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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE
SUI BENI COMUNI SOCIALI E SOVRANI:
PERCHE' ATTAC ITALIA NON ADERISCE
Il Comitato Popolare di Difesa Beni Comuni Sociali e Sovrani "Stefano Rodot" ha recentemente
depositato una proposta di legge d'iniziativa popolare, denominata "Disegno di Legge Delega
Commissione Rodot Beni Comuni, Sociali e Sovrani".
Che si punti a mettere al centro della discussione politica il tema dei beni comuni non pu che
essere positivo. D'altronde sui beni comuni che in questo Paese si sono sviluppate le pi
importanti lotte degli ultimi due decenni: dall'esperienza del movimento per l'acqua, con la
straordinaria vittoria referendaria del giugno 2011, alle battaglie contro le grandi opere inutili e
dannose, dalle lotte ambientali a quelle per la riappropriazione dei beni comuni urbani.
Il nostro un Paese disseminato di esperienze e di pratiche che fanno della riappropriazione sociale
dei beni comuni e della loro gestione partecipativa le chiavi di volta per un cambiamento generale
della societ.
Dentro tutte queste esperienze sono maturate anche nuove consapevolezze teoriche, che hanno fatto
del "comune" un nuovo terreno di riflessione, in contrapposizione al "privato"da una parte e,
dall'altra, proponendo il superamento di un "pubblico", che, in particolare nell'esperienza italiana,
continua a scontare molti limiti nel garantire i diritti individuali e sociali.
Dentro questo scenario, un primo dato che salta all'occhio nella proposta presentata dal Comitato
Popolare di Difesa dei Beni Comuni Sociali e Sovrani l'assenza di alcun coinvolgimento di tutte
queste esperienze sia nella discussione politica, sia nell'elaborazione della proposta di legge.
La crisi della democrazia rappresentativa e del ruolo dei partiti tradizionali ha dimostrato come ogni
lotta che voglia essere efficace deve saper costruire un terreno di inclusione di tutti i soggetti sociali
e di tutte le singole persone in ogni passaggio della filiera che si vuole mettere in campo.
Il metodo sostanza e, parafrasando un famoso slogan del movimento No Tav, potremmo dire "Si
inizia e si finisce tutti assieme". Se cos non , il percorso nasce monco e non pu avere futuro.
Ci sono anche questioni di merito, che ci separano dalla proposta del Comitato Popolare di Difesa
dei Beni Comuni Sociali e Sovrani.
Innanzitutto, lo strumento della legge delega che consegna al governo -qualsiasi esso sia- la
declinazione pratica dei principi contenuti nella proposta di legge. Ci pare dimostri un'analisi poco
approfondita sui rapporti di forza nella societ e sulla stessa crisi della rappresentanza: governi che
non hanno sinora applicato una netta vittoria come quella ottenuta dal referendum dell'acqua,
perch dovrebbero, ricevuta una delega cosi ampia, perseguire le intenzioni dei promotori della
proposta di legge?
In secondo luogo, l'analisi sui beni comuni appare datata e, anche tralasciando l'evidente
"ammiccamento" al sovranismo in voga con la definizione di "beni comuni sovrani", appare chiaro
come tutta l'elaborazione prodotta dalle lotte di questi anni -pensiamo in particolare alla
riappropriazione dei beni comuni urbani dentro le citt- non sia stata tenuta in conto
nell'aggiornamento delle tesi proposte.
In terzo luogo, si intravedono contraddizioni profonde nella proposta di legge anche sul versante
della tutela dei beni comuni, sia sulle garanzie della loro non mercificazione e privatizzazione, sia
nella relazione fra propriet pubblica e soggetti collettivi di gestione dei beni stessi.
Sono queste le ragioni per le quali, pur dichiarandoci disponibili ad ogni confronto e ad ogni
approfondimento sul tema, abbiamo deciso di non aderire alla proposta di legge d'iniziativa
popolare.
