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Ucraina, era già tutto scritto

di Massimo Nava - Editorialista, Il Corriere della Sera

La condanna della guerra di Putin, con strascico di crimini e infinite sofferenze inflitte alla
popolazione civile non ha attenuanti sul piano morale e in relazione al diritto
internazionale che non prevede il permesso d’invasione di uno Stato sovrano. Ma per il
giudizio della storia conta anche la genesi geopolitica del conflitto. E in questo ambito, vale
la pena di ripercorrere alcune tappe con l’aiuto di una fonte non sospettabile di simpatie
per il Cremlino: la prestigiosa rivista Foreign Affairs.
Siamo nel 2014, quando la questione dell’Ucraina comincia a fare venire i sudori freddi alle
cancellerie. Si tratta di un’analisi che contribuisce a far comprendere che, come in ogni
guerra, c’è un presente (in cui la gerarchia delle colpe è del tutto evidente) e c’è un passato
(in cui anche la gerarchia delle responsabilità deve essere considerata). Quanto al futuro,
esso sembra spento come il sole a mezzanotte.
Foreign Affairs, nel 2014, ricostruì così la genesi della crisi ucraina. «Il presidente Putin, si
sostiene, ha annesso la Crimea per resuscitare l’impero sovietico, e potrebbe prendersela
con il resto dell’Ucraina. Ma questa visione è sbagliata: Stati Uniti e alleati europei
condividono la maggior parte della responsabilità della crisi. La radice del problema è
l’allargamento della Nato, elemento centrale di una strategia volta a far uscire l’Ucraina
dall’orbita della Russia e a integrarla nell’Occidente. Allo stesso tempo, anche l’espansione
della Ue verso est e il sostegno dell’Occidente al movimento pro-democrazia in Ucraina, a
partire dalla Rivoluzione Orange nel 2004, sono stati elementi critici. Dalla metà degli anni
Novanta, i leader russi si sono opposti all’allargamento della Nato e hanno chiarito che non
sarebbero rimasti a guardare mentre il loro vicino strategicamente importante si
trasformava in un bastione occidentale. Per Putin, il rovesciamento illegale del presidente
ucraino democraticamente eletto e filo-russo è stata la goccia che ha fatto traboccare il
vaso. Ha risposto prendendo la Crimea, una penisola che temeva potesse ospitare una base
navale della Nato, e ha cercato di destabilizzare l’Ucraina fino a quando non avesse
abbandonato i suoi sforzi per unirsi all’Occidente. La reazione di Putin non avrebbe dovuto
sorprendere. Dopo tutto, l’Occidente si era spinto nel cortile di casa della Russia e aveva
minacciato il suo nucleo centrale».
«La crisi in Ucraina dimostra che la realpolitik rimane rilevante e che gli Stati che la
ignorano lo fanno a loro rischio e pericolo. I leader statunitensi ed europei hanno
commesso un errore nel tentativo di trasformare l’Ucraina in una roccaforte occidentale al
confine con la Russia. Ora che le conseguenze sono state messe a nudo, sarebbe un errore
ancora più grave continuare questa politica sbagliata».
«Il primo ciclo di allargamento della Nato ha avuto luogo nel 1999 e ha coinvolto la
Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia. Il secondo è avvenuto nel 2004 e ha incluso
Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Ma i russi erano
troppo deboli, all’epoca, per frenare il movimento verso est della Nato che, in ogni caso,
non appariva così minaccioso, dal momento che nessuno dei nuovi membri confinava con
la Russia, a parte i minuscoli Paesi baltici. Poi la Nato ha iniziato a guardare più a est. Al
vertice dell’aprile 2008 a Bucarest, l’alleanza ha preso in considerazione l’ammissione
della Georgia e dell’Ucraina. Putin ha sostenuto che l’ammissione di questi due Paesi alla
Nato rappresenterebbe una “minaccia diretta” per la Russia. Un giornale russo ha riportato
che Putin, parlando con Bush, “ha lasciato intendere in modo molto trasparente che se
l’Ucraina fosse stata accettata nella NATO, avrebbe cessato di esistere”».
«L’invasione della Georgia da parte della Russia nell’agosto 2008 avrebbe dovuto fugare
ogni dubbio sulla determinazione di Putin a impedire l’ingresso della Georgia e
dell’Ucraina nella Nato. Il presidente georgiano Mikheil Saakashvili, profondamente
impegnato a far entrare il suo Paese nella Nato, aveva deciso nell’estate del 2008 di
reincorporare due regioni separate, l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud. Ma Putin ha cercato di
mantenere la Georgia debole e divisa, e fuori dalla Nato. Dopo lo scoppio dei
combattimenti tra il governo georgiano e i separatisti dell’Ossezia del Sud, le forze russe
hanno preso il controllo dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud. Mosca aveva chiarito il suo
punto di vista. Tuttavia, nonostante questo chiaro avvertimento, la Nato non ha mai
abbandonato l’obiettivo di portare la Georgia e l’Ucraina nell’alleanza. E l’espansione della
Nato ha continuato a marciare in avanti, con l’adesione di Albania e Croazia nel 2009».
