About Rete Ambientalista Al
Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Ecopacifisti per la "Giusta Transizione": non esistono posti di lavoro su
un Pianeta morto!
La "giusta transizione", entrata nel preambolo degli accordi di Parigi sul clima globale, , nel senso
pi stretto, una gestione della "decarbonizzazione" che non carichi di peso sproporzionato i
lavoratori e i consumatori "deboli" delle fonti fossili.
La conversione ecologica dell'economia e della societ nel lungo periodo sicuramente di vitale
interesse per tutti: ma occorre saper bene ripartire gli inevitabili "sacrifici" del qui ed ora che
alcuni dovrebbero sopportare pi di altri.
L'errore paradigmatico da evitare l'ecotassa alla Macron: non si pu ignorare che, in un
momento di ristagno economico e nel pieno di una clamorosa redistribuzione dei redditi a favore
dei ceti pi ricchi (in particolare la famosa lite dell'1%), certe misure solo teoricamente giuste non
possono che suscitare rivolta sociale da parte di chi, gi colpito dalla crisi, "ce la fa a stento
(quando ce la fa)".
La "giusta transizione" va condotta come un processo partecipato in cui l'ultima istanza
decisionale appartiene al governo legittimo; ma la discussione deve coinvolgere seriamente, ai vari
livelli territoriali, anche le organizzazioni datoriali, le OSL e le organizzazioni ambientaliste,
ecopacifiste e dei consumatori.
A livello internazionale ormai acquisito che non si tratta di "affare dei soli sindacati", ma il
problema riguarda l'intero movimento per la giustizia climatica.
La "giusta transizione", ad essere logicamente coerenti, dovrebbe coincidere con l'obiettivo della
"piena occupazione verde", che starebbe alla base di un "Green New Deal": anche in Italia un
orizzonte progettuale fatto proprio con concretezza di proposte da soggetti economici e culturali
di rilievo, interessati ad una "prosperit" non ossessionata dalla "crescita".
Con questo processo si andrebbero a definire ed implementare, nel sostegno al reddito e alla
ricollocazione dei lavoratori del settore fossile in dismissione, politiche sociali ed economiche di
equa redistribuzione del reddito, investimenti sostenibili, promozione di lavoro dignitoso e
"pulito", pari opportunit oltre ogni barriera di genere.
La lotta per la Giusta Transizione si caratterizza perci come questione di potere e di democrazia,
anche di democrazia del lavoro; di accesso all'energia per tutti, di controllo sociale e democratico
dell'energia e delle reti, di giustizia sociale, di diritti umani, di equit di genere, di difesa dei diritti
delle popolazioni indigene e di autodeterminazione delle comunit.
Tutto quanto sopra citato bisogna che faccia necessariamente riferimento al "diritto alla pace"
riconosciuto dall'ONU (con risoluzione 71/189 adottata il 19 dicembre 2016 dall'Assemblea
Generale) e da fondare su quattro pilastri del diritto internazionale: 1) i diritti umani e sociali; 2) il
controllo degli armamenti e il disarmo (a partire dal disarmo nucleare); 3) l'agenda ONU per
lo sviluppo sostenibile; 4) l'accordo di Parigi sul clima globale (appunto).
Un esempio molto avanzato di come si possa mettere insieme il contrasto alle due minacce
intrecciate, quella climatica e quella nucleare, lo d lo Stato della California con la sua decisione
del 28 agosto del 2018: supportare il Trattato di proibizione delle armi nucleari ponendo come
motivazione centrale l'impatto climaticamente devastante (vedi inverno nucleare) di una guerra
"atomica" che pu essere scatenata persino per caso o per errore.
(Per approfondire si vada su: https://sognandocalifornia.webnode.it/)
In questo modo - cio legando le questioni economiche all'affermazione dei diritti in un orizzonte
complessivo e globale - la lotta per la giusta transizione assumerebbe in s la lotta per trasformare
l'attuale sistema profondamente ingiusto (e belligeno!) in un sistema radicalmente diverso, equo,
sostenibile, strutturalmente pacifico.
L'Europa, l'Italia e la giusta transizione
Entrati nel secolo XXI, siamo come minimo europei prima ancora che italiani e, al di l del fatto che
dovremo confrontarci con l'importante scadenza elettorale del maggio 2019, dobbiamo
innanzitutto pensare a cosa di concreto ha fatto finora l'Europa e se potrebbe fare ancora di pi
anche con il contributo dell'Italia.
Quello per cui ci battiamo che l'Italia europea, in discontinuit con il passato e da quanto
vediamo sinora anche con il presente, si proponga come traino generale per tutta l'Europa
innanzitutto dando il buon esempio sulla gestione nazionale di una Giusta Transizione.
