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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Morti sul lavoro: dallo stillicidio quotidiano alle stragi periodiche. Il “che fare” è già nelle
legge
Tre giorni prima della strage nel cantiere della Esselunga a Firenze la Corte europea dei
diritti dell’uomo ha condannato la Svizzera per non aver «ottemperato al suo obbligo di
garantire la celerità della procedura davanti al Tribunale Federale» sulle gravi lesioni
subìte da un lavoratore prescritte dalla lentezza del processo. In Italia la nostra
Cassazione ha riconosciuto nel 2019 il diritto all’oblio anche nei reati più gravi, e la
Procura nazionale sulla sicurezza del lavoro resta confinata nel libro dei sogni quando
potrebbe rendere più incisivo l’esercizio dell’azione penale. Sui lavori in appalto e
subappalto gli obblighi di sicurezza sono già previsti e penalmente sanzionati a carico sia
dei committenti, sia degli appaltatori o subappaltatori, sia dei lavoratori autonomi.
Mancano organici adeguati e preparazione professionale dei controlli per esercitare una
vigilanza sistematica e incisiva sull’applicazione delle norme. E mezzi effettivi ai
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Dunque, gli appelli verbali (o canori) non bastano. È ormai chiaro anche alla luce della più
recente casistica giurisprudenziale che, tra i molteplici problemi che ultimamente
affliggono il mondo della sicurezza sul lavoro, drammatico si sta rivelando quello
riguardante la tutela dei lavoratori delle imprese appaltatrici e subappaltatrici distaccati
presso piccole e grandi aziende committenti. A maggior ragione appaiono, dunque,
inaccettabili i fraintendimenti interpretativi e applicativi esplosi in materia. Non si pensi,
anzitutto, che manchino le leggi. Il Testo unico della sicurezza su lavoro è quanto mai
rigoroso con riguardo ai lavori affidati dal committente a imprese appaltatrici o
subappaltatrici o a lavoratori autonomi, vuoi all’interno della propria azienda, vuoi nei
cantieri temporanei o mobili. E si badi che gli obblighi di sicurezza sono previsti e
penalmente sanzionati a carico sia dei committenti, sia degli appaltatori o subappaltatori,
sia dei lavoratori autonomi.
E allora perché? Perché gli obblighi ci sono, ma non vengono fatti rispettare
sistematicamente. Certo, ci sono gli organi di vigilanza. Ma pesano le carenze sofferte
dagli organici e dalla professionalità di questi organi. Né si obietti che i controlli non
avrebbero una capacità preventiva diretta, nel senso che non è pensabile una vigilanza
che arrivi il giorno prima dell’infortunio e lo scongiuri. Evidente è che occorre, non già una
inimmaginabile vigilanza del giorno prima, bensì la vigilanza sistematica e incisiva in grado
di spingere le imprese all’effettiva osservanza delle norme scritte sulla carta. Un obbiettivo,
questo, che, peraltro, appare irraggiungibile in assenza di un efficace intervento
dell’autorità giudiziaria. Troppo spesso i procedimenti penali non vengono condotti con
l’indispensabile approfondimento o nei tempi necessari per scongiurare la prescrizione dei
reati. Con il dirompente risultato che si diffonde tra le imprese, e tra gli stessi lavoratori,
l’idea che le leggi ci sono, ma possono essere violate impunemente.
Né possono porre rimedio le tante procure della repubblica istituite nel nostro Paese,
ciascuna con una ristretta area di operatività, e per giunta raramente provviste di
specializzazione in materia. Né assume rilievo l’obiezione mossa da taluno secondo cui
l’azione del pubblico ministero sarebbe meramente repressiva, e mai preventiva.
Un’obiezione palesemente contrastante con le molteplici esperienze giudiziarie che in
passato si sono sviluppate sotto il segno di uno stretto connubio tra prevenzione e
repressione congiuntamente volte a garantire l’osservanza delle norme antinfortunistiche
penalmente sanzionate a prescindere dalla sussistenza di un delitto di omicidio o di
lesione personale consistente in un infortunio o in una malattia professionale.
Purtroppo, continua a rimanere scritta nel libro dei sogni la proposta di creare una procura
nazionale sulla sicurezza del lavoro. Una proposta che nessuno dei governi che si sono
succeduti in questi anni ha saputo realizzare. E aggiungo che quanto mai preziosa si è
rivelata l’esperienza che ha condotto in alcuni Tribunali ad affidare i procedimenti in
materia di sicurezza sul lavoro a Sezioni specializzate.
E ancora. Non dimentichiamo di accompagnare lo stesso Rappresentante dei Lavoratori
per la Sicurezza (Rls) nel mondo degli appalti e dei cantieri, a maggior ragione dopo la sua
prima condanna per un infortunio mortale pronunciata dalla Cassazione il 25 settembre
2023.
