About Rete Ambientalista Al
Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
TERRITORI IN CAMMINO, VERSO IL 18 MAGGIO A ROMA DAVANTI AL MASE
In un acrobatico rivolgimento temporale, dai dibattiti che reclamano giustizia climatica siamo
scivolati, quasi come impotenti spettatori, alle guerre multipolari e coloniali, dalle chimere
della transizione ecologica alla decarbonizzazione col gas fossile e alla ricetta salvifica del
nucleare pulito e sicuro.
E' evidente, anche in attesa del lungo G7 italiano, come l'apparato militare-industriale-
tecnologico intenda gestire la crisi climatica e la transizione ecologica, assicurando profitti e
privilegi per alcuni, i pochi, a danno di altri, i molti, secondo linee di sfruttamento, di confine e
discriminazione di classe, coloniali, sovraniste, di “civiltà”. I nessi inestricabili tra guerra, crisi
energetica e rapace depredazione di risorse, esasperazione del capitalismo fossile e
ipersfruttamento di ogni centimetro di territorio, sembrano costringerci in uno stato di necessità
e passiva accettazione dell’inevitabile adattamento alla crisi climatica, e sistemica. Eppure le
mobilitazioni sotto traccia continuano, a volte riemergono dirompenti da luoghi inattesi, si
manifestano e bucano la scena con tutta la loro forza, ma quasi istantaneamente ritornano
invisibili.
In questo momento non serve un programma teorico che incastri le più diverse posizioni e metta
tutti d'accordo. Serve un piano d'azione che superi i legami effimeri e imponga alle controparti
la legittimità e gli obiettivi delle vertenze sostenute con forza da tante e tanti, ovunque.
Oltre i repertori delle manifestazioni nazionali, troppo spesso confinate nella funzione di mera
rappresentanza, e degli atti simbolici di disobbedienza, serve identificare e presidiare i centri
della produzione e del controllo del businnes as usual fossile, che sia una raffineria o un
oleodotto, un ministero o un vertice dei potenti della terra.
Questo ci insegnano le mobilitazioni di Piombino, Ravenna e Savona contro i rigassificatori;
quelle di Senigallia e della Romagna a seguito degli eventi estremi alluvionali; quelle contro il
carobollette e il carovita, la crisi energetica e gli extraprofitti di Eni, Enel, Multiutility e delle
multinazionali del fossile; quelle contro i gasdotti della Linea Adriatica Snam, le nuove
trivellazioni fossili in Basilicata e Polesine e le trivellazioni geotermiche in Toscana, Umbria e
Lazio; le mobilitazioni contro il nucleare nel Vercellese, Viterbese e in Sardegna; e ancora le
migliaia di persone di #fermiamoilDisastroambientale in presidio davanti alla raffineria Api e nel
lungo corteo dello scorso gennaio a Falconara, e le prossime mobilitazioni a Taranto contro l'ex
Ilva e in Veneto, Campania e Lazio contro gli inceneritori ed il criminale inquinamento
dell’acqua dai PFAS.
Quando le lotte contro la devastazione ambientale e la crisi ecologica globale escono dal vuoto
teorico e dall’astratto generalismo per incrociare i territori in lotta, le forme di resistenza si
esprimono con forza e consenso dirompenti, superano lo stato di minorità imposto, innescano
criticità nel dibattito pubblico e politico, nei media come nelle istituzioni o nelle corporations.
Per tutto questo è necessario che i territori che resistono e lottano siano anche i territori
che camminano insieme, che creano connessioni su iniziative concrete, valorizzando le
vertenze di ognuno, dentro una cornice comune. E’ evidente che il contesto globale, sempre
più dominato dalle strategie di guerra e di accaparramento delle risorse attraverso il puro
esercizio della forza economica e militare, ostruisce in ogni modo le strade che dovremmo e
potremmo percorrere insieme.
Ma è altrettanto evidente come lo stesso contesto globale renda inevitabile e urgente che quelle
strade siano invece percorse, con ogni mezzo necessario e convenuto insieme a chi condivide il
cammino. E’ il tempo di agire, senza temere i propri limiti perché nel tempo che stiamo vivendo
non c’è peggior limite dell’inazione.
Intanto vogliamo tornare a far sentire la nostra voce sotto i palazzi del potere, dove si
decide indisturbatamente delle nostre vite, dove i territori in cammino, che al sacrificio
imposto rispondono con atti di resistenza, possano rendere visibili le loro vertenze e
reclamare le necessarie risposte.
Vogliamo farlo con questo appello che nasce dai contesti territoriali di lotta e si apre a chi
intende praticarlo insieme, nella comune consapevolezza del legame inscindibile tra guerra e
fossile, tra gestione delle risorse energetiche e qualità della nostra vita.
Ci vediamo a Roma, in presidio al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica,
SABATO 18 MAGGIO ALLE ORE 11.
