About Rete Ambientalista Al
Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Come da testimonianza dell’avvocato Robert Billot, già dal 1976 gli studi evidenziano i
pericoli sanitari dei Pfas, pur se le multinazionali e i loro medici chiudevano i dati nei
cassetti. Non solo le aziende sapevano, anche le Istituzioni sapevano. Sapevano ben
prima che scoppiasse nel 2013 il caso Veneto dopo la chiusura della Miteni. Già dagli
anni ’80 Lino Balza denunciava ondate di scarichi in Bormida ai quali Asl e magistratura
non diedero il nome di Pfas. Già nel 2002 la CGIL con volantino denunciava ai lavoratori
dello stabilimento per nome queste sostanze tossiche e cancerogene. Già nel 2009 Balza
aveva sfidato Solvay col suo medico Giovanni Costa sui giornali e aveva denunciato e
documentato in Procura gli studi scientifici internazionali e, soprattutto, che i Pfas erano
stati rilevati nel sangue dei lavoratori della Solvay di Spinetta Marengo e secretati
dall’azienda. Però solo nel 2022 la magistratura di Alessandria, dopo otto esposti, ha
provveduto al sequestro delle cartelle cliniche!
Dupont negli Stati Uniti utilizzava il Pfoa dell’azienda 3M, in Europa quello prodotto da
Miteni. Dal 1976, ogni anno, le tre aziende conducevano una serie di studi sull’impatto
sanitario e ambientale (anche nell’aria) del composto. Nel 1998,
i ricercatori
della 3M chiudono una ricerca destinata a sconvolgere
il mercato di queste
sostanze. Dopo aver cercato e trovato i Pfas nelle acque potabili delle città vicine al suo
stabilimento in West Virginia, 3M lo cerca nel sangue di chi beve quell’acqua. E lo trova.
«Nel 1998 vi è la certezza del rischio di esposizione e 3M decide di ridurre la produzione
con l’obiettivo di eliminarla», ha spiegato Robert Bilott. La ricerca cui l’avvocato americano
si riferisce è firmata da diversi professionisti, tra cui il medico di Miteni, Giovanni Costa.
Solvay stava finanziando per migliaia di dollari questi studi. Il dirigente Giorgio Canti a
Spinetta Marengo li nascondeva accuratamente (fino al sopralluogo dei Noe nel 2008). E
anche quando, nel 2001 in Europa, nasce Perforce, un team di ricercatori universitari
pagati dalla Commissione europea, Solvay infine riesce a finanziarlo totalmente nel 2005
(e controllarlo). C’è però una allerta dell’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico, spedita all’ Istituto superiore di sanità di Roma (Iss), il quale nel
2007 convoca Miteni e Solvay. Cioè Costa che fornisce i dati relativi all’esposizione degli
operai, i numeri sulla produzione in tonnellate e comunica l’avvenuta costruzione della
barriera idraulica per fermare l’inquinamento nelle acque sotterranee di Miteni verso
l’esterno. Non dice però che le analisi da lui stesso commissionate nel 2001 al laboratorio
Theolab sul Pfoa in atmosfera, sia in Miteni sia in Solvay (a Spinetta), superano i limiti di
esposizione per i lavoratori indicati dagli Stati Uniti. L’ISS… si complimenta con l’azienda
in una mail riassuntiva dell’incontro.
pericoli sanitari dei Pfas, pur se le multinazionali e i loro medici chiudevano i dati nei
cassetti. Non solo le aziende sapevano, anche le Istituzioni sapevano. Sapevano ben
prima che scoppiasse nel 2013 il caso Veneto dopo la chiusura della Miteni. Già dagli
anni ’80 Lino Balza denunciava ondate di scarichi in Bormida ai quali Asl e magistratura
non diedero il nome di Pfas. Già nel 2002 la CGIL con volantino denunciava ai lavoratori
dello stabilimento per nome queste sostanze tossiche e cancerogene. Già nel 2009 Balza
aveva sfidato Solvay col suo medico Giovanni Costa sui giornali e aveva denunciato e
documentato in Procura gli studi scientifici internazionali e, soprattutto, che i Pfas erano
stati rilevati nel sangue dei lavoratori della Solvay di Spinetta Marengo e secretati
dall’azienda. Però solo nel 2022 la magistratura di Alessandria, dopo otto esposti, ha
provveduto al sequestro delle cartelle cliniche!
Dupont negli Stati Uniti utilizzava il Pfoa dell’azienda 3M, in Europa quello prodotto da
Miteni. Dal 1976, ogni anno, le tre aziende conducevano una serie di studi sull’impatto
sanitario e ambientale (anche nell’aria) del composto. Nel 1998,
i ricercatori
della 3M chiudono una ricerca destinata a sconvolgere
il mercato di queste
sostanze. Dopo aver cercato e trovato i Pfas nelle acque potabili delle città vicine al suo
stabilimento in West Virginia, 3M lo cerca nel sangue di chi beve quell’acqua. E lo trova.
«Nel 1998 vi è la certezza del rischio di esposizione e 3M decide di ridurre la produzione
con l’obiettivo di eliminarla», ha spiegato Robert Bilott. La ricerca cui l’avvocato americano
si riferisce è firmata da diversi professionisti, tra cui il medico di Miteni, Giovanni Costa.
Solvay stava finanziando per migliaia di dollari questi studi. Il dirigente Giorgio Canti a
Spinetta Marengo li nascondeva accuratamente (fino al sopralluogo dei Noe nel 2008). E
anche quando, nel 2001 in Europa, nasce Perforce, un team di ricercatori universitari
pagati dalla Commissione europea, Solvay infine riesce a finanziarlo totalmente nel 2005
(e controllarlo). C’è però una allerta dell’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico, spedita all’ Istituto superiore di sanità di Roma (Iss), il quale nel
2007 convoca Miteni e Solvay. Cioè Costa che fornisce i dati relativi all’esposizione degli
operai, i numeri sulla produzione in tonnellate e comunica l’avvenuta costruzione della
barriera idraulica per fermare l’inquinamento nelle acque sotterranee di Miteni verso
l’esterno. Non dice però che le analisi da lui stesso commissionate nel 2001 al laboratorio
Theolab sul Pfoa in atmosfera, sia in Miteni sia in Solvay (a Spinetta), superano i limiti di
esposizione per i lavoratori indicati dagli Stati Uniti. L’ISS… si complimenta con l’azienda
in una mail riassuntiva dell’incontro.