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thyssenkrupp: il carcere per il padrone
(da slai cobas sc)
pennatagliente
Ago 20
L'ingresso della fabbrica in corso Regina Margherita
"Dopo 5726 giorni il signor Harald Espenhahn, dopo tanto correre, scappare dalla giustizia
ha varcato la soglia del carcere. Non è un risarcimento, non è vendetta. È solamente
l'unico epilogo che si sarebbe già dovuto compiere da tempo e che è stato solo
rimandato". Antonio Boccuzzi, l'operaio sopravvissuto poi diventato parlamentare del Pd,
commenta notizie provenienti dalla Germania secondo le quali l'allora amministratore
delegato dell'azienda il 10 agosto ha cominciato a scontare la parte detentiva della
condanna inflitta in Italia. "Quei 5 anni - continua - saranno ulteriormente ridimensionati. Lo
sappiamo e non ci facciamo strane o vane illusioni, ma un passo è stato compiuto e
questo non ce lo porta via nessuno".
Il murale in corso Valdocco che ricorda la tragedia della Thyssen
La vicenda giudiziaria legata alla strage della Thyssen è stata travagliata. In Italia il
processo era stato istruito dal pm Raffaele Guariniello, che aveva coordinato indagini
rapidissime con cui aveva dimostrato l’atteggiamento colpevole dei vertici dell’azienda che
avevano trascurato consapevolmente gli aspetti legati alla sicurezza in vista delle
dismissioni dell’impianto e per questo aveva contestato il reato di omicidio volontario con
dolo eventuale. L’imputazione però non resse nei successivi gradi di giudizio e venne
riqualificata in omicidio colposo con colpa cosciente e alla fine dopo una serie di ulteriori
passaggi tra appello e cassazione, furono confermate sei condanne. La pena più alta fu di
9 anni e 8 mesi all'ad Harald Espenhahn, quella più bassa, di 6 anni e 3 mesi per i
manager Marco Pucci e Gerald Priegnitz. Condannati inoltre gli altri dirigenti Daniele
Moroni a 7 anni e 6 mesi, Raffaele Salerno a 7 anni e 2 mesi e Cosimo Cafueri a 6 anni e
8 mesi.
Le sette vittime della Thyssen
Tuttavia mentre per gli italiani si iniziò subito a scontare la pena nelle carceri italiane, per i
due manager tedeschi le cose si complicarono, a partire dal fatto che in Germania il codice
prevede che la pena per l’omicidio colposo non possa superare i 5 anni di detenzione. Ma
ancora molte pagine dovevano essere scritte, tanto che nel frattempo i familiari delle
vittime – che a più riprese avevano sollecitato il governo di fare pressioni diplomatiche
sulla Germania – avevano anche presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti
dell’uomo lamentando le lungaggini della vicenda processuale. Nel luglio 2020 Gerald
Priegnitz era andato in carcere, non prima aver ottenuto (prima ancora di iniziare la
detenzione) la semilibertà, che gli ha consentito di continuare a lavorare per la
multinazionale e di andare solo a dormire in cella la sera. Secondo quanto riferito
dall’emittente tedesca Wdr, da novembre 2022 Priegnitz è stato scarcerato per buona
condotta ed è libero.
Harald Espenhahn, invece, aveva tentato altri ricorsi, uno al tribunale di Hamm (subito
respinto), l’altro alla Corte costituzionale tedesca, in cui lamentava che in Italia sarebbero
state violate alcune norme sul giusto processo in particolare sulle traduzioni degli atti
processuali, sulla mancanza di motivazione del suo coinvolgimento nel rogo. La Corte si
era presa sei mesi di tempo per decidere ma continue proroghe hanno allungato i tempi
della giustizia fino ad ora. Nei giorni scorsi i giudici hanno rigettato la sua richiesta e il
manager è andato in carcere.
(da slai cobas sc)
pennatagliente
Ago 20
L'ingresso della fabbrica in corso Regina Margherita
"Dopo 5726 giorni il signor Harald Espenhahn, dopo tanto correre, scappare dalla giustizia
ha varcato la soglia del carcere. Non è un risarcimento, non è vendetta. È solamente
l'unico epilogo che si sarebbe già dovuto compiere da tempo e che è stato solo
rimandato". Antonio Boccuzzi, l'operaio sopravvissuto poi diventato parlamentare del Pd,
commenta notizie provenienti dalla Germania secondo le quali l'allora amministratore
delegato dell'azienda il 10 agosto ha cominciato a scontare la parte detentiva della
condanna inflitta in Italia. "Quei 5 anni - continua - saranno ulteriormente ridimensionati. Lo
sappiamo e non ci facciamo strane o vane illusioni, ma un passo è stato compiuto e
questo non ce lo porta via nessuno".
Il murale in corso Valdocco che ricorda la tragedia della Thyssen
La vicenda giudiziaria legata alla strage della Thyssen è stata travagliata. In Italia il
processo era stato istruito dal pm Raffaele Guariniello, che aveva coordinato indagini
rapidissime con cui aveva dimostrato l’atteggiamento colpevole dei vertici dell’azienda che
avevano trascurato consapevolmente gli aspetti legati alla sicurezza in vista delle
dismissioni dell’impianto e per questo aveva contestato il reato di omicidio volontario con
dolo eventuale. L’imputazione però non resse nei successivi gradi di giudizio e venne
riqualificata in omicidio colposo con colpa cosciente e alla fine dopo una serie di ulteriori
passaggi tra appello e cassazione, furono confermate sei condanne. La pena più alta fu di
9 anni e 8 mesi all'ad Harald Espenhahn, quella più bassa, di 6 anni e 3 mesi per i
manager Marco Pucci e Gerald Priegnitz. Condannati inoltre gli altri dirigenti Daniele
Moroni a 7 anni e 6 mesi, Raffaele Salerno a 7 anni e 2 mesi e Cosimo Cafueri a 6 anni e
8 mesi.
Le sette vittime della Thyssen
Tuttavia mentre per gli italiani si iniziò subito a scontare la pena nelle carceri italiane, per i
due manager tedeschi le cose si complicarono, a partire dal fatto che in Germania il codice
prevede che la pena per l’omicidio colposo non possa superare i 5 anni di detenzione. Ma
ancora molte pagine dovevano essere scritte, tanto che nel frattempo i familiari delle
vittime – che a più riprese avevano sollecitato il governo di fare pressioni diplomatiche
sulla Germania – avevano anche presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti
dell’uomo lamentando le lungaggini della vicenda processuale. Nel luglio 2020 Gerald
Priegnitz era andato in carcere, non prima aver ottenuto (prima ancora di iniziare la
detenzione) la semilibertà, che gli ha consentito di continuare a lavorare per la
multinazionale e di andare solo a dormire in cella la sera. Secondo quanto riferito
dall’emittente tedesca Wdr, da novembre 2022 Priegnitz è stato scarcerato per buona
condotta ed è libero.
Harald Espenhahn, invece, aveva tentato altri ricorsi, uno al tribunale di Hamm (subito
respinto), l’altro alla Corte costituzionale tedesca, in cui lamentava che in Italia sarebbero
state violate alcune norme sul giusto processo in particolare sulle traduzioni degli atti
processuali, sulla mancanza di motivazione del suo coinvolgimento nel rogo. La Corte si
era presa sei mesi di tempo per decidere ma continue proroghe hanno allungato i tempi
della giustizia fino ad ora. Nei giorni scorsi i giudici hanno rigettato la sua richiesta e il
manager è andato in carcere.