Luigi Guarracino

Luigi Guarracino, updated 9/23/24, 6:15 PM

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Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza

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Luigi Guarracino
La Procura Generale chiede 11 anni per dolo
Per la sua assoluzione, Solvay ha mobilitato l’avvocato Leonardo Cammarata
Leonardo Cammarata, nell’udienza del 4 aprile, inveisce contro tutti gli altri avvocati difensori della Solvay
perché scaricano le responsabilità sui direttori. Luigi Guarracino è l’unico tra gli imputati con la qualifica di
direttore. E’ imputato (condannato) anche a Bussi (Pescara). Ad Alessandria i direttori che l’hanno preceduto
(es. Leonardo Capogrosso, imputato condannato a Bussi) sono sgusciati via perché i capi di imputazione
partono dal 1995 (Corrado Tartuferi è invece deceduto e gli avvocati ne approfittano per scaricargli addosso).
Tutti i direttori dello stabilimento di Spinetta Marengo –nessuno escluso- dovrebbero essere imputati –per
dolo- da cent’anni a questa parte!
Guarracino trasmette a Stefano Bigini, direttore attualmente in carica (imputato in reato connesso), la
conoscenza degli archivi. Quelli di Sede che qualunque direttore del Gruppo Solvay DEVE conoscere per
mestiere, e quelli ovviamente di Spinetta Marengo. Questi archivi sono come lo scheletro per un essere
vivente, sono l’ABC professionale per chi vuole ricoprire il ruolo di direttore. Perciò anche Bigini, il direttore
subentrante, sapeva tutto degli inquinamenti e proprio per questo la teste Valeria Giunta (vedi
intercettazioni telefoniche) lo mandava affanculo, rimpiangendo Guarracino. Sapeva tutto perché Solvay
sapeva già tutto quando ha comprato il cesto di mele avariate Ausimont per un tozzo di pane: una
multinazionale chimica non è lo sprovveduto che acquista una macchina usata senza farla esaminare dal
meccanico. Bigini sapeva tutto da Guarracino e da Canti, e dagli archivi. E Guarracino da Tartuferi, e Tartuferi
da Capogrosso eccetera eccetera.

I Pubblici Ministeri al processo di Bussi (Pescara) durante l’inchiesta hanno rinvenuto un “pizzino”, che
intimava il silenzio alla società HPC incaricandola di taroccare i dati della relazione destinata agli Enti pubblici:
“Occorre non spaventare chi non sa…”. Occorre nascondere truccare alle pubbliche Autorità. L’autore del
pizzino è Leonardo Capogrosso, che appunto stava facendo il mestiere per cui era ben pagato: inquinare e
nascondere l’inquinamento. Capogrosso a Bussi è stato contestatore sessantottino, perciò promosso a
vicedirettore, poi passato a direttore a Spinetta Marengo e poi elevato a responsabile ambiente sicurezza in
tutto il Gruppo Ausimont. Nel processo di Bussi Capogrosso è uno degli imputati di disastro colposo e
avvelenamento delle acque. Capogrosso, condannato a Bussi, non è imputato al processo di Alessandria per
il rotto della cuffia, perchè per Spinetta Marengo sono stati presi in esame i reati dal 1995, e lui poco prima
aveva smesso le funzioni di direttore per assumere le alte cariche in Ausimont poi Solvay. Capogrosso, al pari
dei direttori che lo hanno preceduto (Maurilio Aguggia imputato a Bussi, Franco Simonini, Nicola Sabatini
ecc.) e che lo hanno succeduto (Luigi Guarracino imputato anche a Bussi e condannato, Corrado Tartuferi
defunto, Stefano Bigini indagato in reato connesso), aveva assunto le consegne del ruolo, aveva le chiavi
degli archivi “segreti” (Spinetta, Bussi, Bollate) , conosceva come ogni direttore il passato e il presente dello
stabilimento di Spinetta Marengo, di tutto ciò che era stato e veniva sepolto sotto lo stabilimento, di tutto ciò
che era stato e veniva sversato nel suolo, di tutto ciò che era stato e veniva immesso nell’aria, di tutto ciò che
era stato e veniva scaricato nell’acqua. Ad esempio le cronache giudiziarie lo vedono nel 1992 davanti ai
giudici in violazione della legge Merli per inquinamento del Bormida da noi denunciato, tra cui il micidiale
PFOA che è stato scaricato finchè bloccato dalle denunce di Lino Balza/Medicina democratica). Era in
compagnia penale di Bruno Parodi, imputato a Bussi e titolare del famoso “archivio Parodi” di Bollate,
archivio poi passato da Giulio Tommasi a Francesco Boncoraglio.
