusatoria presentata dagli ambientalisti, ad esempio dal ‘Movimento di lotta per la
salute Maccacaro’ tramite ben venti esposti di dati scientifici locali e internazionali. “In particolare”
sottolinea Solvay tirando un sospiro di sollievo “al termine di approfondite e lunghe indagini preliminari
condotte dalla Procura e dai Noe Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico, viene escluso il reato di
omessa bonifica e il dolo originariamente contestato”.
Per noi l’ipotesi è scandalosa, e la stessa Solvay si mostra sorpresa: “Le residue ipotesi d’accusa riguardano
una responsabilità colposa (cioè non intenzionale) relativa ad una presunta alterazione dell’ambiente.”
Solvay ha ben presente la differenza di condanne fra reati di colpa (negligenza e imprudenza) invece che
aggravati in dolo (precisa e cosciente volontà di compiere un’azione criminosa).
E’ comprensibile che gioisca perché innanzitutto delle 8 persone inizialmente indagate ne sono rimaste
solo 2, e addirittura solo per il reato di colpa, e non può che concludere il comunicato stampa ammiccando:
“Solvay è certa che tutti i propri manager hanno sempre operato con correttezza e nell’osservanza delle
normative ambientali e conferma la propria fiducia nella giustizia e nel lavoro dei magistrati che
sapranno fare pienamente chiarezza sul loro corretto operato”.
Infine, la multinazionale belga esclude la responsabilità amministrativa ex articolo 25 del 18 giugno 2001
con riferimento al reato di disastro ambientale colposo commessa a vantaggio e nell’interesse dell’ente per
il risparmio dei costi di bonifica e la maggiore efficacia della produzione industriale.
Insomma, Solvay esprime fiducia, cioè aspettativa, che anche questo processo si concluda come un delitto
perfetto (vedi “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio
Nebbia). Esprime fiducia che i due direttori imputati, ben protetti dal collegio di avvocati e consulenti, non
rischieranno neppure un giorno di galera, che la simbolica condanna (ampiamente coperta dalle
retribuzioni) li usi come capri espiatori a copertura delle responsabilità dolose dei livelli alti della catena di
comando, fino a Bruxelles. Stefano Bigini e Andrea Diotto, infatti, si giustificheranno che hanno fatto tutto
il possibile con i pochi soldi messi loro a disposizione da chi si cura dei profitti e non della salute, da chi
dovrebbe essere imputato di omessa bonifica, la quale perciò resterà tale anche in futuro. A tacere che
ammalati e morti non riceveranno risarcimenti. Se non dalle cause civili individuali e dalla class action.
Si fa beffe di Onu e Parlamento italiano.
Solvay gongola, buttandosi alle spalle Onu e Parlamento italiano, le cui determinazioni abbiamo trasmesso
tramite esposti alla magistratura. Al termine dell’ispezione in Italia, Marcos Orellana, l’Alto Commissariato
Onu, Relatore speciale delle Nazioni Unite su diritti umani e sostanze e rifiuti tossici, docente alla George
Washington University School of law, aveva infatti presentato a settembre 2022 a Ginevra, durante la
riunione del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, il rapporto (“A/HRC/51/35/Add.2”) nel quale “denuncia
seriamente la salute della comunità” per quanto riguarda gli “impatti estremamente preoccupanti”
dell’inquinamento per la situazione Pfas a Spinetta Marengo (AL) dove è attivo uno stabilimento Solvay,
“che potrebbe causare un disastro ambientale simile a quello subito dalle comunità venete”, oltre alla
contaminazione storica di sostanze come cromo esavalente ecc.
Oltre all’Onu, Solvay gongola buttandosi alle spalle la Commissione parlamentare Ecomafie (“Commissione
di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati”) che con
voto unanime, chiedeva l’intervento del governo affinchè fermasse la produzione e l’utilizzo dei Pfas nello
stabilimento Solvay di Spinetta Marengo. Azione ancor più necessaria in quanto la Provincia di Alessandria,
malgrado addirittura il ricorso al Tar, si era rifiutata di ritirare l’illegale autorizzazione (AIA del 2021) di 60
tonnellate annue di C6O4. Anzi, Solvay aveva presentato a sua volta ricorsi al Tar.
