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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

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Partendo da Spinetta Marengo, come il Po è diventato il fiume più contaminato
d’Europa.
• Sono le ore 7 di un mattino estivo e nel parcheggio dell’Istituto sulle Acque del
Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Brugherio i ricercatori Sara Valsecchi e
Stefano Polesello caricano due auto per una nuova missione. Destinazione:
Piemonte. Una Panda bianca parte alla volta del fiume Po per raccogliere le
acque che arrivano nel mar Adriatico, mentre in una Renault Kangoo verde,
Valsecchi e Polesello si dirigono verso Alessandria dove i fiumi Bormida e Tanaro
confluiscono nel Po. “Il cC6O4 ormai qui è ovunque, lo troviamo nelle uova degli
uccelli selvatici che abitano sul Bormida, ma anche nei terreni agricoli vicino allo
stabilimento di Solvay”, spiega Valsecchi mentre etichetta le provette di acqua
raccolta dallo scarico. Clicca qui il video e leggi:
• Cosa sono i Pfas
• La contaminazione Pfas in Italia
• I Pfas e la salute
• I processi per inquinamento ambientale
• I Pfas nel cibo
• Le possibili soluzioni
La lettura dura 29 minuti ed è importante e abbastanza completa. Ci permettiamo di
integrare l’informazione,



Lo scarico.
Ci permettiamo di integrare l’informazione, sottolineando che, nel 2009, è il primo di una
serie di esposti a firma di Lino Balza alla Procura della Repubblica di Alessandria che ha
denunciato la presenza nel sangue dei lavoratori Solvay di Spinetta Marengo
(Alessandria) di PFOA, ADV e cC6O4. E abbiamo individuato con un video lo scarico
Solvay in Bormida. In pari data, abbiamo condotto una campagna nazionale per la messa
al bando dei PFAS, denunciando anche ai massimi livelli sanitari la presenza del veleno
nel sangue dei lavoratori, a loro volta addirittura donatori di sangue. Il libro “Ambiente
Delitto Perfetto” e il Sito del Movimento di lotta per la salute Maccacaro ne parlano
diffusamente.
Dunque, come dimostrato dalla nostra denuncia del 2009, malgrado la denuncia
il cC6O4, brevettato nel 2011, è stato prodotto senza autorizzazione fino al 2020: un
decennio in cui Solvay arriva a produrne 40 tonnellate l’anno. Alla Commissione
parlamentare d’inchiesta sulle ecomafie, dunque, hanno mentito il direttore dello
stabilimento Andrea Diotto e Claudio Coffano responsabile delle autorizzazioni ambientali
della Provincia di Alessandria.
Infine, in Italia nella scorsa legislatura è già stato presentato in Senato da Mattia Crucioli
un Disegno di Legge che vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di
prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e
di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che
da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti,
praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei
lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.
Il dossier “Pfas. Basta!”, di oltre 400 pagine, è disponibile per chi ne fa richiesta.

Solvay a testa bassa per far fallire il piano europeo
di bando ai PFAS.
Il piano europeo ideato con il fine di vietare le sostanze chimiche dannose sta fallendo: è
quanto sostengono l’associazione ClientEarth e l’Ufficio Europeo per l’Ambiente (EEB) –
una rete composta da 180 organizzazioni ambientaliste – sulla base di un
loro rapporto che ha analizzato i progressi fatti ad un anno dalla messa a punto del
progetto. Nell’aprile 2022, infatti, la Commissione europea aveva annunciato di voler
sostanzialmente vietare numerose sostanze chimiche nocive presenti nei prodotti di largo
consumo, pubblicando una tabella di marcia da cui emergeva che in un tempo
relativamente breve migliaia di esse, a cominciare dai PFAS, dovrebbero appunto essere
messe al bando. Purtroppo i progressi fatti nel corso di un anno si dimostrano ben poco
rassicuranti.

Solvay non ha interrotto le produzioni di Spinetta Marengo, il sindaco di Alessandria non
ha emesso ordinanza di fermata degli impianti.