CAMPAGNA PER IL CLIMA FUORI DAL FOSSILE
In un acrobatico rivolgimento temporale, dai dibattiti che reclamano giustizia climatica siamo
scivolati, quasi come impotenti spettatori, alle guerre multipolari e coloniali, dalle chimere
della transizione ecologica alla decarbonizzazione col gas fossile e alla ricetta salvifica del
nucleare pulito e sicuro.
E' evidente, anche in attesa del lungo G7 italiano, come l'apparato militare-industriale-
tecnologico intenda gestire la crisi climatica e la transizione ecologica, assicurando profitti e
privilegi per alcuni, i pochi, a danno di altri, i molti, secondo linee di sfruttamento, di confine e
discriminazione di classe, coloniali, sovraniste, di “civiltà”. I nessi inestricabili tra guerra, crisi
energetica e rapace depredazione di risorse, esasperazione del capitalismo fossile e
ipersfruttamento di ogni centimetro di territorio, sembrano costringerci in uno stato di necessità
e passiva accettazione dell’inevitabile adattamento alla crisi climatica, e sistemica. Eppure le
mobilitazioni sotto traccia continuano, a volte riemergono dirompenti da luoghi inattesi, si
manifestano e bucano la scena con tutta la loro forza, ma quasi istantaneamente ritornano
invisibili.
In questo momento non serve un programma teorico che incastri le più diverse posizioni e metta
tutti d'accordo. Serve un piano d'azione che superi i legami effimeri e imponga alle controparti
la legittimità e gli obiettivi delle vertenze sostenute con forza da tante e tanti, ovunque.
Oltre i repertori delle manifestazioni nazionali, troppo spesso confinate nella funzione di mera
rappresentanza, e degli atti simbolici di disobbedienza, serve identificare e presidiare i centri
della produzione e del controllo del businnes as usual fossile, che sia una raffineria o un
oleodotto, un ministero o un vertice dei potenti della terra.
Questo ci insegnano le mobilitazioni di Piombino, Ravenna e Savona contro i rigassificatori;
quelle di Senigallia e della Romagna a seguito degli eventi estremi alluvionali; quelle contro il
carobollette e il carovita, la crisi energetica e gli extraprofitti di Eni, Enel, Multiutility e delle
multinazionali del fossile; quelle contro i gasdotti della Linea Adriatica Snam, le nuove
trivellazioni fossili in Basilicata e Polesine e le trivellazioni geotermiche in Toscana, Umbria e
Lazio; le mobilitazioni contro il nucleare nel Vercellese, Viterbese e in Sardegna; e ancora le
migliaia di persone di #fermiamoilDisastroambientale in presidio davanti alla raffineria Api e nel
lungo corteo dello scorso gennaio a Falconara, e le prossime mobilitazioni a Taranto contro l'ex
Ilva e in Veneto, Campania e Lazio contro gli inceneritori ed il criminale inquinamento
dell’acqua dai PFAS.
Quando le lotte contro la devastazione ambientale e la crisi ecologica globale escono dal vuoto
teorico e dall’astratto generalismo per incrociare i territori in lotta, le forme di resistenza si
esprimono con forza e consenso dirompenti, superano lo stato di minorità imposto, innescano
criticità nel dibattito pubblico e politico, nei media come nelle istituzioni o nelle corporations.
Per tutto questo è necessario che i territori che resistono e lottano siano anche i territori
che camminano insieme, che creano connessioni su iniziative concrete, valorizzando le
vertenze di ognuno, dentro una cornice comune. E’ evidente che il contesto globale, sempre
più dominato dalle strategie di guerra e di accaparramento delle risorse attraverso il puro
esercizio della forza economica e militare, ostruisce in ogni modo le strade che dovremmo e
potremmo percorrere insieme.
Ma è altrettanto evidente come lo stesso contesto globale renda inevitabile e urgente che quelle
strade siano invece percorse, con ogni mezzo necessario e convenuto insieme a chi condivide il
cammino. E’ il tempo di agire, senza temere i propri limiti perché nel tempo che stiamo vivendo
non c’è peggior limite dell’inazione.
Intanto vogliamo tornare a far sentire la nostra voce sotto i palazzi del potere, dove si
decide indisturbatamente delle nostre vite, dove i territori in cammino, che al sacrificio
imposto rispondono con atti di resistenza, possano rendere visibili le loro vertenze e
reclamare le necessarie risposte.
Vogliamo farlo con questo appello che nasce dai contesti territoriali di lotta e si apre a chi
intende praticarlo insieme, nella comune consapevolezza del legame inscindibile tra guerra e
fossile, tra gestione delle risorse energetiche e qualità della nostra vita.
Ci vediamo a Roma, in presidio al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica,
SABATO 18 MAGGIO ALLE ORE 11.
CAMPAGNA PER IL CLIMA FUORI DAL FOSSILE