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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Un’analisi partita dallo stato di salute del Sistema sanitario pubblico: «La tenuta del SSN è
prossima al punto di non ritorno – ha commentato Cartabellotta – i princìpi fondanti di
universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi e che si sta lentamente
sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce socio-
economiche più deboli, gli anziani e i fragili, chi vive nel Mezzogiorno e nelle aree interne e
disagiate».
Il definanziamento cronico del SSN
Negli ultimi 15 anni, tutti i governi hanno progressivamente ridotto il finanziamento della
sanità pubblica, considerandola un costo da tagliare piuttosto che un investimento
strategico.
Dal 2010 al 2024, il Fabbisogno Sanitario Nazionale è aumentato di soli 28,4 miliardi di
euro, ma gran parte delle risorse aggiuntive sono state assorbite dalla pandemia e
dall’aumento dei costi energetici. Le previsioni per il futuro indicano un ulteriore calo del
rapporto spesa sanitaria/PIL, confermando la tendenza al sottofinanziamento. A fronte di
una crescita media annua del PIL nominale del 2,8%, nel triennio 2025-2027 il Piano
Strutturale di Bilancio il rapporto spesa sanitaria/PIL si riduce dal 6,3% nel 2024-2025 al
6,2% nel 2026-2027.
La crescente pressione economica sulle famiglie
Nel 2023, l’aumento della spesa sanitaria (+€ 4.286 milioni) è stato sostenuto interamente
dai cittadini come spesa diretta (+€ 3.806 milioni) o tramite fondi sanitari e assicurazioni
(+€ 553 milioni): la spesa delle famiglie è cresciuta del 10,3% in un solo anno. L’accesso
alle cure è sempre più legato alla capacità economica, con 4,5 milioni di persone che
hanno rinunciato a visite o esami per motivi economici.
Il crollo della spesa per la prevenzione
Nel 2023, i fondi per la prevenzione delle malattie sono stati ridotti di quasi il 19%,
aggravando ulteriormente la fragilità del sistema. Rispetto al 2022, lo scorso anno la spesa
per i “Servizi per la prevenzione delle malattie” si è ridotta di ben € 1.933 milioni (-18,6%).
La prevenzione, sebbene essenziale per la sostenibilità sanitaria a lungo termine, continua
a essere penalizzata dalle scelte di bilancio.
La crisi del personale sanitario
Il SSN sta affrontando una crisi senza precedenti nel reclutamento e nella gestione del
personale sanitario. L’abbandono del servizio pubblico è in costante crescita: tra il 2019 e
il 2022 si sono persi oltre 11.000 medici e nel solo primo semestre del 2023 altri 2.500
hanno lasciato il SSN. Anche il personale infermieristico è gravemente insufficiente, con
un numero di iscrizioni in calo e un rapporto infermieri/medici tra i più bassi d’Europa.
«La sanità pubblica –ha commentato Cartabellotta – sta sperimentando una crisi del
personale sanitario senza precedenti: inizialmente dovuta al definanziamento del SSN e
ad errori di programmazione, oggi, dopo la pandemia, è aggravata da una crescente
frustrazione e disaffezione per il SSN. Turni massacranti, burnout, basse retribuzioni,
prospettive di carriera limitate ed escalation dei casi di violenza stanno demolendo la
motivazione e la passione dei professionisti, portando la situazione verso il punto del non
ritorno».
Con 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, l’Italia è ben al di sotto della media OCSE (9,8),
http://varese.news/
collocandosi tra i paesi europei con il più basso rapporto infermieri/medici (1,5 a fronte di
una media europea di 2,4). Inoltre, nel 2022 i laureati in Scienze Infermieristiche sono stati
appena 16,4 per 100.000 abitanti, rispetto ad una media OCSE di 44,9, lasciando l’Italia in
coda alla classifica prima solo del Lussemburgo e della Colombia. Per l’Anno Accademico
2024-2025 sono state presentate 21.250 domande per il Corso di Laurea in Scienze
Infermieristiche a fronte di 20.435 posti, un dato che dimostra la mancata attrattività di
questa professione.