Dobbiamo quindi, in Italia, rivedere la SEN ed adottare il Piano clima energia in un'ottica europea
proattiva: quello che ci proponiamo di fare dovrebbe andare nell'interesse degli europei tutti e
quindi anche degli italiani che sono parte di questa comunit di valori e di destino, ponte verso la
cittadinanza planetaria, implicita nel diritto internazionale.
Il governo del (sedicente) cambiamento, con i suoi primi atti (pro TAP e pro TRIV ad esempio) e
con la sua legge di Bilancio del 2019, ha purtroppo confermato la sua subalternit al modello
fossile e delle grandi opere nocive (significativo anche che non si tocchino i circa 16 miliardi annui
di sussidi ambientalmente dannosi e alle fonti fossili); e non ha stanziato adeguati investimenti
per infrastrutture per le energie rinnovabili, digitalizzazione delle reti, efficienza energetica degli
edifici, mobilit sostenibile e ricerca e sviluppo in questi settori.
Detto questo, nemmeno possiamo nasconderci, rispetto ad esempio a quanto abbiamo verificato
a Katowice, che - Italia o non Italia - una "ritirata" della intera UE sia in atto rispetto al deciso ruolo
primario di propulsione esercitato a Parigi nel 2015.
Dopo la COP 24 comunque si pu tirare - crediamo - un sospiro di sollievo perch dobbiamo
prendere atto che, tutto sommato, nonostante i tentativi di boicottaggio portati avanti dalla nuova
amministrazione USA (questa volta affiancata da Russia, Arabia Saudita, Australia, Turchia
e Brasile), l'impianto di Parigi ha sostanzialmente retto e che, nonostante i ritardi e le ambiguit,
ci sono ancora spazi e possibilit per il completamento del programma di lavoro nella COP25
prevista in Cile e nella COP26 che si terr - speriamo - in Italia: il ministro Costa ha candidato il
nostro Paese ad ospitarla.
Le nostre proposte per realizzare la giusta transizione in Europa
La societ civile internazionale le attiviste e gli attivisti, gli studenti, le ONG, gli avvocati, i leader
delle comunit indigene era presente sia dentro il Palazzo della COP24 di Katowice, sia fuori con i
suoi presidi e le sue mobilitazioni; ed stata propulsiva nel promuovere un elemento primordiale
della consapevolezza pi generale necessaria: il nodo dei diritti umani; e quindi, diciamo noi,
anche del diritto alla pace.
Iniziative e manifestazioni varie nei corridoi della conferenza e in citt hanno fatto pressione
sui governi per fare inserire i diritti umani nel Rulebook evitando che potesse permanere il loro
relegamento nel preambolo dell'Accordo di Parigi.di Parigi.
Nelle linee guida adottate "sembrano mancare elementi essenziali per rendere la transizione equa,
giusta, inclusiva e per dare risposte ai pi vulnerabili che purtroppo restano ancora poco tutelati".
stato questo il commento della Rseau Action Climat, che raccoglie decine di associazioni
ambientaliste secondo cui il documento non include i temi dei diritti umani, della sicurezza
alimentare, dell'uguaglianza di genere.
Ma, a proposito di mancanze, anche in questa componente del movimento risulta per carente e
spesso assente il concetto di "diritto alla sopravvivenza dell'Umanit", strettamente collegato al
"diritto alla pace" (e quindi a disarmo nucleare e smilitarizzazione), tema inquadrato al momento
solo dai Disarmisti esigenti e dai loro partner pi stretti: la WILPF Italia in primis.
Questo si evince chiaramente nella lettura del "Diario di Giovanna Pagani" (vai su:
http://www.disarmistiesigenti.org/il-diario-di-giovanna-pagani-da-katowice/) cui rimandiamo per
avere un quadro pi dettagliato della mobilitazione di base a Katowice, con l'ottica particolare
della "pace femminista in azione".
Noi pensiamo che l'Europa, la nostra comunit politica di riferimento, possa giocare il suo ruolo
pi autentico se si d da fare per promuovere la cultura ed il diritto della "Terrestrit" , come era
nell'intenzione originaria del governo francese, quando a Parigi 2015 si progettava di far votare
una "Dichiarazione dei diritti dell'Umanit". Noi riteniamo che l'idea in nuce nel diritto
internazionale attuale, in base alla quale esistono diritti della natura e diritti dell'Umanit
all'interno del rapporto societ-natura, sia la base necessaria di consapevolezza e di
predisposizione etica su cui possono essere solidamente edificate le strategie e le politiche, che
fissano gli obiettivi quantitativi, delle zero emissioni al 2050.
