Notiziario n.28

Notiziario n.28, updated 9/2/23, 1:45 PM

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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

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6 Settenbre2023 - n. 28

Organo d’informazione di ECOITALIASOLIDALE



IN QUESTO NUMERO:
E’ stata dura… – pag. 2

La questione migranti “ Gli ultimi giorni di Pompei” - pag. 3

La pagina della scienza del prof. Campanella – pag. 9
Il mistero del simbolo del labirinto – pag. 11


Le Rivelazioni - pag. 14
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E’ STATA DURA…


Confessiamolo onestamente: “ L’estate 2023 (e non è ancora finita) ci ha fatto soffrire sia di giorno che di
notte con temperature fortemente anomali e tassi di umidità insopportabili”.
Con l’arrivo, anche se brusco e a tratti violento, di un fronte meteo atlantico più freddo, le temperature
sono momentaneamente scese a livelli normali. Abbiamo detto “momentaneamente” perché prima della
fine di settembre temiamo il ritorno di una nuova bolla di caldo africano.
Tra qualche mese comunque ci dimenticheremo di questa eccezionale estate infuocata e riprenderemo a
programmare le ferie del prossimo anno, non pensando più che l’inferno di fuoco africano potremmo
ritrovarlo un’altra volta già a partire dalla prossima primavera.

Gli scienziati sia dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che del NOAA (National Oceanic
and Atmospheric Administration) ci informano che in futuro rimpiangeremo l’estate 2023 perché
potrebbe risultare la più “fresca” di tutto il 21esimo secolo.
E allora?
Forse è giunto il momento di prendere decisioni per il nostro futuro che, stando ai recenti segnali
meteoclimatici, dovremmo sempre di più affrontare in situazioni critiche come: siccità prolungate,
incendi di boschi, bolle di calore insopportabili, nubifragi vari ecc.
In tutto questo il futuro dell’umanità in ambito di adattamento ai cambiamenti climatici va rivisto
profondamente, nonostante i negazionisti continuino a dirci che infondo non dobbiamo preoccuparci
perché tutto rientra nella normalità dei “flussi periodici climatici”. Comunque la profonda mutazione
climatica in atto vuol dire iniziare a pensare a decisi cambiamenti anche dei nostri comportamenti
individuali e sociali. Nel frattempo, però, i nostri governanti dovranno trovare risposte rapide alle lunghe
siccità, a proteggere le nostre foreste dagli incendi estivi, a mettere in sicurezza da nubifragi e tornado le
nostre città, a provvedere alla salute dei più fragili che possono soccombere a temperature troppo alte,
ecc. ecc.
A questo punto ci chiediamo: “I nostri governanti saranno all’altezza di trovare risposte concrete a
questo nuovo scenario climatico?”
Noi ci auguriamo di si, in caso contrario non ci resterebbe che pregare…..

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GLI ULTIMI GIORNI DI POMPEI

Prima come Accademia Kronos ora come Ecoitaliasolidale, il problema dei flussi migratori ci ha sempre
interessato profondamente, affrontando la questione con una metodologia più scientifica anziché
emotiva e giornalistica, come invece accade oggi. Il problema migrazione l’abbiamo studiandolo a fondo
e non seduti sugli scranni parlamentari o dietro una scrivania, ma andando direttamente nei posti dove
inizia il problema.


Da qualche tempo assistiamo attoniti ad interventi nei principali talk show televisivi di personalità del
mondo politico che dimostrano una profonda ignoranza nei confronti del problema, nonché superficialità
e presappochismo. A questo punto a noi della redazione corre l’obbligo, di consigliare a questi signori la
lettura di un nostro dossier, realizzato un paio di anni fa che affronta seriamente il problema all’origine.
PROBLEMA MIGRAZIONE
DEI POPOLI
Marzo 2023

Foto Ennio La Malfa

Questa breve pubblicazione può essere richiesta direttamente alla nostra redazione che avrà poi cura di
inviarla online.
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Da questo nostro dossier, tuttavia, ci interessa estrapolare alcuni passaggi che riteniamo utili per far
comprendere meglio la portata reale del problema migrazione dei popoli. Abbiamo così scelto l’aspetto
demografico, quello legato al peggioramento climatico e quello culturale, in quest’ultimo caso
avvalendoci della testimonianza di un indiscusso personaggio della Santa Sede.

Cominciamo dalla questione demografica utilizzando come primo approccio due grafici che più di mille
parole ci offrono subito il quadro del primo problema, quello demografico.