Livelli Essenziali di Assistenza e divario Nord-Sud
Solo 13 Regioni su 20 rispettano gli standard minimi di assistenza sanitaria, con un divario
crescente tra Nord e Sud. Le Regioni meridionali, già in difficoltà, rischiano di essere
ulteriormente penalizzate dalla legge sull’autonomia differenziata, che potrebbe
amplificare le disuguaglianze nell’accesso alle cure.
Mobilità sanitaria e conseguenze economiche
La migrazione sanitaria verso le Regioni del Nord è in costante crescita: tra il 2012 e il
2021, le Regioni del Mezzogiorno hanno accumulato un saldo negativo di quasi 11 miliardi
di euro. Questo fenomeno impoverisce ulteriormente i sistemi sanitari locali e aggrava il
disagio delle famiglie costrette a spostarsi per ricevere cure adeguate.
Stato di avanzamento del PNRR e criticità attuative
Nonostante il raggiungimento dei target europei, l’attuazione del Piano Nazionale di
Ripresa e Resilienza (PNRR) nel settore sanitario sta incontrando forti disuguaglianze
regionali. In particolare, il Sud registra ritardi significativi nell’apertura di strutture territoriali
come Case di Comunità e Ospedali di Comunità. Senza un’integrazione strutturale e
finanziaria, il PNRR rischia di diventare una misura tampone anziché un reale strumento di
rafforzamento del SSN.
Il Piano di Rilancio del SSN: una nuova prospettiva
La Fondazione GIMBE ha elaborato un piano di rilancio in 13 punti per salvare il SSN,
basato sull’articolo 32 della Costituzione e sui principi di universalismo, equità e
uguaglianza. Per attuare questo programma è necessario un nuovo patto politico e
sociale, che superi le divisioni ideologiche e riconosca la sanità pubblica come un pilastro
della democrazia e dello sviluppo economico del Paese.
Il futuro del SSN e il ruolo dei cittadini
La perdita del SSN non compromette solo la salute della popolazione, ma mina anche la
dignità e le opportunità individuali. È fondamentale che cittadini e operatori sanitari
diventino consapevoli del valore del sistema pubblico, contribuendo alla sua difesa e al
suo rilancio attraverso un impegno collettivo e politiche lungimiranti.
Fonte: http://varese.news/
prossima al punto di non ritorno – ha commentato Cartabellotta – i princìpi fondanti di
universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi e che si sta lentamente
sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce socio-
economiche più deboli, gli anziani e i fragili, chi vive nel Mezzogiorno e nelle aree interne e
disagiate».
Il definanziamento cronico del SSN
Negli ultimi 15 anni, tutti i governi hanno progressivamente ridotto il finanziamento della
sanità pubblica, considerandola un costo da tagliare piuttosto che un investimento
strategico.
Dal 2010 al 2024, il Fabbisogno Sanitario Nazionale è aumentato di soli 28,4 miliardi di
euro, ma gran parte delle risorse aggiuntive sono state assorbite dalla pandemia e
dall’aumento dei costi energetici. Le previsioni per il futuro indicano un ulteriore calo del
rapporto spesa sanitaria/PIL, confermando la tendenza al sottofinanziamento. A fronte di
una crescita media annua del PIL nominale del 2,8%, nel triennio 2025-2027 il Piano
Strutturale di Bilancio il rapporto spesa sanitaria/PIL si riduce dal 6,3% nel 2024-2025 al
6,2% nel 2026-2027.
La crescente pressione economica sulle famiglie
Nel 2023, l’aumento della spesa sanitaria (+€ 4.286 milioni) è stato sostenuto interamente
dai cittadini come spesa diretta (+€ 3.806 milioni) o tramite fondi sanitari e assicurazioni
(+€ 553 milioni): la spesa delle famiglie è cresciuta del 10,3% in un solo anno. L’accesso
alle cure è sempre più legato alla capacità economica, con 4,5 milioni di persone che
hanno rinunciato a visite o esami per motivi economici.
Il crollo della spesa per la prevenzione
Nel 2023, i fondi per la prevenzione delle malattie sono stati ridotti di quasi il 19%,
aggravando ulteriormente la fragilità del sistema. Rispetto al 2022, lo scorso anno la spesa
per i “Servizi per la prevenzione delle malattie” si è ridotta di ben € 1.933 milioni (-18,6%).
