La storia oltre la propaganda

La storia oltre la propaganda, updated 5/13/24, 2:19 PM

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La storia oltre la propaganda: cos’è stata realmente la Brigata Ebraica?

Le manifestazioni in occasione della festa della Liberazione di ieri hanno riportato all’onore della
cronaca la cosiddetta Brigata Ebraica, i cui membri – per lo più composti da ebrei romani e armati
di bandiere israeliane oltreché di quelle storiche della Brigata – si sono fronteggiati con l’ampia
parte di corteo che inneggiava alla liberazione della Palestina. Ma cos’è stata realmente la Brigata
Ebraica e quale fu il suo peso nella liberazione italiana dal nazi-fascismo? Per quale ragione è stata
pressoché ignorata dalla storiografia per decenni, salvo poi riemergere negli ultimi anni come caso
mediatico: fu un caso di miopia degli storici che si occuparono della storia della Resistenza o
piuttosto è il suo attuale ripescaggio dalla memoria (con conseguente medaglia d’oro al valor
militare tardivamente consegnata dal Presidente della Repubblica) ad essere il frutto di una
operazione di sapore politico? Le formazioni partigiane sono gruppi armati di antifascisti composti
su base volontaria che hanno operato dall’8 settembre 1943 fino alla fine della guerra, nel maggio
del 1945. Subito dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43, iniziarono a formarsi le prime bande
armate, primigenie delle formazioni organizzate della resistenza. I gruppi che andarono
formandosi erano composti da antifascisti già attivi nel ventennio: tornati dalle galere o dall’esilio,
giunti a una scelta di opposizione con il procedere della guerra, ufficiali e soldati lasciati a sé stessi
e impossibilitati a tornare alle loro case e che in molti casi presero la propria decisione in ragione
del giuramento di fedeltà al re e, infine, da giovani che rifiutarono di rispondere alla chiamata alle
armi del nuovo stato fascista, la Repubblica Sociale Italiana (RSI), anche conosciuta come
Repubblica di Salò. Nella conduzione della lotta partigiana è stata fondamentale la nascita, il 9
giugno 1944, del Comando generale del Corpo Volontari della Libertà (CVL) su iniziativa del
Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), espressione dei partiti antifascisti. Infatti, da quel
momento, le formazioni partigiane poterono operare con coordinazione militare anziché in
maniera indipendente. Pur unite in un unico Corpo, le varie formazioni mantennero le
caratteristiche politiche che le contraddistinguevano, trovando l’unione nel comune obiettivo della
liberazione dal giogo nazifascita. Le principali formazioni partigiane che componevano il CVL sono
state: le Brigate Garibaldi, i GAP e le SAP, organizzati dal Partito Comunista Italiano; le formazioni
di Giustizia e Libertà, coordinate dal Partito d’Azione; le formazioni Giacomo Matteotti, del Partito
Socialista di Unità Proletaria; le Brigate Fiamme Verdi, che nascono come formazioni autonome
per iniziativa di alcuni ufficiali degli alpini, e si legano poi alla Democrazia cristiana, come le Brigate
del popolo; le Brigate Osoppo, autonome e legate alla DC e al PdA; le formazioni azzurre,
autonome ma politicamente monarchiche e badogliane; le formazioni legate ai liberali e ai
monarchici, come quella di Edgardo Sogno; quelle trotskiste, come Bandiera Rossa; e anarchiche,
come le formazioni Bruzzi-Malatesta. In tutto, secondo un archivio della Direzione Generale
Archivi, più di 700.000 persone presero parte alla resistenza partigiana. La Brigata Ebraica,
ufficialmente chiamata Jewish Infantry Brigade Group, venne creata il 20 Settembre 1944, quindi
un anno dopo l’inizio della resistenza in Italia e alcuni mesi dopo la creazione del Comando
generale del Corpo Volontari della Libertà. I componenti di questa Brigata, stimati in circa 5.500
uomini, erano elementi assorbiti dal “Palestine Regiment” ed ebrei provenienti da Stati Uniti,
Canada, Australia e Sudafrica. A capo del Jewish Infantry Brigade Group venne posto il Generale di
Brigata dell’esercito inglese Ernest Frank Benjamin, nato nel 1900 a Toronto, in Canada. Il centro di
comando della Brigata Ebraica fu dislocato in Egitto, dove ebbe anche un periodo di
addestramento. Il 31 ottobre 1944, la Brigata Ebraica venne imbarcata al porto di Alessandria
d’Egitto su due navi dirette in Italia al porto di Taranto. A partire dal 26 febbraio 1945, quando
venne inquadrata nel X Corpo dell’8ª Armata Britannica comandata dal Generale Richard
McCreery, iniziò progressivamente il trasferimento verso il fronte nel settore adriatico. Solo il 1°
marzo del ‘45 la Brigata fu schierata in prima linea sul fiume Lamone, di fronte ad Alfonsine, dove
iniziò i combattimenti. Alla fine di marzo, la Brigata Ebraica partecipò allo sfondamento della Linea