Certo, si tratta di una dimensione imbarazzante, e – temo – usualmente trascurata,
dell’impegno affidato all’Rls. Eppure, tra le sue attribuzione, il Tusl (Testo unico della
sicurezza sul lavoro), all’art. 50, comma 1, lettera a), indica quella di visitare i luoghi di
lavoro, e per luoghi di lavoro s’intendono non solo i locali aziendali, ma – insegna
pacificamente la Cassazione – «ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per
provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività», e, dunque,
anche ogni luogo in cui si svolga un appalto o un subappalto o un cantiere. Sicché più che
mai chiedo alle organizzazioni sindacali (ma anche al legislatore): su quali risorse di
tempo, di mezzi, di autonomia, può concretamente contare l’Rls chiamato a svolgere
compiti tanto impegnativi?
È tutto dire, a questo punto, che abbiamo dovuto salutare con parole di speranza la
pronuncia emessa il 13 febbraio 2024 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nell’affaire
Jann-Zwicker et Jann contro Suisse su un caso avvenuto in Svizzera di morte per
mesotelioma pleurico caduto in prescrizione. Né il procedimento penale avviato nel 2006
dallo stesso interessato per lesione personale grave (ma non coltivato dai tribunali
svizzeri), né il procedimento civile avviato dai prossimi congiunti nel 2009 dopo il decesso,
hanno consentito agli istanti di ottenere un risultato favorevole. Conclusione unanime della
Corte europea dei diritti dell’uomo: «la prescrizione dell’azione promossa dalla vittima ha
comportato una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo»: dell’art. 6 § 1
(diritto a un processo equo) e dell’art. 6 § 1 (quanto alla durata della procedura davanti alle
giurisdizioni nazionali). Dunque, una violazione dovuta al fatto che «lo Stato non ha
ottemperato al suo obbligo di garantire la celerità della procedura davanti al Tribunale
Federale». Con la conseguenza che la Svizzera deve versare agli istanti 20.800 euro per
danno morale e 14.000 per costi e spese. Altro che quel “diritto all’oblio” esaltato dalla
Cassazione in una sentenza del 28 marzo 2019 n. 13582: «trascorso un certo lasso di
tempo dalla commissione del fatto, stante l’attenuarsi delle esigenze di punizione, matura
un diritto all’oblio in capo all’autore del reato».
Raffaele Guariniello
legge
Tre giorni prima della strage nel cantiere della Esselunga a Firenze la Corte europea dei
diritti dell’uomo ha condannato la Svizzera per non aver «ottemperato al suo obbligo di
garantire la celerità della procedura davanti al Tribunale Federale» sulle gravi lesioni
subìte da un lavoratore prescritte dalla lentezza del processo. In Italia la nostra
Cassazione ha riconosciuto nel 2019 il diritto all’oblio anche nei reati più gravi, e la
Procura nazionale sulla sicurezza del lavoro resta confinata nel libro dei sogni quando
potrebbe rendere più incisivo l’esercizio dell’azione penale. Sui lavori in appalto e
subappalto gli obblighi di sicurezza sono già previsti e penalmente sanzionati a carico sia
dei committenti, sia degli appaltatori o subappaltatori, sia dei lavoratori autonomi.
Mancano organici adeguati e preparazione professionale dei controlli per esercitare una
vigilanza sistematica e incisiva sull’applicazione delle norme. E mezzi effettivi ai
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Dunque, gli appelli verbali (o canori) non bastano. È ormai chiaro anche alla luce della più
recente casistica giurisprudenziale che, tra i molteplici problemi che ultimamente
affliggono il mondo della sicurezza sul lavoro, drammatico si sta rivelando quello
riguardante la tutela dei lavoratori delle imprese appaltatrici e subappaltatrici distaccati
presso piccole e grandi aziende committenti. A maggior ragione appaiono, dunque,
inaccettabili i fraintendimenti interpretativi e applicativi esplosi in materia. Non si pensi,
anzitutto, che manchino le leggi. Il Testo unico della sicurezza su lavoro è quanto mai
rigoroso con riguardo ai lavori affidati dal committente a imprese appaltatrici o
subappaltatrici o a lavoratori autonomi, vuoi all’interno della propria azienda, vuoi nei
cantieri temporanei o mobili. E si badi che gli obblighi di sicurezza sono previsti e
penalmente sanzionati a carico sia dei committenti, sia degli appaltatori o subappaltatori,
sia dei lavoratori autonomi.