Valsusa: 30 milioni di euro per militarizzare il
cantiere TAV.

Continua il processo nei confronti degli attivisti del centro sociale torinese Askatasuna,
particolarmente attivo nelle proteste contro il Tav. Susa. L’anno scorso la Procura di
Torino li ha accusati di formare un’associazione a delinquere; nelle varie udienze del
processo, si sono aggiunti dettagli alla spesa che lo Stato italiano sostiene ogni giorno per
proteggere i siti preparatori della TAV da contestazioni. In Aula è emerso che, durante il
processo di militarizzazione del territorio, sono stati spesi negli ultimi 10 anni circa 30
milioni di euro in filo spinato, jersey di cemento e barriere alte 5 metri sparse tra i
boschi, elementi che hanno rovinato il volto naturale dell’area, come raccontato da
Nicoletta Dosio: clicca qui articolo . Un’altra spesa collaterale riguarda l’autoporto di San
Didero: l’area è stata delimitata da recinzioni e filo spinato, sorvegliata giorno e notte da
decine di carabinieri e poliziotti, per un costo totale di oltre 5 milioni di euro; un’area
fantasma, con i lavori bloccati da problemi vari nell’assegnazione dell’appalto.
In un’altra udienza, lo Stato ha chiesto un risarcimento per la prolungata esposizione dei
poliziotti ai gas lacrimogeni utilizzati per sedare le proteste dei manifestanti. Un
risarcimento che nasconde l’ammissione della pericolosità e tossicità dei gas lacrimogeni,
classificati come armi chimiche.






Siamo venuti già picchiati.



Primo maggio a Torino: ecco perché non hanno manganellato i No Tav.


Misure urgenti contro l’inquinamento atmosferico
e il cambiamento climatico.
Le Società medico-scientifiche e la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici
Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) sostengono l’appello. L’istanza è stata sottoscritta
in occasione delle Giornate Italiane Mediche per l’Ambiente (GIMA) ed è promossa dall’
Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE) Italia e dell’Associazione Italiana di Epidemiologia
(AIE) Leggi qui l’appello completo
Torino: nasce “Resistenza Verde”.
In occasione della Giornata mondiale della Terra, centinaia di persone hanno pedalato per
le strade di Torino al grido di “Fermate il consumo di suolo nella nostra città”, toccando
alcuni dei luoghi interessati da progetti che, da diversi mesi, sono oggetto di vibranti
contestazioni da parte dei cittadini. “In Bici contro il cemento e il greenwashing” è
stata la prima iniziativa organizzata dalla rete “RESISTENZA VERDE
TORINO”, coordinamento dei comitati costituitosi da poche settimane. LEGGI
L’ARTICOLO >
“LA TERRA CHE CURA. Coltivare campi e relazioni”.
Il corso promuove un cambiamento culturale ponendo al centro l’importanza dei semi, la
cura del suolo, dei modelli di allevamento, della biodiversità, del legame che unisce le
coltivazioni alla promozione del valore della terra in termini di universalità. Clicca qui il
programma.
Un ultimo allarme sulla nuova diga di Genova.
L’esperto consulente e professore universitario di Pianificazione Portuale, Nicola
Capuzzo, muove diverse contestazioni all’opera per come è stata concepita e propone
un’ipotesi alternatva meno costosa e più rapida da realizzare. Clicca qui.


Il rigassificatore incombe su Ravenna.
Ravenna non ha ancora elaborato il lutto delle “vecchie” nocività industriali che hanno
violentato il territorio negli ultimi 50 anni che, ecco, vengono “regalati” dai decisori politici,
subalterni al potere economico, ulteriori gravi rischi, clicca qui Rete Nazionale
Lavoro Sicuro, AEA- associazione esposti amianto e rischi per la salute.

Fermiamo l’escalation della follia. Ti invitiamo a marciare per la pace da
Perugia ad Assisi. Per aderire clicca sul titolo.








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