Avevamo evidenziato alla Commissione Ecomafie, in audizione anche ad Alessandria, che la Provincia
agisse per conto della Regione Piemonte, e che a sua volta la Regione eseguisse per conto della
multinazionale belga, stante inoltre la complicità del Comune, anch’esso a guida della Lega. Infatti -
ripetemmo- la Regione non finanzia all’Asl i biomonitoraggi sanitari di massa, in particolare tramite
completamento delle già drammatiche indagini epidemiologiche e con speciale attenzione alla presenza di
Pfas nel sangue dei lavoratori e dei cittadini (da noi rivendicate almeno dal 2009 anche con tanto di esposti
alla magistratura).
Il risultato appunto fu che la Commissione ha rivolto alla Provincia 3 accuse. Di aver concesso alla Solvay
l'autorizzazione (AIA) per l'ampliamento della produzione del Pfas cC6O4. Di aver disposto limiti di
emissione per nulla rigorosi invece quanto meno quelli più restrittivi indicati dall'Istituto Superiore di
Sanità e di Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Di aver concesso nuova AIA
benché Solvay producesse C6O4 senza vecchia AIA.
Malgrado il freno a mano, e gli arbìtrii nei controlli, l’Arpa aveva comunque evidenziato (vedi mappe
prodotte) l’espansione del C6O4 (brevetto Solvay) delle falde acquifere superficiali e profonde: con
crescente avvelenamento a decine di chilometri dallo stabilimento, avendo perfino la Provincia consentito
di cento volte il superamento dei limiti indicati dall’Istituto Superiore della Sanità e tendenti allo zero (zero
assoluto, secondo noi).
Non sfugga alla Commissione e alla Procura -avevamo evidenziato,- l’impatto sull’intero bacino Padano. E
neppure che in presenza di Pfas è pericolosa perfino la vaccinazione anti covid.
Non sfugga che i PFAS sono emessi da Solvay anche nell'atmosfera di Spinetta. Non sfugga che Pfas e
Bisfenolo sono paradossalmente “soltanto” la punta di un immenso iceberg di sostanze tossiche e
cancerogene che piovono da 72 ciminiere.
Commenta anche l’ex assessore all’ambiente Claudio Lombardi: i Pfas forniscono il loro contributo al
cocktail di sostanze tossiche e cancerogene che gli abitanti della Fraschetta si respirano 24 ore su 24. Si
tratta di centinaia di chili emessi ogni giorno visto che i soli composti fluorurati possono raggiungere i 110
kg: vedi i dati dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA ) rilasciata dalla Provincia nel 2010. Addirittura
l’AIA non prescrive nulla per i PFAS, i quali quindi vengono emessi in atmosfera senza passare attraverso
sistemi di depurazione in rilevanti concentrazioni: come lo provano le indagini condotte da ARPA nei primi
mesi del 2020. D’altronde Lombardi, nella sua relazione al convegno di Legambiente, aveva concluso:
Solvay sorge nel cuore di un centro densamente abitato sul quale esercita un impatto ambientale
estremamente negativo ed inoltre è «sito Seveso» a rischio di incidente disastroso. In tali condizioni è
arduo se non impossibile garantire sicurezza e salute a popolazione e lavoratori. L’unica soluzione
auspicabile per coniugare salute e lavoro è la chiusura delle lavorazioni chimiche e la trasformazione del
sito in Centro di Ricerche per bonifiche ambientali ‘non produttivo’ e quindi non inquinante e non
pericoloso.