«L’ultimo strumento a disposizione dell’Occidente per allontanare Kiev da Mosca è stato
l’impegno a diffondere i valori occidentali e a promuovere la democrazia in Ucraina e in
altri Stati post-sovietici, un piano che spesso implica il finanziamento di individui e
organizzazioni pro-occidentali. Victoria Nuland, assistente del Segretario di Stato
americano per gli affari europei ed eurasiatici, ha stimato nel dicembre 2013 che gli Stati
Uniti hanno investito più di 5 miliardi di dollari dal 1991 per aiutare l’Ucraina a
raggiungere “il futuro che merita”. Quando i leader russi guardano all’ingegneria sociale
occidentale in Ucraina, temono che il loro Paese possa essere il prossimo. Il triplice
pacchetto di politiche dell’Occidente - l’allargamento della Nato, l’espansione dell’UE e la
promozione della democrazia - ha alimentato un incendio».
«Putin ha poi esercitato una forte pressione sul nuovo governo di Kiev per scoraggiarlo a
schierarsi con l’Occidente contro Mosca, chiarendo che avrebbe distrutto l’Ucraina come
Stato funzionante prima di permettere che diventasse una roccaforte occidentale alle porte
della Russia. A tal fine, ha fornito consiglieri, armi e supporto diplomatico ai separatisti
russi nell’Ucraina orientale. Le azioni di Putin dovrebbero essere facili da comprendere.
Un’enorme distesa di terra piatta che la Francia napoleonica, la Germania imperiale e la
Germania nazista hanno attraversato per colpire la Russia stessa: l’Ucraina è uno Stato
cuscinetto di enorme importanza strategica per la Russia. Washington può non gradire la
posizione di Mosca, ma dovrebbe comprenderne la logica. Immaginate l’indignazione di
Washington se la Cina costruisse un’alleanza militare di grande impatto e cercasse di
includere Canada e Messico. Il diplomatico statunitense George Kennan ha articolato
questa prospettiva in un’intervista del 1998, poco dopo che il Senato americano aveva
approvato il primo ciclo di espansione della Nato. “Penso che i russi reagiranno
gradualmente in modo piuttosto negativo e questo influenzerà le loro politiche”, ha detto.
“Penso che sia un tragico errore. Non c’era alcun motivo per farlo. Nessuno stava
minacciando nessun altro».
L’analisi di Foreign Affairs è premonitrice anche a proposito di un’eventuale invasione
dell’Ucraina. «Circa 15 milioni di persone - un terzo della popolazione ucraina - vivono tra
il fiume Dnieper, che divide in due il Paese, e il confine russo. La stragrande maggioranza
vuole rimanere in Ucraina e si opporrebbe a un’occupazione russa. Inoltre, il mediocre
esercito russo avrebbe poche possibilità di pacificare tutta l’Ucraina. Anche se la Russia
vantasse una potente macchina militare e un’economia impressionante, non sarebbe in
grado di occupare con successo l’Ucraina. Basta pensare alle esperienze sovietiche e
statunitensi in Afghanistan, a quelle americane in Vietnam e in Iraq e a quella russa in
Cecenia per ricordarsi che le occupazioni militari di solito finiscono male. Putin è
sicuramente consapevole che cercare di sottomettere l’Ucraina sarebbe come ingoiare un
porcospino».
E così avverrà, otto anni dopo. Tuttavia, una soluzione alla crisi ucraina esisteva, secondo
Foreign Affairs. «Gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero abbandonare il loro piano di
occidentalizzazione dell’Ucraina e puntare invece a farne un cuscinetto neutrale tra la Nato
e la Russia, simile alla posizione dell’Austria durante la Guerra Fredda. I leader occidentali
dovrebbero riconoscere che l’Ucraina è talmente importante per Putin da non poter
sostenere un regime anti-russo in quel Paese. Ciò non significa che un futuro governo
ucraino debba essere filorusso o anti-Nato. Al contrario, l’obiettivo dovrebbe essere
un’Ucraina sovrana che non rientri né nella sfera della Russia né in quella dell’Occidente».
«Si sente anche affermare che l’Ucraina ha il diritto di determinare con chi vuole allearsi e
che i russi non hanno il diritto di impedire a Kiev di unirsi all’Occidente. Ma diritti astratti
come l’autodeterminazione sono in gran parte privi di significato quando gli Stati potenti si
azzuffano con quelli più deboli. È nell’interesse dell’Ucraina comprendere questi fatti della
vita e agire con cautela nei rapporti con il suo vicino più potente».
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