2050 Scenario popolazione mondiale


ANNUAL WORKING POPULATION GROWTH RATE 2015_2020 – Nei colori grigio-scuri la popolazione che
più cresce, in rosa-rosso quella in diminuzione (MAPPA creata da Hsbc e pubblicata da “Business Insider”
–ripresa dal sito de LINKIESTA, WWW.LINKIESTA.IT/-)
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Oggi sulla Terra abbiamo superato gli 8 miliardi di individui, nel 2050 supereremo per i più ottimisti i 10
miliardi di abitanti, per i pessimisti i 13 miliardi. La FAO, ma anche l’ONU, a tal proposito ci mettono in
guardia sul rischio che l’eccesso di popolazioni su territori già martoriati dal clima avverso, possa
generare, come già sta accadendo, situazioni decisamente drammatiche in particolare in Africa dove
potrebbero innescarsi nuove guerre ed epidemie.
Nel 2050, solo l’Africa raggiungerà il miliardo e settecento milioni di abitanti, mentre l’india il miliardo e
trecentomila. La Cina invece, stando alle ultime stime, è in calo di natalità e quindi dovrebbe scendere a
meno 53.000 persone. L’Europa, ma questo lo sappiamo, è in forte regressione demografica, ma la
peggiore è l’Italia dove i decessi ormai da anni superano le nascite.
L’Italia è diventato il secondo paese più vecchio del pianeta con un “indice di vecchiaia”, cioè il numero di
persone con più di 65 anni di età, come proporzione rispetto a quelle con meno di 15 anni di età che
ormai è a livelli impressionanti. A gennaio 2020, in Italia risultavano 168,7 anziani ogni 100 giovanissimi.
Quindi non saranno più solo le guerre e la mancanza di risorse primarie a spingere centinaia di milioni di
disperati a cercare di entrare in Europa, ma anche la speranza di trovare spazi sempre più liberi da noi in
Europa a causa del crollo delle nascite.
Tralasciando il dramma delle guerre e delle persecuzioni dei dittatori di diversi stati africani, dobbiamo
affrontare soprattutto la questione climatica che, secondo gli esperti, genererà flussi migratori verso
l’Europa non di migliaia di persone, come assistiamo oggi, ma di milioni e milioni di individui.
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I RIFUGIATI DEL CLIMA

Partiamo da lontano per poi entrare nel tempo attuale:

13.000 anni fa frammenti consistenti di una cometa impattarono sul nostro pianeta, così ci
informano gli scienziati grazie a recentissimi studi e scoperte. Tale evento catastrofico diede
inizio ad una mini era glaciale (Dryas recente) che durò diversi secoli determinando non solo
l’estinzione di gran parte della megafauna terrestre ma anche la scomparsa della cultura Clovis
(cultura preistorica dei nativi americani). Da quel momento ad oggi eventi così catastrofici non si
sono più avuti a livello globale, per cui il genere umano ha potuto continuare a vivere e
prosperare in zone della Terra caratterizzate da un intervallo di temperature medie molto
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ristretto che sta tra gli 11 e i 15 gradi: condizioni che consentivano di praticare l’agricoltura,
allevamento ed altre attività. Da quel momento l’umanità si è potuta evolvere senza più traumi,
a parte fenomeni negativi localizzati in limitate aree della Terra.
Tutto questo fino a qualche anno fa, ora, ci dicono sempre gli scienziati, dobbiamo prepararci ad
un profondo cambiamento climatico, più di quanto sia avvenuto negli ultimi 10mila anni. Più di
un terzo della popolazione mondiale si ritroverà a vivere in ambienti con una temperatura
media attorno ai 29 gradi, quella che oggi si registra nel quasi un per cento della superficie
terrestre, con punte superiori ai +50°C. Non solo, con l’inevitabile aumento del livello degli
oceani, molte terre finiranno per essere sommerse. Un esempio reale già adesso è l’arcipelago
dell’Oceano Pacifico, conosciuto come Kiribati che sta per essere completamente inghiottito dal
mare. Ma non solo questo, il problema interessa gran parte del pianeta, in particolare la
situazione sta diventando drammatica per il Bangladesh e le Maldive. Questo per quanto
riguarda l’innalzamento del mare, nella terraferma la situazione è già drammatica, a parte gli
incendi che a causa del riscaldamento globale stanno devastando gran parte delle foreste della
Terra, ma quello che già oggi può determinare la vita o la morte di intere popolazioni è la siccità
che da un decennio sta pesantemente colpendo gli Stati del cosiddetto Corno D’Africa, nonché
gran parte del Medioriente e ultimamente anche la nostra Italia. L’ultimo studio dell’IPCC
(Intergovernmental Panel on Climate Change) ci dice che entro il 2070 le zone estremamente
calde come il Sahara e che ora ricoprono meno dell’1 % della superficie terrestre potrebbero
estendersi a quasi un quinto del territorio del pianeta.
Fra le inevitabili conseguenze di tutto questo, studi non solo dell’IPCC, ma di altri importanti
enti internazionali di ricerca, parlano di un cambiamento nella distribuzione geografica della
popolazione, cioè migrazioni di massa, che si verificheranno comunque e nonostante le barriere
psicologiche, sociali e politiche, poiché non esiste adattamento più naturale a un clima
sfavorevole se non quello di migrare. Problemi geopolitici drammatici, alcuni dei quali possono
portare a nuove guerre. Tempo fa sul quotidiano New York Times apparve uno studio in cui si
dava per scontato che le perdite di raccolti a causa della siccità e dell’invasione delle locuste,
nonché la conseguente disoccupazione, erano in gran parte responsabili dell’inizio delle rivolte
della primavera araba in Egitto e in Libia.
La Banca Mondiale, nel 2018, studiando gli effetti del cambiamento climatico in atto in tre
regioni (Africa subsahariana, Asia meridionale e America Latina) ha stimato migrazioni interne
(cioè all’interno dei propri confini, dalle aree rurali alle città vicine) di 143 milioni di persone
entro il 2040: 86 milioni di persone in Africa, 40 milioni in Asia del Sud, 17 milioni in America
Latina.
Ma qui si parla di migrazioni interne, da aree rese invivibili da siccità o dall’innalzamento dei
mari, verso zone più sicure ma sempre nel proprio Paese o continente. La FAO tuttavia ci mette
in guardia che presto nuove migrazioni legate al clima potrebbero aggiungersi a quelle già in
atto legate alla guerra, alle persecuzioni, nonché a motivi economici. Se la temperatura media
globale del pianeta dovesse aumentare ancora e arrivare a +2°C. allora le migrazioni dei
disperati del clima potrebbero essere “bibliche”. In effetti si parla di circa un miliardo di persone
entro il 2100 che cercherà rifugio in nazioni meno devastate dai cambiamenti climatici e, quindi,
verso l’Europa e il Nord America.
Il Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration, il documento approvato nel dicembre
del 2018 dall’Assemblea dell’ONU con il voto contrario, tra gli altri, degli Stati Uniti, chiede
esplicitamente che i governi facciano dei piani per prevenire le migrazioni climatiche e per
aiutare le persone che saranno costrette a spostarsi per questi motivi. Anche gli accordi sul clima
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di Parigi del 2015 hanno chiesto esplicitamente che un comitato speciale istituito alla
Conferenza sul Clima di Varsavia del 2013 si occupi di preparare delle linee guida per definire
giuridicamente i migranti ambientali. Qualunque azione sarà fatta e quando sarà fatta, ”farà la
differenza”, conclude lo studio del New York Times.
«Ma la finestra temporale per agire si sta
per chiudere» E purtroppo ad oggi lo stato di rifugiato climatico a livello internazionale non
esiste.
I rifugiati ambientali e climatici non sono riconosciuti a livello internazionale da un trattato o un
accordo formale - La Convezione di Ginevra sui rifugiati, elenca una serie di situazioni che
determinano lo status di rifugiato che però non sono riconducibili a condizioni ambientali. La
Convenzione di Ginevra, nata nel 1951, non include la figura del rifugiato climatico e questo
semplicemente per il fatto che nel 1951 il problema dei cambiamenti climatici era sconosciuto.
Quindi la convenzione tutela chi fugge da guerre, persecuzioni religiose, politiche e comunque
da realtà sociali.
Sta comunque di fatto che il peggiorare del clima sul nostro pianeta, indurrà presto intere
popolazioni a migrare verso aree della Terra meno invivibili e, quindi, a trovarci non più a gestire
flussi migratori di migliaia di persone, ma inevitabilmente di milioni di persone tutte insieme…
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In conclusione riteniamo importante, ai fini di questo servizio, riportare l’intervista fatta alcuni anni fa al
cardinale Robert Sarah, che vive e gestisce la Chiesa Cattolica in Africa.

Sarah sulle migrazioni di massa: "Occidente rischia
di sparire"
Il cardinale Robert Sarah, all'interno di un'intervista, avverte l'Occidente sul rischio sparizione: la
Chiesa non dovrebbe assecondare le migrazioni di massa. Il rischio? Finire come Roma invasa dai
barbari
Francesco Boezi – pubblicato il 03/04/2019
Il cardinal Robert Sarah, pur essendo considerato il "leader" spirituale dei conservatori, non si è
mai discostato da papa Francesco.