In questo senso, ritenendo inutile praticare il "gioco del pi uno", ma anche sensibili all'allarme
proveniente dall'ultimo rapporto dell'IPCC presentato a Katowice, ci sembra importante
appoggiare l'obiettivo proposto dall'attuale Parlamento Europeo che gli Stati nazionali, entro il
2020, potenzino i "tagli" che hanno gi stabilito (qui l'Italia dovrebbe proclamare: comincio io ad
essere pi ambiziosa! la pi ambiziosa!) al fine di realizzare l'incremento, dal 40 % al 55 %,
dell'obiettivo di riduzione delle emissioni dell'UE per il 2030, tappa intermedia per le emissioni
zero al 2050. Ma se si dovesse adottare l'obiettivo californiano delle zero emissioni al 2045 non
saremmo certamente scontenti!
Le nostre proposte per realizzare la giusta transizione in Italia
Finora, in tutto il mondo, abbiamo stampato tanta moneta per immetterla nel circuito di una
distorta finanza mondiale imperniata sulla centralit del dollaro. Si parla da parte della BCE di
2.500 miliardi di euro, mica noccioline! Da oggi un po' di denaro pubblico, qui in Italia per
cominciare, faremmo bene non diciamo a crearlo, per carit, ma soprattutto ad impiegarlo, per
investimenti, trainanti i privati, con l'obiettivo della conversione energetica ed ecologica.
Questi investimenti dobbiamo attivarli non solo perch guardiamo ai loro vantaggi a breve
termine, che pure indubbiamente esistono. Ma anche e soprattutto perch ormai ce lo dicono gli
scienziati dell'IPCC non abbiamo alternative.
Abbiamo un decalogo virtuoso di misure da implementare:
1- convertire il pi possibile i cannoni in mulini perch la preparazione della guerra il processo
pi distruttivo per l'ambiente che possiamo immaginare
2- sostituire le fonti fossili con le rinnovabili, riqualificare energeticamente abitazioni, scuole,
uffici, fabbriche, sviluppare un modello energetico democratico e decentrato
3 - puntare sulla mobilit elettrica riequilibrando verso il trasporto pubblico e verso il ferro contro
la gomma
4- risistemare le citt e ripopolare le campagne con una agricoltura deindustrializzata,
rafforzando le produzioni biologiche e sostenibili
5- sviluppare riutilizzo e riciclo dei rifiuti, ma anche prevenire la loro formazione
6- intervenire per la riduzione del rischio idrogeologico mettendo in sicurezza i territori
7- bonificare i siti inquinati e contaminati, a partire da quelli devastati dall'eredit delle scorie
radioattive
8- riqualificare il sistema idrico nazionale nel rispetto del referendum del 2011 contro la
privatizzazione dell'acqua
9- tutelare e valorizzare beni comuni e pubblici: il suolo e i paesaggi, ma anche le strutture per
poter rendere effettivi i diritti alla casa, alla salute, allo studio, alle pari opportunit senza
discriminazioni di genere
10- potenziare ed orientare ricerca, istruzione e formazione verso la conversione energetica ed
ecologica e verso il "diritto alla pace".
Questo decalogo pu benissimo rimanere una serie di slogan vuoti. Per passare a piani concreti, ai
fatti, abbiamo bisogno del sincero contributo di mente e di cuore delle donne e degli uomini di
buona volont. E del riferimento a situazioni concrete, con tanto di bei numeri stimabili e
calcolabili in operazioni ben precise di addizioni e sottrazioni sul bilancio dello Stato. Uno sforzo in
questo senso, ad esempio, stato fatto dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile durante gli
"Stati generali dell'economia verde", svoltisi a Rimini lo scorso novembre nell'ambito della Fiera
"ECOMONDO". Il presidente Edo Ronchi ha proposto investimenti e misure per raddoppiare entro
5 anni l'attuale occupazione nei settori ambientali portandola a 6,5 milioni di unit.
8 miliardi pubblici all'anno per cinque anni, che avvierebbero flussi privati di due volte tanto,
otterrebbero praticamente la piena occupazione "ufficiale" del nostro Paese, considerato che i
disoccupati registrati come tali sono circa 3 milioni!
I Disarmisti esigenti, con i loro partner WILPF, Accademia Kronos, Energia Felice, PeaceLink,
pensano sicuramente che questa proposta della FVS sia molto importante; ma ritengono anche
che occorra un pi "radicale" gruppo di lavoro per estenderla e perfezionarla nel senso
dell'occupazione verde-rosa, vagliando in modo pi puntiglioso e restrittivo la questione del
"greenwashing".
La proposta, ribadita durante l'assemblea di SI'-AMO LA TERRA (Roma 11 novembre 2018),
quella di convertire ad opere ambientalmente e socialmente utili (vedi decalogo sopra riportato) i
100 miliardi circa ricavabili dai risparmi sulla legge Gentiloni che individua 24 opere prioritarie
nocive, dai tagli sulle spese militari incostituzionali (riarmo atomico a Ghedi ed Aviano, F35, MUOS,
ampliamento base militare di Camp Darby e Ghedi), dallo stop a nuovi oleodotti/gasdotti e pozzi
petroliferi, dall'abolizione (con giudizio per evitare gilet gialli italiani) degli incentivi alle fonti
fossili...