Ha ragione Legambiente. Hanno ragione Onu, Commissione ecomafie, Greenpeace, Legambiente, Comitato
Stop Solvay, Movimento di lotta per la salute Maccacaro, WWF, ISDE, e quanti altri. Però, vanno
riconosciute, onestamente da parte mia: il più critico, le difficoltà in cui si trova ad operare la Procura
della Repubblica di Alessandria, che potrebbe (dovrebbe?) addirittura chiedere la fermata delle
produzioni inquinanti.
Scontate le protezioni politiche, Solvay in questi anni sta utilizzando tutti gli strumenti giuridici possibili,
innanzitutto cercando di imbrigliare il procedimento penale promosso dalla Procura, che infatti si avvia
solo nel 2024. Esempio eclatante: la Provincia prima concede a Solvay l'autorizzazione ad aumentare la
produzione di cC6O4 (pur con dei paletti) poi ammette che l'azienda lo aveva prodotto senza averne
l'autorizzazione e la denuncia all'autorità giudiziaria tramite Carabinieri del Noe, e la diffida dal produrlo.
Se si considera che dal 2009, data del nostro primo esposto alla Procura, la Provincia fingeva di non
conoscere che lo stabilimento di Spinetta Marengo usava (inquinando) i Pfas C6O4 e ADV, e Bisfenolo!, va
da sé che tale condotta incongruente della Provincia è adatta a favorire nuovamente la Solvay. Infatti i
contraddittori provvedimenti adottati si prestano a strumentali ricorsi al Tribunale Amministrativo
Regionale, tant’è che Solvay ne ha già prodotti due sostenendo la pregressa legittimità dell’autorizzazione
in maniera che una “temporanea” sospensiva del TAR le consenta -senza limiti di emissioni- una
produzione di C6O4 “immediata”, ovvero a tempo indeterminato considerati i tempi della Giustizia
amministrativa fino al Consiglio di Stato.
Anche con i ricorsi, Solvay dunque si sta facendo beffe dell’onorevole Alberto Zolezzi, che all’audizione
della Commissione Ecomafie ha ribadito lo stop al C6O4, stop ritardato e ambiguo della Provincia, contro
la quale il parlamentare ha polemizzato: “Ma per quale motivo finora siete stati sicuri che la salute dei
lavoratori e dei cittadini di Alessandria, Spinetta e dell'intero Bacino Padano siano stati sicuri? E’ un bene
che ci sia uno stop sulla produzione”. Qui potete visionare tutto il video.
Il Disegno di Legge approvato dai Movimenti.
Esibendosi nient’affatto preoccupata del nuovo processo, incurante della condanna in Cassazione per
disastro ambientale e omessa bonifica, impassibile alle censure di Onu e Commissione Ecomafie,
imbalsamato il biomonitoraggio sanitario di massa della popolazione, Solvay ha imbrigliato la politica
italiana a tutti i livelli.
A conferma che la giustizia è di classe, giace in Parlamento il Disegno di Legge dell’ex senatore Mattia
Crucioli: è fermamente osteggiato dalla Confindustria perchè detta “Norme per cessazione della
produzione e dell'impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione, l’uso e la
commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le
misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati,
che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente
indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini
altrimenti ammalati e uccisi.
I primi beneficiari di questa legge sarebbero le popolazioni toscane e venete (concerie ed ex Miteni di
Trissino), lombarde (Solvay di Bollate) e piemontesi (Solvay di Spinetta Marengo). D’altronde gli scarichi
della Solvay in Bormida raggiungono la foce del Po. Ma ormai, come abbiamo ripetutamente documentato,
in tutte le Regioni italiane, dove si sono mosse le Arpa, è dimostrato che la calamità mondiale dei Pfas è
una questione nazionale.
Con la nuova legge Crucioli sarebbe ancor più palese l’inammissibile alibi degli omissivi e complici Comune,
Provincia e Regione, che si nascondono dietro il dito dell’assenza di limiti nazionali: sono fuorilegge al pari
dell’azienda!