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Per il cardinale l'accoglienza dei migranti, nella pastorale del pontefice argentino, ha assunto i tratti di un
mantra, di un diritto assoluto estendibile erga omnes, di un punto programmatico prioritario non
soggetto a dialettica. Ma la realtà è un'altra cosa.
Nel suo terzo libro, scritto insieme al giornalista francese Nicolas Diat, il cardinale si è interessato
soprattutto alla "decadenza del nostro tempo" , che Robert Sarah considera alla stregua di un "peccato
mortale". "Si avvicina la sera e il giorno è ormai al termine" - questo è il titolo del libro in questione -
appare soprattutto come un monito, l'ennesimo, sul tramonto della civiltà occidentale. Ci sono dei
passaggi accorati in cui l'alto ecclesiastico attacca quei "pastori" che hanno "paura di parlare con tutta la
verità e la chiarezza".
Robert Sarah sembra pensare, in sintesi, che il decadimento occidentale non dipenda dalla Chiesa
cattolica, ma che i cattolici abbiano il dovere di far fronte a un rischio preciso: la scomparsa del Vecchio
Continente nel baratro del nichilismo. Bisogna stare attenti a non presentare il porporato africano come
un critico del pontefice argentino. Semplicemente perché non lo è. Alcuni media stanno rilanciando
un'intervista, che il prefetto ha rilasciato a Valeurs Actuelles: ecco, all'interno di quei virgolettati, come si
apprende su Aleteia, emergono posizioni molto critiche sull'attuale gestione dei fenomeni migratori.
Punti di vista che difficilmente possono essere integrati con la narrativa sull'accoglienza a tutti i costi.
Quella promossa dalla Santa Sede. Robert Sarah, per esempio, riflette in questi termini di coloro che
ricercano sulle nostre coste quello che Stephen Hawking chiamava "Il nirvana di Instagram": Tutti i
migranti che arrivano in Europa - ha puntualizzato - vengono stipati, senza lavoro, senza dignità… È
questo ciò che vuole la Chiesa? La Chiesa non può collaborare con la nuova forma di schiavismo che è
diventata la migrazione di massa". Ma questa è solo la premessa. Sì, perché per il consacrato, l'Europa
vive una situazione tanto emergenziale da rendere possibile un paragone con la fine della civiltà romana,
avvenuta pure per via dell' "invasione dei barbari". E sul dialogo religioso con il mondo musulmano? "Il
mio paese è in maggioranza musulmano - si è limitato ad asserire - . Credo di sapere di cosa parlo". Non è
finita qui.
Il punto più rilevante della riflessione dell'uomo che ancora oggi ricopre uno dei più alti incarichi in
Vaticano è quello in cui si accenna alle "strane organizzazioni umanitarie", che "vangano e rivangano
l'Africa". Le stesse che, stando alla visione di Robert Sarah, suggeriscono ai giovani africani la possibilità
che dietro un viaggio si nasconda una svolta economico - esistenziale. Sembra proprio di poter
interpretare questo passaggio come una critica a certe Organizzazioni non governative. Il pensiero di
Sarah è forte perché credibile: essendo africano, parla con cognizione di causa. Chi, più di lui, può dire di
avere a cuore il destino dei migranti?
**************
Abbiamo intitolato questo servizio “Gli ultimi giorni di Pompei” perché visto l’atteggiamento non solo
della gente comune, ma anche dei nostri governanti sulla questione climatica e migratoria, sembrerebbe
rivivere i primi giorni dell’agosto del 79 d.C. nelle ridenti cittadine di Pompei, Ercolano, Stabia e Oplontis.
Persone allora tranquille, alle prese con la quotidianità, lontane dal minimo sospetto su quello che poi
sarebbe accaduto qualche giorno dopo ed esattamente il 24 agosto.
Certamente noi oggi non dobbiamo temere eruzioni vulcaniche e violenti flussi piroclastici, dobbiamo
invece temere altri flussi, quelli biblici formati da intere popolazioni che fuggono da terre invivibili
cercando da noi la sopravvivenza…
Forse oggi è come trovarci in quel periodo storico tra il 18 e il 20 di agosto, ignari di quello che sarebbe
accaduto qualche giorno dopo? Non esattamente, la differenza tra il lontano passato ed oggi è ben
diversa: quasi tutti ormai sappiamo cosa potrà accadere il “24 agosto”…è allora?
By Ennio La Malfa
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LA PAGINA DELLA SCIENZA


A cura del Prof. Luigi Campanella Docente di Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali
all’Università La Sapienza - luigi.campanella38@gmail.com


I PFAS VANNO MESSI AL BANDO (x) – E’ URGENTE VIETARNE L’USO.

l'uso diffuso dei Pfas ha creato un'eredità tossica irreversibile di contaminazione globale;
l'inquinamento da Pfas sta già colpendo le comunità in tutta Europa e oltre;
i Pfas si accumulano nel nostro corpo e in quello dei nostri figli;
l'esposizione ai Pfas rappresenta una minaccia immediata per la salute umana;
l'inquinamento da Pfas sta alimentando la crisi della biodiversità;
l'inquinamento da Pfas è una minaccia per la nostra acqua potabile;
la presenza di Pfas nei prodotti crea un ostacolo all'economia circolare e un problema di rifiuti, ancora da
risolvere;