La WILPF Italia, con il suo progetto "PACE FEMMINISTA IN AZIONE: giustizia climatica sicurezza e
salute", dovrebbe garantire quell'innovativo approccio di genere capace di sviluppare proposte
per un nuovo lavoro in una nuova societ con le donne protagoniste.
Anche la Coalizione Clima potrebbe condividere l'approccio che tende ad identificare la Giusta
Transizione con la Piena Occupazione Verde mediante il ruolo trainante degli investimenti
pubblici; per l'intanto discutendone nel convegno che ha in programma per la prossima Primavera.
Il piano che si potrebbe mettere insieme su questa base (nuovi scenari con pi soldi pubblici in
campo rispetto a quelli ipotizzati dalla FSV ma anche con criteri pi restrittivi per distinguere ci
che verde da ci che non lo ) potrebbe poi esprimersi in una piattaforma oggetto di un tavolo di
contrattazione. Ma la nostra idea che le OSL si siedano a confrontarsi con il governo insieme alle
organizzazioni nazionali e locali della societ civile (organizzate attraverso reti come appunto la
Coalizione Clima e SI'-amo la Terra).
Nota finale
In conclusione, riteniamo importante che non si dimentichi mai che noi non siamo una
"avanguardia" separata, mossa da presupposti ideologici, ma siamo effettivamente "gente" che
vive pienamente tutte le preoccupazioni delle donne e degli uomini della strada, rispettandone
ansie e attese, ma con la responsabilit aggiuntiva che deriva dal possedere qualche elemento
conoscitivo in pi, proveniente dal fare parte dei nostri circuiti organizzativi e di dialogo di base.
Questo ci consente di lavorare su visioni sistemiche dei problemi e delle soluzioni, adottando
approcci che esaltino le interrelazioni tra obiettivi e target, favorendo le sinergie e i co- benefici
delle azioni e ne traggano il potenziale "trasformativo" che altrimenti rischia di perdersi in un
elenco di rivendicazioni e "resistenze" spicciole, non certo tutte dello stesso tenore e della stessa
potenzialit.
Purtroppo, spesso si ha la tendenza a isolare e "scegliersi" gli obiettivi, ma questo vuol dire
contravvenire ai principi base dell'ecosviluppo, le connessioni, gli intrecci, le interdipendenze.
Esistono invece filoni trasversali che favoriscono una visione e un'azione d'insieme: la "Giusta
Transizione" uno di questi.
Tramite questo percorso possiamo tentare di integrare la questione ambientale con quella
economica e soprattutto con quella sociale nel senso pi complesso, profondo e completo,
includente la costruzione della pace positiva fondata sul disarmo.
"La transizione giusta un processo che produce piani, politiche e investimenti che portano a un
futuro in cui tutti i posti di lavoro siano verdi e decenti, le emissioni di gas serra siano a carbonio
zero, la povert sia sradicata e le comunit siano fiorenti e resilienti": cos recita il Centro per la
Giusta Transizione recentemente fondato dai sindacati internazionali.
E' facile comprendere, quindi, che la definizione abbraccia un complesso di azioni, fondate sulla
partecipazione, e mette in relazione diversi Obiettivi (SDGs) e target per lo sviluppo sostenibile,
cos come ufficialmente definiti dall'Agenda ONU quando, nel settembre 2015, ha delineato un
programma di azione per le persone, il pianeta e la prosperit sottoscritto dai governi dei 193
Paesi membri dell'ONU.
L'Agenda ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile - Sustainable Development Goals, SDGs -
a loro volta suddivisi in programmi di azione per un totale di 169 'target' o traguardi.
Quello che noi intendiamo sottolineare che la Giusta Transizione va impostata abbracciando
TUTTI gli SDGs, nessuno escluso, e, dal nostro punto di vista, ci proponiamo di evidenziare la
centralit dell'obiettivo 16, la pace, in quanto convinti che "non c' giustizia climatica senza
giustizia"; e quindi non c' giustizia climatica senza pace, in quanto non c' giustizia senza pace!
Soprattutto se la guerra oggi pu significare la scomparsa anche in un attimo dell'intero genere
umano: non possiamo che concordare con Sharan Burrow, la Segretaria Generale dell'ITUC (la
Confederazione sindacale internazionale), nella sua considerazione chiara, risolutiva e definitiva:
"Non esistono posti di lavoro su un Pianeta morto!".
Primi firmatari:
Giuseppe Farinella Il Sole di Parigi
Giovanna Pagani WILPF Italia
Alfonso Navarra Disarmisti Esigenti
Oliviero Sorbini Accademia Kronos
un Pianeta morto!