E allora perché? Perché gli obblighi ci sono, ma non vengono fatti rispettare
sistematicamente. Certo, ci sono gli organi di vigilanza. Ma pesano le carenze sofferte
dagli organici e dalla professionalità di questi organi. Né si obietti che i controlli non
avrebbero una capacità preventiva diretta, nel senso che non è pensabile una vigilanza
che arrivi il giorno prima dell’infortunio e lo scongiuri. Evidente è che occorre, non già una
inimmaginabile vigilanza del giorno prima, bensì la vigilanza sistematica e incisiva in grado
di spingere le imprese all’effettiva osservanza delle norme scritte sulla carta. Un obbiettivo,
questo, che, peraltro, appare irraggiungibile in assenza di un efficace intervento
dell’autorità giudiziaria. Troppo spesso i procedimenti penali non vengono condotti con
l’indispensabile approfondimento o nei tempi necessari per scongiurare la prescrizione dei
reati. Con il dirompente risultato che si diffonde tra le imprese, e tra gli stessi lavoratori,
l’idea che le leggi ci sono, ma possono essere violate impunemente.
Né possono porre rimedio le tante procure della repubblica istituite nel nostro Paese,
ciascuna con una ristretta area di operatività, e per giunta raramente provviste di
specializzazione in materia. Né assume rilievo l’obiezione mossa da taluno secondo cui
l’azione del pubblico ministero sarebbe meramente repressiva, e mai preventiva.
Un’obiezione palesemente contrastante con le molteplici esperienze giudiziarie che in
passato si sono sviluppate sotto il segno di uno stretto connubio tra prevenzione e
repressione congiuntamente volte a garantire l’osservanza delle norme antinfortunistiche
penalmente sanzionate a prescindere dalla sussistenza di un delitto di omicidio o di
lesione personale consistente in un infortunio o in una malattia professionale.
Purtroppo, continua a rimanere scritta nel libro dei sogni la proposta di creare una procura
nazionale sulla sicurezza del lavoro. Una proposta che nessuno dei governi che si sono
succeduti in questi anni ha saputo realizzare. E aggiungo che quanto mai preziosa si è
rivelata l’esperienza che ha condotto in alcuni Tribunali ad affidare i procedimenti in
materia di sicurezza sul lavoro a Sezioni specializzate.
E ancora. Non dimentichiamo di accompagnare lo stesso Rappresentante dei Lavoratori
per la Sicurezza (Rls) nel mondo degli appalti e dei cantieri, a maggior ragione dopo la sua
prima condanna per un infortunio mortale pronunciata dalla Cassazione il 25 settembre
2023.
Certo, si tratta di una dimensione imbarazzante, e – temo – usualmente trascurata,
dell’impegno affidato all’Rls. Eppure, tra le sue attribuzione, il Tusl (Testo unico della
sicurezza sul lavoro), all’art. 50, comma 1, lettera a), indica quella di visitare i luoghi di
lavoro, e per luoghi di lavoro s’intendono non solo i locali aziendali, ma – insegna
pacificamente la Cassazione – «ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per
provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività», e, dunque,
anche ogni luogo in cui si svolga un appalto o un subappalto o un cantiere. Sicché più che
mai chiedo alle organizzazioni sindacali (ma anche al legislatore): su quali risorse di
tempo, di mezzi, di autonomia, può concretamente contare l’Rls chiamato a svolgere
compiti tanto impegnativi?
È tutto dire, a questo punto, che abbiamo dovuto salutare con parole di speranza la
pronuncia emessa il 13 febbraio 2024 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nell’affaire
Jann-Zwicker et Jann contro Suisse su un caso avvenuto in Svizzera di morte per
mesotelioma pleurico caduto in prescrizione. Né il procedimento penale avviato nel 2006
dallo stesso interessato per lesione personale grave (ma non coltivato dai tribunali
svizzeri), né il procedimento civile avviato dai prossimi congiunti nel 2009 dopo il decesso,
hanno consentito agli istanti di ottenere un risultato favorevole. Conclusione unanime della
Corte europea dei diritti dell’uomo: «la prescrizione dell’azione promossa dalla vittima ha
comportato una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo»: dell’art. 6 § 1
(diritto a un processo equo) e dell’art. 6 § 1 (quanto alla durata della procedura davanti alle
giurisdizioni nazionali). Dunque, una violazione dovuta al fatto che «lo Stato non ha
ottemperato al suo obbligo di garantire la celerità della procedura davanti al Tribunale
Federale». Con la conseguenza che la Svizzera deve versare agli istanti 20.800 euro per
danno morale e 14.000 per costi e spese. Altro che quel “diritto all’oblio” esaltato dalla
Cassazione in una sentenza del 28 marzo 2019 n. 13582: «trascorso un certo lasso di
tempo dalla commissione del fatto, stante l’attenuarsi delle esigenze di punizione, matura
un diritto all’oblio in capo all’autore del reato».
Raffaele Guariniello