Esistono già soluzioni prive di Pfas, ma queste sostanze continuano a essere aggiunte inutilmente a molti
prodotti di consumo. Tutti i Pfas devono essere limitati come un unico gruppo per proteggere le
generazioni attuali e future.
In Europa, Stati come i Paesi Bassi, la Danimarca, la Germania, la Svezia e la Norvegia hanno presentato
una proposta per la messa al bando dei Pfas. L'Italia, nonostante si moltiplichino a livello globale le
iniziative legislative, rimane al momento inattiva.
Per questo motivo associazioni e comitati italiani, insieme a oltre 120 organizzazioni europee, hanno
sottoscritto il Ban Pfas Manifesto: Cgil Vicenza, Greenpeace Italia, Isde Italia, Italia Nostra Veneto,
Mamme No Pfas, Medicina Democratica, Pfas.land, Transform! Italia.
Il manifesto è disponibile online e dovrebbe essere diffuso da tutti i cittadini che auspicano di vivere in
un mondo più sano e salubre. La salute e l'ambiente è un nostro diritto: le tecnologie e le soluzioni pulite
per vivere in modo moderno ma sano esistono. Quello che manca è la volontà politica.
(x) PFAS: che cosa sono?
Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), o acidi perfluoroacrilici, sono una famiglia di composti chimici
ampiamente utilizzati dall’industria in quanto idrorepellenti e oliorepellenti. Per semplificare si tratta
di acidi molto forti, resistenti ai maggiori processi naturali di degradazione. Questa azione deriva dalla
sostituzione degli atomi di idrogeno, comunemente presenti nelle sostanze, con atomi di fluoro
attraverso dei legami fra carbonio e fluoro.
Si ritrovano ovunque, nella nostra vita quotidiana: dalle pentole antiaderenti, all’abbigliamento e alle
scarpe impermeabili, fino ad alcuni imballaggi alimentari e nei pesticidi.
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Negli ultimi anni i PFAS e i loro derivati sono stati sotto indagine per il loro effetto negativo sull’ambiente
e sulla salute.

LE MICROPLASTICHE
Le microplastiche secondarie prodotte dalla frammentazione di buste e bottiglie di plastica e che
corrispondono a dimensioni inferiori ai 5 mm rappresentano un pericolo sia per l'ambiente, in particolare
marino, dove rappresentano circa l'80% delle microplastiche totali, quantificate dall'ONU in 50mila
miliardi di particelle, sia per l'uomo nel cui organismo si accumulano attraverso la catena alimentare.
Una recente nuova proposta dovuta al dr Marco Caniato propone in collaborazione con l'Università di
Trieste l’utilizzo di un biopolimero polisaccaride estratto dall'alga agar agar per contrastare la dispersione
delle microplastiche nell'ambiente attraverso un processo di gelificazione che porta alla formazione di un
materiale poroso che ha la capacità unica, a prodotto finito, di restituire l'acqua utilizzata durante la
produzione. Il riciclo dei rifiuti plastici è conquista matura della tecnologia, non quello delle
microplastiche descritto nel lavoro di Caniato pubblicato su Sustainable Materials and Technologies.

LA CURVA DI KUZNETS
La curva Kuznets in campo ambientale indica la relazione fra crescita economica e qualità ambientale ed
è caratterizzata dalla classica forma ad U. Mentre le prestazioni economiche nei paesi più poveri portano
ad una perdita di qualità ambientale, nel caso dei paesi ricchi avviene tutto il contrario. Mentre in questi
ultimi si attuano modifiche in favore della qualità ambientale con una visione di lungo periodo, i Paesi
poveri obbligati a ragionare sul breve periodo non possono permettersi variazioni costose che non
abbiano un ritorno immediato perché pressate da bisogni più urgenti. La povertà è dimostrata fra le
condizioni che più gravano sulla ridotta qualità ambientale. Oltre agli aspetti economici i regolamenti
ambientali incidono sulle libertà individuali incluse le libertà della democrazia ed il corrispondente ruolo
dei governi. Libertà e protezione ambientale sono strettamente legate. Lo sviluppo sostenibile può
essere riassunto nel soddisfare i bisogni del presente senza compromettere che lo stessa avvenga per le
generazioni future. Per raggiungere questo traguardo è essenziale che tutti i membri della società siano
capaci di assumere decisioni liberamente ed abbiano accesso alle risorse cosicché possano fare scelte
consapevoli. La protezione ambientale spesso confligge con la libertà individuale, anche se entrambe
viste come parte dei diritti umani. Il dibattito è aperto con posizioni contrastanti ed a favore
alternativamente della prevalenza di uno o dell'altro dei due, la risposta non è perciò facile, aprendo a
possibili compromessi che puntino a proteggere l'ambiente senza incidere in modo restrittivo sulle
libertà individuali.
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NOSCE TE IPSUM

MESSAGGIO DAL LONTANO PASSATO: IL LABIRINTO
Apriamo questa rubrica indagando sui simboli
misteriosi del passato a cui ancora non si è data
una spiegazione esauriente