La "giusta transizione", entrata nel preambolo degli accordi di Parigi sul clima globale, , nel senso
pi stretto, una gestione della "decarbonizzazione" che non carichi di peso sproporzionato i
lavoratori e i consumatori "deboli" delle fonti fossili.
La conversione ecologica dell'economia e della societ nel lungo periodo sicuramente di vitale
interesse per tutti: ma occorre saper bene ripartire gli inevitabili "sacrifici" del qui ed ora che
alcuni dovrebbero sopportare pi di altri.
L'errore paradigmatico da evitare l'ecotassa alla Macron: non si pu ignorare che, in un
momento di ristagno economico e nel pieno di una clamorosa redistribuzione dei redditi a favore
dei ceti pi ricchi (in particolare la famosa lite dell'1%), certe misure solo teoricamente giuste non
possono che suscitare rivolta sociale da parte di chi, gi colpito dalla crisi, "ce la fa a stento
(quando ce la fa)".
La "giusta transizione" va condotta come un processo partecipato in cui l'ultima istanza
decisionale appartiene al governo legittimo; ma la discussione deve coinvolgere seriamente, ai vari
livelli territoriali, anche le organizzazioni datoriali, le OSL e le organizzazioni ambientaliste,
ecopacifiste e dei consumatori.
A livello internazionale ormai acquisito che non si tratta di "affare dei soli sindacati", ma il
problema riguarda l'intero movimento per la giustizia climatica.
La "giusta transizione", ad essere logicamente coerenti, dovrebbe coincidere con l'obiettivo della
"piena occupazione verde", che starebbe alla base di un "Green New Deal": anche in Italia un
orizzonte progettuale fatto proprio con concretezza di proposte da soggetti economici e culturali
di rilievo, interessati ad una "prosperit" non ossessionata dalla "crescita".
Con questo processo si andrebbero a definire ed implementare, nel sostegno al reddito e alla
ricollocazione dei lavoratori del settore fossile in dismissione, politiche sociali ed economiche di
equa redistribuzione del reddito, investimenti sostenibili, promozione di lavoro dignitoso e
"pulito", pari opportunit oltre ogni barriera di genere.
La lotta per la Giusta Transizione si caratterizza perci come questione di potere e di democrazia,
anche di democrazia del lavoro; di accesso all'energia per tutti, di controllo sociale e democratico
dell'energia e delle reti, di giustizia sociale, di diritti umani, di equit di genere, di difesa dei diritti
delle popolazioni indigene e di autodeterminazione delle comunit.
Tutto quanto sopra citato bisogna che faccia necessariamente riferimento al "diritto alla pace"
riconosciuto dall'ONU (con risoluzione 71/189 adottata il 19 dicembre 2016 dall'Assemblea
Generale) e da fondare su quattro pilastri del diritto internazionale: 1) i diritti umani e sociali; 2) il
controllo degli armamenti e il disarmo (a partire dal disarmo nucleare); 3) l'agenda ONU per
lo sviluppo sostenibile; 4) l'accordo di Parigi sul clima globale (appunto).
Un esempio molto avanzato di come si possa mettere insieme il contrasto alle due minacce
intrecciate, quella climatica e quella nucleare, lo d lo Stato della California con la sua decisione
del 28 agosto del 2018: supportare il Trattato di proibizione delle armi nucleari ponendo come
motivazione centrale l'impatto climaticamente devastante (vedi inverno nucleare) di una guerra
"atomica" che pu essere scatenata persino per caso o per errore.
(Per approfondire si vada su: https://sognandocalifornia.webnode.it/)
In questo modo - cio legando le questioni economiche all'affermazione dei diritti in un orizzonte
complessivo e globale - la lotta per la giusta transizione assumerebbe in s la lotta per trasformare
l'attuale sistema profondamente ingiusto (e belligeno!) in un sistema radicalmente diverso, equo,
sostenibile, strutturalmente pacifico.
L'Europa, l'Italia e la giusta transizione
Entrati nel secolo XXI, siamo come minimo europei prima ancora che italiani e, al di l del fatto che
dovremo confrontarci con l'importante scadenza elettorale del maggio 2019, dobbiamo
innanzitutto pensare a cosa di concreto ha fatto finora l'Europa e se potrebbe fare ancora di pi
anche con il contributo dell'Italia.
Quello per cui ci battiamo che l'Italia europea, in discontinuit con il passato e da quanto
vediamo sinora anche con il presente, si proponga come traino generale per tutta l'Europa
innanzitutto dando il buon esempio sulla gestione nazionale di una Giusta Transizione.