La prevenzione, sebbene essenziale per la sostenibilità sanitaria a lungo termine, continua
a essere penalizzata dalle scelte di bilancio.
La crisi del personale sanitario
Il SSN sta affrontando una crisi senza precedenti nel reclutamento e nella gestione del
personale sanitario. L’abbandono del servizio pubblico è in costante crescita: tra il 2019 e
il 2022 si sono persi oltre 11.000 medici e nel solo primo semestre del 2023 altri 2.500
hanno lasciato il SSN. Anche il personale infermieristico è gravemente insufficiente, con
un numero di iscrizioni in calo e un rapporto infermieri/medici tra i più bassi d’Europa.
«La sanità pubblica –ha commentato Cartabellotta – sta sperimentando una crisi del
personale sanitario senza precedenti: inizialmente dovuta al definanziamento del SSN e
ad errori di programmazione, oggi, dopo la pandemia, è aggravata da una crescente
frustrazione e disaffezione per il SSN. Turni massacranti, burnout, basse retribuzioni,
prospettive di carriera limitate ed escalation dei casi di violenza stanno demolendo la
motivazione e la passione dei professionisti, portando la situazione verso il punto del non
ritorno».
Con 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, l’Italia è ben al di sotto della media OCSE (9,8),
http://varese.news/
collocandosi tra i paesi europei con il più basso rapporto infermieri/medici (1,5 a fronte di
una media europea di 2,4). Inoltre, nel 2022 i laureati in Scienze Infermieristiche sono stati
appena 16,4 per 100.000 abitanti, rispetto ad una media OCSE di 44,9, lasciando l’Italia in
coda alla classifica prima solo del Lussemburgo e della Colombia. Per l’Anno Accademico
2024-2025 sono state presentate 21.250 domande per il Corso di Laurea in Scienze
Infermieristiche a fronte di 20.435 posti, un dato che dimostra la mancata attrattività di
questa professione.
Livelli Essenziali di Assistenza e divario Nord-Sud
Solo 13 Regioni su 20 rispettano gli standard minimi di assistenza sanitaria, con un divario
crescente tra Nord e Sud. Le Regioni meridionali, già in difficoltà, rischiano di essere
ulteriormente penalizzate dalla legge sull’autonomia differenziata, che potrebbe
amplificare le disuguaglianze nell’accesso alle cure.
Mobilità sanitaria e conseguenze economiche
La migrazione sanitaria verso le Regioni del Nord è in costante crescita: tra il 2012 e il
2021, le Regioni del Mezzogiorno hanno accumulato un saldo negativo di quasi 11 miliardi
di euro. Questo fenomeno impoverisce ulteriormente i sistemi sanitari locali e aggrava il
disagio delle famiglie costrette a spostarsi per ricevere cure adeguate.
Stato di avanzamento del PNRR e criticità attuative
Nonostante il raggiungimento dei target europei, l’attuazione del Piano Nazionale di
Ripresa e Resilienza (PNRR) nel settore sanitario sta incontrando forti disuguaglianze
regionali. In particolare, il Sud registra ritardi significativi nell’apertura di strutture territoriali
come Case di Comunità e Ospedali di Comunità. Senza un’integrazione strutturale e
finanziaria, il PNRR rischia di diventare una misura tampone anziché un reale strumento di
rafforzamento del SSN.
Il Piano di Rilancio del SSN: una nuova prospettiva
La Fondazione GIMBE ha elaborato un piano di rilancio in 13 punti per salvare il SSN,
basato sull’articolo 32 della Costituzione e sui principi di universalismo, equità e
uguaglianza. Per attuare questo programma è necessario un nuovo patto politico e
sociale, che superi le divisioni ideologiche e riconosca la sanità pubblica come un pilastro
della democrazia e dello sviluppo economico del Paese.
Il futuro del SSN e il ruolo dei cittadini
La perdita del SSN non compromette solo la salute della popolazione, ma mina anche la
dignità e le opportunità individuali. È fondamentale che cittadini e operatori sanitari
diventino consapevoli del valore del sistema pubblico, contribuendo alla sua difesa e al
suo rilancio attraverso un impegno collettivo e politiche lungimiranti.
Fonte: http://varese.news/