Capogrosso è il direttore che gestì gran parte delle rappresaglie di Cogliati contro Lino Balza, da lui
ribattezzato “sorvegliato speciale”, culminate in 23 udienze in tribunale, 7 cause in pretura, 4 in appello, 2 in
cassazione, tutte concluse a favore di Balza ma piene di sofferenze: cassa integrazione, tre trasferimenti,
mobbing, anni di dequalificazione professionale, di inattività assoluta, oltre ad uno stillicidio di tentati
provvedimenti disciplinari e vertenze minori e, dulcis in fundo, licenziamento (annullato dal Giudice).
Capogrosso, su mandato del presidente Carlo Cogliati imputato a Spinetta e Bussi, firmò il licenziamento di
Balza e Gianni Spinolo che avevano denunciato il sistema di tangenti. Prima del bastone, Capogrosso ci aveva
provato con la carota tentando di corrompere Balza con larghe offerte di carriera. Il Manifesto, in un maxi
articolo intitolato “La carota avvelenata” ne riportò il rifiuto in una lunga intervista-denuncia di Balza. Dunque
Capogrosso persona corrotta e viscida. Un vero servo. Rileggendo le sue recenti dichiarazioni al processo di
Bussi, il suo cinismo è raggelante: “Tutte le aziende chimiche inquinano, non potevamo non avvelenare”. E
i morti? Effetti collaterali della guerra chimica. A Bussi c’è una incidenza della diffusione dei tumori che supera
del 70 per cento la media regionale. E a Spinetta, pure. “Mi dispiace”: ha detto. Ti dispiace? Tu non avevi altra
scelta: non potevi non avvelenare? Avevi scelto di fare il direttore. Cos’è, una assoluzione?
Se Capogrosso, che ancora oggi ricco pensionato contempla dalla sua abitazione le ciminiere della Solvay di
Spinetta, proveniva dalle Marche (conservandone l’idioma a scapito dell’italiano), Luigi Guarracino è invece
abruzzese e da direttore ha abitato a Bussi esponendo anche la sua famiglia all’inquinamento. Non l’ha fatto
per soldi ma perché -dice- non si era mai accorto di niente, che stavano avvelenando 700.000 persone. Così
ha sostenuto alla Corte di Assise di Chieti. Era convinto di avere trascorso un periodo nel Parco Nazionale
d’Abruzzo, contemplando gli orsi. Così a Spinetta Marengo per lui la Fraschetta era ancora quella della foresta
del brigante Mayno. Non riesce a capacitarsi di essere imputato per gli stessi reati (fatale coincidenza) di
Bussi e Spinetta. Anzi, si stupisce che dalla Corte d’Assise de L’Aquila per il processo gemello di Bussi è stato
addirittura condannato!