Dobbiamo quindi, in Italia, rivedere la SEN ed adottare il Piano clima energia in un'ottica europea
proattiva: quello che ci proponiamo di fare dovrebbe andare nell'interesse degli europei tutti e
quindi anche degli italiani che sono parte di questa comunit di valori e di destino, ponte verso la
cittadinanza planetaria, implicita nel diritto internazionale.
Il governo del (sedicente) cambiamento, con i suoi primi atti (pro TAP e pro TRIV ad esempio) e
con la sua legge di Bilancio del 2019, ha purtroppo confermato la sua subalternit al modello
fossile e delle grandi opere nocive (significativo anche che non si tocchino i circa 16 miliardi annui
di sussidi ambientalmente dannosi e alle fonti fossili); e non ha stanziato adeguati investimenti
per infrastrutture per le energie rinnovabili, digitalizzazione delle reti, efficienza energetica degli
edifici, mobilit sostenibile e ricerca e sviluppo in questi settori.
Detto questo, nemmeno possiamo nasconderci, rispetto ad esempio a quanto abbiamo verificato
a Katowice, che - Italia o non Italia - una "ritirata" della intera UE sia in atto rispetto al deciso ruolo
primario di propulsione esercitato a Parigi nel 2015.
Dopo la COP 24 comunque si pu tirare - crediamo - un sospiro di sollievo perch dobbiamo
prendere atto che, tutto sommato, nonostante i tentativi di boicottaggio portati avanti dalla nuova
amministrazione USA (questa volta affiancata da Russia, Arabia Saudita, Australia, Turchia
e Brasile), l'impianto di Parigi ha sostanzialmente retto e che, nonostante i ritardi e le ambiguit,
ci sono ancora spazi e possibilit per il completamento del programma di lavoro nella COP25
prevista in Cile e nella COP26 che si terr - speriamo - in Italia: il ministro Costa ha candidato il
nostro Paese ad ospitarla.
Le nostre proposte per realizzare la giusta transizione in Europa
La societ civile internazionale le attiviste e gli attivisti, gli studenti, le ONG, gli avvocati, i leader
delle comunit indigene era presente sia dentro il Palazzo della COP24 di Katowice, sia fuori con i
suoi presidi e le sue mobilitazioni; ed stata propulsiva nel promuovere un elemento primordiale
della consapevolezza pi generale necessaria: il nodo dei diritti umani; e quindi, diciamo noi,
anche del diritto alla pace.
Iniziative e manifestazioni varie nei corridoi della conferenza e in citt hanno fatto pressione
sui governi per fare inserire i diritti umani nel Rulebook evitando che potesse permanere il loro
relegamento nel preambolo dell'Accordo di Parigi.di Parigi.
Nelle linee guida adottate "sembrano mancare elementi essenziali per rendere la transizione equa,
giusta, inclusiva e per dare risposte ai pi vulnerabili che purtroppo restano ancora poco tutelati".
stato questo il commento della Rseau Action Climat, che raccoglie decine di associazioni
ambientaliste secondo cui il documento non include i temi dei diritti umani, della sicurezza
alimentare, dell'uguaglianza di genere.
Ma, a proposito di mancanze, anche in questa componente del movimento risulta per carente e
spesso assente il concetto di "diritto alla sopravvivenza dell'Umanit", strettamente collegato al
"diritto alla pace" (e quindi a disarmo nucleare e smilitarizzazione), tema inquadrato al momento
solo dai Disarmisti esigenti e dai loro partner pi stretti: la WILPF Italia in primis.
Questo si evince chiaramente nella lettura del "Diario di Giovanna Pagani" (vai su:
http://www.disarmistiesigenti.org/il-diario-di-giovanna-pagani-da-katowice/) cui rimandiamo per
avere un quadro pi dettagliato della mobilitazione di base a Katowice, con l'ottica particolare
della "pace femminista in azione".
Noi pensiamo che l'Europa, la nostra comunit politica di riferimento, possa giocare il suo ruolo
pi autentico se si d da fare per promuovere la cultura ed il diritto della "Terrestrit" , come era
nell'intenzione originaria del governo francese, quando a Parigi 2015 si progettava di far votare
una "Dichiarazione dei diritti dell'Umanit". Noi riteniamo che l'idea in nuce nel diritto
internazionale attuale, in base alla quale esistono diritti della natura e diritti dell'Umanit
all'interno del rapporto societ-natura, sia la base necessaria di consapevolezza e di
predisposizione etica su cui possono essere solidamente edificate le strategie e le politiche, che
fissano gli obiettivi quantitativi, delle zero emissioni al 2050.