Incisioni rupestri in Valle Camonica
Esistono alcuni simboli che vengono definiti archetipici. Sono quelli che sembrano appartenere ad una
sorta di memoria collettiva dell’Uomo. Sono quelli che si trovano ripetuti in diverse parti del mondo, in
diverse epoche, con qualche variante ma con lo stesso, sostanziale significato. Un simbolo archetipico
molto antico, che si trova ripetuto in molte civiltà antiche e perfino moderne, è quello del labirinto. Questo
simbolo antico ricorre frequentemente, tanto da rendere difficile scoprire la sua vera origine primigenia.
Proviamo a scoprire il vero significato del labirinto
IL VERO LABIRINTO
Cominciamo chiarendo subito un concetto che potrebbe non essere del tutto intuitivo: dobbiamo infatti
definire con precisione di quale labirinto stiamo parlando esattamente. In genere per “labirinto” noi
intendiamo una serie di cunicoli e angoli ciechi nel quale ci si può perdere. In tal senso è più che altro un
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rompicapo, un rebus da risolvere in quanto solo una è la strada che conduce all’uscita. Le altre sono chiuse
e non conducono in nessun luogo.
Il labirinto archetipico è un’altra cosa, in quanto è formato da un unico lungo corridoio, che si diparte
dall’inizio, arriva al centro , gira su se stesso e poi torna fuori. Nel suo aspetto tipico è fatto di sette giri
concentrici. Dunque non è un rebus, al suo interno non ci si può perdere. Il significato simbolico che viene
attribuito a questo tracciato è quello del percorso iniziatico o alchemico.
L’individuo deve compiere un viaggio dentro se stesso, fino al suo centro, fino al luogo più oscuro che
alberga nella sua anima. Questa strada non è dritta, è tortuosa, ma non ingannevole. Solo una volta che
ha trovato la sua vera essenza, che è arrivato al midollo delle cose, può tornare indietro, al mondo, e
portare con sé ciò che ha appreso. Ti stupirà sapere che il celeberrimo “labirinto del Minotauro” non è
altro che questo.
Nel suo viaggio fino al centro del palazzo di Cnosso, l’eroe Teseo non corre il rischio di perdersi: corre il
rischio di non riuscire a tornare indietro una volta che avrà fronteggiato il mostro, il Minotauro. Il
Minotauro sono le sue paure, le sue debolezze, le sue deformità interiori. Il filo di Arianna non serve per
ritrovare la strada, ma solo per non dimenticare. Ecco dunque che il “vero” labirinto è solo una spirale che
si aggira su se stessa per condurre sempre a casa.

ORIGINE DEL LABIRINTO
Da un punto di vista prettamente etimologico, pare che la parola “labirinto” derivi proprio dal palazzo di
Cnosso. Su di esso era riportata un’ascia bipenne, che in linguaggio minoico si diceva “labrys”. Il termine in
sé, dunque, non avrebbe alcuna attinenza con il tracciato così come lo intendiamo noi. Ma il labirinto è
molto, molto più antico della civiltà minoica: se ne trovano testimonianze fin dall’epoca Neolitica.
Ciò che incuriosisce maggiormente rispetto a questo simbolo è proprio il fatto che sembra essere condiviso
praticamente da ogni civiltà umana, da quelle più antiche alle più recenti, da quelle vissute negli angoli più
remoti del globo fino a quelle più vicine a Creta e alla Grecia. Nessuno può rivendicare la paternità
del simbolo del labirinto, che sembra essere realmente “patrimonio dell’Umanità”.
Va notata un’ultima cosa: che al centro del labirinto di cui stiamo parlando c’è sempre una croce. Il suo
tracciato comincia infatti con due linee rette che si incrociano formando quattro angoli di 90 gradi. Questa
è la raffigurazione che solitamente si dà anche del Paradiso Terrestre, il luogo in cui si incrociano i fiumi
della vita. L’iconografia del labirinto, ovvero, unisce sia linee rette che linee curve in modo curioso e
primordiale.
Come dicevamo, oggi la lettura che si dà di questa figura è prettamente e meramente simbolica. Non è
detto però che l’interpretazione che i moderni hanno dato di un simbolo tanto ricorrente sia quella giusta.
Il presupposto da cui si parte è che il labirinto sia comune in diversi consessi umani, separati tra loro o dai
secoli o dai chilometri, semplicemente in modo innato, inconscio, per così dire, casuale. Un po’ la stessa
cosa che si dice delle piramidi. Possibile?

LABIRINTI NEL TEMPO
Facciamo una rapida carrellata sui labirinti più importanti di cui abbiamo ritrovato traccia. Nei primissimi
esempi si tratta di petroglifi, ovvero di simboli che sono stati incisi nella roccia. Il labirinto di Mogor, a
Pontevedra, in Spagna, risale al 1800 avanti Cristo circa, in base alle datazioni ufficiali. Si tratta di numerose
incisioni, e non di una sola, che forse sono le più antiche che testimoniano l’uso di questo petroglifo tra le
civiltà antiche.
Possiamo poi citare il labirinto che si trova nel Parco Nazionale delle incisioni rupestri di Naquane, in Val
Camonica, in Italia. Identico a quello citato in precedenza, potrebbe risalire addirittura all’epoca neolitica
(8000-4000 avanti Cristo). Fin qui, siamo ancora più o meno in area mediterranea: ma il simbolismo del
labirinto si trova anche nel Nord Europa.
Ci sono esempi in Scozia, ad Achnabreck, e in Irlanda, a Knowth (tanto per citare i più interessanti). Il
reperto più famoso dell’Irlanda è la celebre “Hollywood Stone“, che però risale all’epoca medievale, per
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quanto non sia mai stata datata con precisione. Ma per trovare altri labirinti possiamo spaziare un po’
ovunque nel mondo, dall’India al Perù (una delle celeberrime linee di Nasca è un labirinto), dalla Finlandia
all’Egitto.
Se c’è qualcosa che possiamo definire “universale” è proprio il simbolo del labirinto, il quale in età
medievale venne abbondantemente usato nelle chiese per indicare il percorso spirituale che dovevano
compiere i pellegrini. Il simbolo ha attraversato i secoli e i millenni senza mutare forma, rimanendo
praticamente identico a se stesso, a volte di forma circolare e solo raramente di forma quadrata. La
domanda è: da dove viene?