6 febbraio 2019
ATTAC ITALIA
SUI BENI COMUNI SOCIALI E SOVRANI:
PERCHE' ATTAC ITALIA NON ADERISCE
Il Comitato Popolare di Difesa Beni Comuni Sociali e Sovrani "Stefano Rodot" ha recentemente
depositato una proposta di legge d'iniziativa popolare, denominata "Disegno di Legge Delega
Commissione Rodot Beni Comuni, Sociali e Sovrani".
Che si punti a mettere al centro della discussione politica il tema dei beni comuni non pu che
essere positivo. D'altronde sui beni comuni che in questo Paese si sono sviluppate le pi
importanti lotte degli ultimi due decenni: dall'esperienza del movimento per l'acqua, con la
straordinaria vittoria referendaria del giugno 2011, alle battaglie contro le grandi opere inutili e
dannose, dalle lotte ambientali a quelle per la riappropriazione dei beni comuni urbani.
Il nostro un Paese disseminato di esperienze e di pratiche che fanno della riappropriazione sociale
dei beni comuni e della loro gestione partecipativa le chiavi di volta per un cambiamento generale
della societ.
Dentro tutte queste esperienze sono maturate anche nuove consapevolezze teoriche, che hanno fatto
del "comune" un nuovo terreno di riflessione, in contrapposizione al "privato"da una parte e,
dall'altra, proponendo il superamento di un "pubblico", che, in particolare nell'esperienza italiana,
continua a scontare molti limiti nel garantire i diritti individuali e sociali.
Dentro questo scenario, un primo dato che salta all'occhio nella proposta presentata dal Comitato
Popolare di Difesa dei Beni Comuni Sociali e Sovrani l'assenza di alcun coinvolgimento di tutte
queste esperienze sia nella discussione politica, sia nell'elaborazione della proposta di legge.
La crisi della democrazia rappresentativa e del ruolo dei partiti tradizionali ha dimostrato come ogni
lotta che voglia essere efficace deve saper costruire un terreno di inclusione di tutti i soggetti sociali
e di tutte le singole persone in ogni passaggio della filiera che si vuole mettere in campo.
Il metodo sostanza e, parafrasando un famoso slogan del movimento No Tav, potremmo dire "Si
inizia e si finisce tutti assieme". Se cos non , il percorso nasce monco e non pu avere futuro.
Ci sono anche questioni di merito, che ci separano dalla proposta del Comitato Popolare di Difesa
dei Beni Comuni Sociali e Sovrani.
Innanzitutto, lo strumento della legge delega che consegna al governo -qualsiasi esso sia- la
declinazione pratica dei principi contenuti nella proposta di legge. Ci pare dimostri un'analisi poco
approfondita sui rapporti di forza nella societ e sulla stessa crisi della rappresentanza: governi che
non hanno sinora applicato una netta vittoria come quella ottenuta dal referendum dell'acqua,
perch dovrebbero, ricevuta una delega cosi ampia, perseguire le intenzioni dei promotori della
proposta di legge?
In secondo luogo, l'analisi sui beni comuni appare datata e, anche tralasciando l'evidente
"ammiccamento" al sovranismo in voga con la definizione di "beni comuni sovrani", appare chiaro
come tutta l'elaborazione prodotta dalle lotte di questi anni -pensiamo in particolare alla
riappropriazione dei beni comuni urbani dentro le citt- non sia stata tenuta in conto
nell'aggiornamento delle tesi proposte.
In terzo luogo, si intravedono contraddizioni profonde nella proposta di legge anche sul versante
della tutela dei beni comuni, sia sulle garanzie della loro non mercificazione e privatizzazione, sia
nella relazione fra propriet pubblica e soggetti collettivi di gestione dei beni stessi.
Sono queste le ragioni per le quali, pur dichiarandoci disponibili ad ogni confronto e ad ogni
approfondimento sul tema, abbiamo deciso di non aderire alla proposta di legge d'iniziativa
popolare.
6 febbraio 2019
ATTAC ITALIA