In questo senso, ritenendo inutile praticare il "gioco del pi uno", ma anche sensibili all'allarme
proveniente dall'ultimo rapporto dell'IPCC presentato a Katowice, ci sembra importante
appoggiare l'obiettivo proposto dall'attuale Parlamento Europeo che gli Stati nazionali, entro il
2020, potenzino i "tagli" che hanno gi stabilito (qui l'Italia dovrebbe proclamare: comincio io ad
essere pi ambiziosa! la pi ambiziosa!) al fine di realizzare l'incremento, dal 40 % al 55 %,
dell'obiettivo di riduzione delle emissioni dell'UE per il 2030, tappa intermedia per le emissioni
zero al 2050. Ma se si dovesse adottare l'obiettivo californiano delle zero emissioni al 2045 non
saremmo certamente scontenti!
Le nostre proposte per realizzare la giusta transizione in Italia
Finora, in tutto il mondo, abbiamo stampato tanta moneta per immetterla nel circuito di una
distorta finanza mondiale imperniata sulla centralit del dollaro. Si parla da parte della BCE di
2.500 miliardi di euro, mica noccioline! Da oggi un po' di denaro pubblico, qui in Italia per
cominciare, faremmo bene non diciamo a crearlo, per carit, ma soprattutto ad impiegarlo, per
investimenti, trainanti i privati, con l'obiettivo della conversione energetica ed ecologica.
Questi investimenti dobbiamo attivarli non solo perch guardiamo ai loro vantaggi a breve
termine, che pure indubbiamente esistono. Ma anche e soprattutto perch ormai ce lo dicono gli
scienziati dell'IPCC non abbiamo alternative.
Abbiamo un decalogo virtuoso di misure da implementare:
1- convertire il pi possibile i cannoni in mulini perch la preparazione della guerra il processo
pi distruttivo per l'ambiente che possiamo immaginare
2- sostituire le fonti fossili con le rinnovabili, riqualificare energeticamente abitazioni, scuole,
uffici, fabbriche, sviluppare un modello energetico democratico e decentrato
3 - puntare sulla mobilit elettrica riequilibrando verso il trasporto pubblico e verso il ferro contro
la gomma
4- risistemare le citt e ripopolare le campagne con una agricoltura deindustrializzata,
rafforzando le produzioni biologiche e sostenibili
5- sviluppare riutilizzo e riciclo dei rifiuti, ma anche prevenire la loro formazione
6- intervenire per la riduzione del rischio idrogeologico mettendo in sicurezza i territori
7- bonificare i siti inquinati e contaminati, a partire da quelli devastati dall'eredit delle scorie
radioattive
8- riqualificare il sistema idrico nazionale nel rispetto del referendum del 2011 contro la
privatizzazione dell'acqua
9- tutelare e valorizzare beni comuni e pubblici: il suolo e i paesaggi, ma anche le strutture per
poter rendere effettivi i diritti alla casa, alla salute, allo studio, alle pari opportunit senza
discriminazioni di genere
10- potenziare ed orientare ricerca, istruzione e formazione verso la conversione energetica ed
ecologica e verso il "diritto alla pace".
Questo decalogo pu benissimo rimanere una serie di slogan vuoti. Per passare a piani concreti, ai
fatti, abbiamo bisogno del sincero contributo di mente e di cuore delle donne e degli uomini di
buona volont. E del riferimento a situazioni concrete, con tanto di bei numeri stimabili e
calcolabili in operazioni ben precise di addizioni e sottrazioni sul bilancio dello Stato. Uno sforzo in
questo senso, ad esempio, stato fatto dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile durante gli
"Stati generali dell'economia verde", svoltisi a Rimini lo scorso novembre nell'ambito della Fiera
"ECOMONDO". Il presidente Edo Ronchi ha proposto investimenti e misure per raddoppiare entro
5 anni l'attuale occupazione nei settori ambientali portandola a 6,5 milioni di unit.
8 miliardi pubblici all'anno per cinque anni, che avvierebbero flussi privati di due volte tanto,
otterrebbero praticamente la piena occupazione "ufficiale" del nostro Paese, considerato che i
disoccupati registrati come tali sono circa 3 milioni!
I Disarmisti esigenti, con i loro partner WILPF, Accademia Kronos, Energia Felice, PeaceLink,
pensano sicuramente che questa proposta della FVS sia molto importante; ma ritengono anche
che occorra un pi "radicale" gruppo di lavoro per estenderla e perfezionarla nel senso
dell'occupazione verde-rosa, vagliando in modo pi puntiglioso e restrittivo la questione del
"greenwashing".
La proposta, ribadita durante l'assemblea di SI'-AMO LA TERRA (Roma 11 novembre 2018),
quella di convertire ad opere ambientalmente e socialmente utili (vedi decalogo sopra riportato) i
100 miliardi circa ricavabili dai risparmi sulla legge Gentiloni che individua 24 opere prioritarie
nocive, dai tagli sulle spese militari incostituzionali (riarmo atomico a Ghedi ed Aviano, F35, MUOS,
ampliamento base militare di Camp Darby e Ghedi), dallo stop a nuovi oleodotti/gasdotti e pozzi
petroliferi, dall'abolizione (con giudizio per evitare gilet gialli italiani) degli incentivi alle fonti
fossili...