UNA MATRICE COMUNE
Ancora una volta, come nel caso delle piramidi, troviamo un po’ ingenuo, o quantomeno riduttivo, liquidare
la presenza universale del simbolo del labirinto come una “coincidenza”. Sembra molto più ragionevole
ipotizzare una fonte comune, una matrice primigenia che poi ha diffuso le sue spore in tutte le civiltà
mondiali. Le ipotesi che si possono fare sono due.
La prima parte da Mu. Nei suoi volumi, il colonnello Churchward illustra ampiamente i simboli da lui
ritrovati (le tavolette di Naacal) e quelli rinvenuti dal professor Niven. Ci sono parecchie spirali, la cui
evoluzione può essere stata il labirinto, ma soprattutto c’è la svastica. La svastica ha due linee rette
incrociate ed egli uncini. Dal suo movimento, si disegnerebbe una spirale/labirinto.
La seconda ipotesi (che non esclude la prima) è Atlantide. Molti commentatori hanno osservato come la
descrizione che Platone fa della sua capitale, costruita in parte sull’acqua e in parte sulla terra,
sembrerebbe descrivere una spirale fatta di cerchi concentrici. Il
labirinto potrebbe essere la
semplificazione grafica di quella città fatta di oricalco e metalli splendenti.
Sono solo sciocchezze? Parecchi rispondono di sì, che l’archetipo del labirinto è innato in ognuno di noi. Ma
quando lo guardiamo a noi sembra più parlare di un luogo concreto che di un luogo astratto. Nel suo
vorticare verso il centro, chissà che non possa condurci, con il tempo, all’esatta spiegazione di tutte le cose.



Il misterioso labirinto della cattedrale di Chartres

By Pinterest

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La pagina di Laura Tussi - saggista e attivista pacifista


Le Rivelazioni: musica, arte e fantasia salveranno il
genere umano dal collasso?
DI LAURA TUSSI
Nel suo ultimo romanzo, Le rivelazioni, Oliviero Sorbini immagina un mondo sull'orlo del baratro a causa
della crisi climatica e della minaccia nucleare. E se la salvezza arrivasse da un gruppo di creativi che
facendo ricorso alle loro arti provano a costruire una nuova società più equa e consapevole? Un romanzo
che mescola fantasia e realtà suggerendo riflessioni su un futuro che potrebbe apparire distopico ma è
tanto possibile quanto probabile.
Voglio partire spiegandovi perché ho sperato che Le rivelazioni fosse pubblicato e potessi scriverne la
prefazione, oltre che la recensione. Con Oliviero Sorbini non ci siamo mai incontrati di persona, ma
certamente abbiamo delle grandi affinità di impegno. E nel nostro essere pacifisti e ambientalisti, da anni
facciamo del nostro meglio perché i nostri movimenti abbiano sempre più forza.
Il nostro consueto modo di operare prevede incontri, manifestazioni, scrivere saggi e articoli e farci
accompagnare dalla musica e da validi musicisti. Siamo consapevoli che solo con l’adesione della maggior
parte delle persone alle nostre tesi potremo di fatto incidere sulla realtà. Siamo antinuclearisti, ossia
contro il nucleare civile e militare, e vogliamo dare il nostro contributo, dal livello locale a quello
mondiale, affinché non si verifichi una catastrofe nucleare a seguito delle vicende attuali della guerra
in Ucraina.
L’autore Oliviero Sorbini
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IL PERCORSO FANTASIOSO E CREATIVO
Leggendo Le rivelazioni mi è stato chiaro che vi sono altre vie per comunicare. La strada della fantasia,
intrapresa da Oliviero Sorbini, può senz’altro contribuire alla crescita del movimento antinucleare e
ambientalista, così come fanno i protagonisti del romanzo che non a caso sono essi stessi artisti di
diversa tipologia: scultori, pittori, scrittori, musicisti. Il romanzo ha una trama musicale e infatti i
protagonisti sono anche musicisti. Le prime pagine del libro sembrano raccontare solo una particolare
esperienza del narratore e nulla fa trapelare l’obiettivo dell’autore di denunciare in realtà il serio pericolo
della fine dell’umanità.
LA DISPERAZIONE DI FRONTE ALL’ANNIENTAMENTO DEL GENERE UMANO