gotica nella vallata del Senio e fu assegnata alla zona di Alfonsine, dove partecipò alle operazioni
militari per la liberazione dell’Emilia-Romagna. Con la fine della guerra in Italia, la Brigata Ebraica
venne trasferita in Olanda ed in Belgio. Sia da qui, che dall’Italia, la formazione ebraica cominciò
un importante spostamento di uomini e mezzi verso la Palestina mandataria. Nel luglio 1946, viste
le tensioni e le violenze esplose in Palestina che vedevano protagoniste le formazioni nazionaliste
e sioniste premere per l’indipendenza, e visto che venne alla luce quanto la Brigata Ebraica stava
facendo contro la volontà britannica, il governo di Sua Maestà ritenne opportuno procedere al
disarmo e alla smobilitazione della Brigata. Ben Gurion, il “padre della patria” d’Israele, in un
discorso del 1938 disse: «Se sapessi di poter salvare tutti i bambini della Germania portandoli in
Inghilterra o soltanto la metà di loro portandoli in Palestina, opterei per la seconda soluzione».
Questo ci da la contezza di quanto la costruzione dello Stato d’Israele fosse questione prioritaria
per i sionisti. Tant’è che il movimento sionista, così come anche l’Agenzia Ebraica, che fin dal 1939
hanno tentato di costituire una formazione ebraica autonoma, voleva che i suoi uomini fossero
armati non tanto per andare in Europa a combattere contro il nazi-fascismo, bensì per presidiare e
rafforzare la propria presenza in Palestina, giustificandolo anche con l’eventualità di una sconfitta
britannica e una avanzata tedesca. Questo non vuole di certo svilire il ruolo che gli ebrei hanno
avuto nella resistenza italiana, tutt’altro. Quel che si vuole qui evidenziare è il ruolo e il peso avuto
dalla Brigata Ebraica nella liberazione d’Italia. Una Brigata composta da ebrei sionisti provenienti
da vari Paesi, tranne che dall’Italia, inquadrata nell’esercito britannico. Infatti, gli ebrei italiani
dettero il loro grande contributo nella Resistenza italiana, aderendo alle formazioni partigiane
createsi all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943 con l’intento di liberare il Paese dal
giogo nazi-fascista. In queste formazioni, gli ebrei non combattevano in quanto tali ma in quanto
italiani di religione ebraica che intendevano liberare la propria patria, al pari dei loro compagni
d’armi partigiani, col fine di tornare a poter vivere in libertà come ogni altro cittadino italiano. Lo
scopo dei sionisti, ovvero la costituzione dello Stato d’Israele, ed esemplificato nella spietatezza
dalle parole di Ben Gurion sopra riportate, solo incidentalmente ha avuto lo stesso interesse della
Resistenza partigiana in Italia e, come detto, sempre sotto il comando dell’esercito britannico.
Dunque, il contributo della Brigata Ebraica è il contributo di quanti, da varie nazioni del mondo,
sotto il comando delle potenze Alleate, hanno combattuto in Italia la Seconda Guerra Mondiale e
quindi non accostabile a quanto fatto dalle formazioni partigiane italiane che hanno forgiato la
resistenza, all’interno delle quali hanno militato ebrei italiani, con tanto di medaglie al valor
militare, e del ruolo che eminenti personalità italiane di religione ebraica hanno avuto all’interno
del CNL. Circa un migliaio di ebrei parteciparono alla resistenza all’interno delle formazioni
partigiane; un dato rilevante se si tiene conto del numero totale di ebrei italiani, ovvero meno di
50.000. In percentuale rispetto al totale, gli ebrei italiani parteciparono in numero maggiore alla
resistenza partigiana. La partecipazione della Brigata Ebraica alla commemorazione del 25 aprile,
ovvero alla Festa della Liberazione che celebra la fine dell’occupazione nazista e del fascismo, a
coronamento della resistenza italiana al nazifascismo, è cosa abbastanza recente. Infatti, solo a
partire dal 2004, grazie al lavoro svolto da ADI, Associazione Amici d’Israele, la Brigata Ebraica ha
cominciato a partecipare al corteo della Festa della Liberazione con le insegne della Jewish Infantry
Brigade Group, dopo aver lamentato più volte della presenza di bandiere palestinesi durante i
cortei degli anni precedenti. E questo fa capire come la ricomparsa delle insegne della Brigata,
rette da piccoli gruppi di sionisti romani piuttosto bellicosi, abbia un evidente fine politico legato
all’attualità. La partecipazione della Brigata Ebraica al 25 aprile emerge quindi come una sorta di
mossa politica strumentale al fine di legittimare Israele e il sionismo e contendere la piazza ai tanti
manifestanti che chiedono che anche la Palestina si liberi dall’occupazione straniera nel giorno in
cui si celebra la liberazione italiana. Infatti, gli ebrei italiani, avendo militato nelle varie formazioni
partigiane, hanno sempre partecipato, come cittadini italiani alle celebrazioni della Resistenza
sotto le insegne dei gruppi partigiani.
Michele Manfrin
Su lavoroesalute anno 40 n. 5 maggio 2024