La WILPF Italia, con il suo progetto "PACE FEMMINISTA IN AZIONE: giustizia climatica sicurezza e
salute", dovrebbe garantire quell'innovativo approccio di genere capace di sviluppare proposte
per un nuovo lavoro in una nuova societ con le donne protagoniste.
Anche la Coalizione Clima potrebbe condividere l'approccio che tende ad identificare la Giusta
Transizione con la Piena Occupazione Verde mediante il ruolo trainante degli investimenti
pubblici; per l'intanto discutendone nel convegno che ha in programma per la prossima Primavera.
Il piano che si potrebbe mettere insieme su questa base (nuovi scenari con pi soldi pubblici in
campo rispetto a quelli ipotizzati dalla FSV ma anche con criteri pi restrittivi per distinguere ci
che verde da ci che non lo ) potrebbe poi esprimersi in una piattaforma oggetto di un tavolo di
contrattazione. Ma la nostra idea che le OSL si siedano a confrontarsi con il governo insieme alle
organizzazioni nazionali e locali della societ civile (organizzate attraverso reti come appunto la
Coalizione Clima e SI'-amo la Terra).
Nota finale
In conclusione, riteniamo importante che non si dimentichi mai che noi non siamo una
"avanguardia" separata, mossa da presupposti ideologici, ma siamo effettivamente "gente" che
vive pienamente tutte le preoccupazioni delle donne e degli uomini della strada, rispettandone
ansie e attese, ma con la responsabilit aggiuntiva che deriva dal possedere qualche elemento
conoscitivo in pi, proveniente dal fare parte dei nostri circuiti organizzativi e di dialogo di base.
Questo ci consente di lavorare su visioni sistemiche dei problemi e delle soluzioni, adottando
approcci che esaltino le interrelazioni tra obiettivi e target, favorendo le sinergie e i co- benefici
delle azioni e ne traggano il potenziale "trasformativo" che altrimenti rischia di perdersi in un
elenco di rivendicazioni e "resistenze" spicciole, non certo tutte dello stesso tenore e della stessa
potenzialit.
Purtroppo, spesso si ha la tendenza a isolare e "scegliersi" gli obiettivi, ma questo vuol dire
contravvenire ai principi base dell'ecosviluppo, le connessioni, gli intrecci, le interdipendenze.
Esistono invece filoni trasversali che favoriscono una visione e un'azione d'insieme: la "Giusta
Transizione" uno di questi.
Tramite questo percorso possiamo tentare di integrare la questione ambientale con quella
economica e soprattutto con quella sociale nel senso pi complesso, profondo e completo,
includente la costruzione della pace positiva fondata sul disarmo.
"La transizione giusta un processo che produce piani, politiche e investimenti che portano a un
futuro in cui tutti i posti di lavoro siano verdi e decenti, le emissioni di gas serra siano a carbonio
zero, la povert sia sradicata e le comunit siano fiorenti e resilienti": cos recita il Centro per la
Giusta Transizione recentemente fondato dai sindacati internazionali.
E' facile comprendere, quindi, che la definizione abbraccia un complesso di azioni, fondate sulla
partecipazione, e mette in relazione diversi Obiettivi (SDGs) e target per lo sviluppo sostenibile,
cos come ufficialmente definiti dall'Agenda ONU quando, nel settembre 2015, ha delineato un
programma di azione per le persone, il pianeta e la prosperit sottoscritto dai governi dei 193
Paesi membri dell'ONU.
L'Agenda ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile - Sustainable Development Goals, SDGs -
a loro volta suddivisi in programmi di azione per un totale di 169 'target' o traguardi.
Quello che noi intendiamo sottolineare che la Giusta Transizione va impostata abbracciando
TUTTI gli SDGs, nessuno escluso, e, dal nostro punto di vista, ci proponiamo di evidenziare la
centralit dell'obiettivo 16, la pace, in quanto convinti che "non c' giustizia climatica senza
giustizia"; e quindi non c' giustizia climatica senza pace, in quanto non c' giustizia senza pace!
Soprattutto se la guerra oggi pu significare la scomparsa anche in un attimo dell'intero genere
umano: non possiamo che concordare con Sharan Burrow, la Segretaria Generale dell'ITUC (la
Confederazione sindacale internazionale), nella sua considerazione chiara, risolutiva e definitiva:
"Non esistono posti di lavoro su un Pianeta morto!".
Primi firmatari:
Giuseppe Farinella Il Sole di Parigi
Giovanna Pagani WILPF Italia
Alfonso Navarra Disarmisti Esigenti
Oliviero Sorbini Accademia Kronos