Forse è proprio questa caratteristica del libro che mi ha affascinato: mascherare dietro un
apparentemente innocuo – seppur avvincente – racconto di fantasia con la musica e l’arte sotto varie
morfogenesi, la volontà, quasi la necessità, da parte dell’autore di urlare la disperazione di fronte al
declino del genere umano. Perché, per lo sviluppo della narrazione, una delle conclusioni può essere così
sintetizzata: siamo arrivati così vicino all’estinzione della vita sul nostro pianeta che forse gli esseri umani
da soli non possono più riuscire a salvarsi. Il bene e il male esistono.
Per fare un esempio di attualità, negli ultimi mesi il partito dei nuclearisti sta riprendendo vigore,
prescindendo da qualsiasi motivo razionale, compreso quello economico. Ancora una volta la logica della
speculazione si contrappone al bene comune, alla fantasia, alla musica, all’arte in generale. Per questo
forse abbiamo bisogno della fantasia per combattere l’egoismo di quei pochi che determinano la vita di
tanti, se non di tutti.
Le rivelazioni di Oliviero Sorbini è un romanzo che scaturisce da dimensioni narrative e contenutistiche e
ideali che sconfinano nell’esoterismo per approdare a un costrutto di vite parallele e di storie di vita
soprattutto di personaggi sospesi nell’eterno di una narrazione fantasiosa, fantastica e coinvolgente:
ricca di colpi di scena significativi.
LE STORIE DI ARTISTI E MUSICISTI CONTRO LE EMERGENZE CHE INCOMBONO SULL’UMANITÀ
La ridondanza del racconto delle storie di vita che si intrecciano e trasmutano in altre esistenze è una
prerogativa imprescindibile del testo per una scansione e comprensione ultraterrena e iniziatica. I
personaggi principali sono caratterizzati da un’esistenza dolorosa, ma sono “captati” da proto uomini che
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danno loro la rivelazione della luce, del bene contro il buio e le tenebre del male degli Antiprotouomini. Il
male è proprio ciò che perseguita il nostro quotidiano, ma soprattutto è rappresentato dalle emergenze e
minacce catastrofiche che a livello planetario stanno portando l’umanità al tracollo e il sistema terra al
collasso.
Il testo che rasenta i caratteri di un romanzo fantascientifico e quasi esoterico e approda a alti valori e
ideali ultimi, prende le mosse dall’attivismo per la pace, per il clima e contro il nucleare di tutti noi
attivisti ed ecopacifisti che ci rispecchiamo in prima persona nelle metamorfosi dolorose date dalle
rivelazioni dei personaggi protagonisti. Con la musica e l’arte che possono costituire antidoti contro tutte
queste gravi problematiche.
Importante è il grande messaggio di solidarietà che deriva da questa fluida, ma al contempo avvincente e
toccante lettura. Esseri umani che si aiutano a vicenda contro il dolore esistenziale, il dolore del mondo,
per far fronte ai mali che attanagliano l’ecosistema planetario. July, Diego e Philip, che sono artisti e
musicisti, si incontrano dopo vite parallele con le loro arti come la scrittura, la pittura e la musica, che
mettono costantemente al servizio del bene in un assoluto costrutto letterario, per salvare l’organismo
planetario dalla catastrofe dovuta anche a una potenziale apocalisse nucleare.
NOI ATTIVISTI INSIGNITI DEL PREMIO NOBEL PER LA PACE 2017 PER IL DISARMO NUCLEARE UNIVERSALE
Un romanzo nel romanzo davvero molto originale che riguarda tantissimo tutti noi attivisti per la
nonviolenza e il disarmo insigniti del premio Nobel per la pace 2017 con Ican, rete mondiale per
l’abolizione delle armi nucleari e per il disarmo nucleare universale. Tutti noi come artisti e musicisti e
attivisti, ma soprattutto tutti noi come umanità e tutti giunti a una svolta esistenziale per non cadere nel
buio baratro dell’annientamento e del nulla, siamo i veri protagonisti del racconto con la forza
dell’amore che sovrasta la narrazione.
Siamo arrivati così vicino all’estinzione della vita sul nostro pianeta che forse gli esseri umani da soli non
possono più riuscire a salvarsi
IL BENE PREVALE SEMPRE SUL MALE
Quello di Le rivelazioni è un messaggio educativo e fortemente pedagogico dove il bene prevale sul male.
Il bene volto a contrastare le minacce e le emergenze che incombono sull’intera umanità come
l’annullamento delle specie terrestri in seguito ad un conflitto nucleare o all’impiego dell’energia
nucleare: questo è il pericolo più grande. La lotta delle lotte per un’umanità che deve tutelare il valore
della sua esistenza terrena.
Un rimando di sequenze di vite parallele come nella stesura di una sceneggiatura filmografica e musicale.
Non a caso lo scrittore del libro Oliviero Sorbini è un importante autore televisivo che inquadra i
personaggi e li scandaglia anche e soprattutto a livello psicologico, emotivo e sentimentale. Mi ha detto
Oliviero che sono stata la prima persona a cui ha fatto leggere il suo testo. È stato un passaggio iniziatico,
un karma, un nirvana insolito, un messaggio da trasmettere di generazione in generazione, di esistenza in
esistenza, da persona a persona, da uomo a donna.

by Laura Tussi


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