Chi ha capito tutto è invece la Miteni che l’ha chiamato a fare il direttore, considerata la sua esperienza a
scaricare Pfoa nei fiumi. La multinazionale tedesca Icig a Trissino (Vicenza) è accusata di inquinare le falde
acquifere: centottanta chilometri quadrati comprendenti 79 comuni a sud di Trissino contaminata dal
Pfoa/Pfas. Nel reparto della Miteni, già, sono morte ventuno persone su sessantanove, dal 1965. Nessuna di
morte naturale. Dopo la mobilitazione popolare, la Procura della Repubblica ha avviato procedimento e la
Regione Veneto ha allestito un controllo medico di massa: novantamila persone, a fronte di una
contaminazione che ha i connotati dell'epidemia: da 200mila a 450mila interessati lungo il bacino del Fiume
Fratta Garzone. Lo screening durerà dieci anni, ma i dati ci sono già. Secondo i Comitati “Bisogna chiudere la
Miteni e cercare una nuova falda d'acqua". Il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per i
Pfas in Veneto, con la contestuale nomina di un commissario.
Il PFOA è indegradabile, e nel contempo bioaccumulabile nei tessuti viventi. E’ tossico, mutageno,
cancerogeno, teratogeno, se respirato o bevuto o mangiato nella catena alimentare. In particolare attacca il
sistema riproduttivo e immunitario (tiroide). Guarracino era consapevole che l’avevano accertato copiose
risultanze del mondo scientifico internazionale. Ora il Codacons ha chiesto al governo di sequestrare le
pentole antiaderenti di Teflon. Greenpeace ha rinvenuto i Pfc oltre i limiti di legge nei tessuti GoreTex e parla
perfino di contaminazione della neve in alta montagna e addirittura di pericoli per la massaia che fa il bucato.
Luigi Guarracino per anni a Spinetta Marengo ha consapevolmente scaricato (tra l’altro) PFOA in falda e in
Bormida, di qui in Tanaro e in Po. In altissime concentrazioni il Pfoa si è depositato nel sangue dei lavoratori,
sottoposti ad analisi (non altrettanto i cittadini). I lavoratori a loro volta erano anche donatori di sangue! Ciò
è avvenuto per decenni. Dai primi anni duemila Lino Balza alias Medicina democratica ha lanciato una
campagna nazionale per la sua eliminazione. Fino ad allora la presenza e la pericolosità del Pfoa era
privatamente conosciuta e nascosta da Ausimont/ Solvay/ Guarracino, mentre le Autorità pubbliche nulla
cercavano con le analisi. Quando finalmente il Pfoa è stato cercato, la sua presenza è stata trovata dall’Arpa
nelle falde dell’acquedotto di Alessandria. Ma anche, dal CNR, alla foce del Po, in concentrazioni enormi. Lino
Balza/Medicina democratica ha chiesto per molti anni la sostituzione del PFOA a Spinetta, anche tramite
documentati esposti alla Procura della Repubblica di Alessandria. Ma la Solvay ha tenuto duro fino al 2013,
sfruttando l’assenza di un chiaro limite di legge in Italia, come fu sciaguratamente per l’amianto. Nel
frattempo milioni di dollari di risarcimento aveva dovuto pagare la Du Pont in USA, quando l’EPA
(Environmental Protection Agency) aveva trovato il PFOA nel sangue umano e nei cordoni ombelicali, dopo
aver accertato nelle cavie tumori, soprattutto al fegato, interferenze al sistema endocrino, con l’asse
ipotalamo-ipofisi, alterazioni degli ormoni tiroidei, cancro alla tiroide, danni allo sviluppo e alla riproduzione,
riduzione del peso alla nascita, inversione sessuale. Non contenta di avvalersi di un medico di fabbrica
negazionista della forza scientifica di un Giovanni Costa (che si guadagna la parcella anche con trasferte a
Spinetta), non contenta la Miteni chi ha chiamato a fare il direttore? Luigi Guarracino! Chi meglio di lui, che
a Spinetta è stato specialista a scaricare PFOA (tossico, cancerogeno, mutageno, teratogeno) nel Bormida e
fino alla foce del Po? Anzi, lo vuole Amministratore delegato!
Secondo Leonardo Cammarata, nell’udienza del 4 aprile, l’innocenza di Luigi Guarracino è imperniata sulla
testimonianza di Alessandro Cebrero: la manutenzione in fabbrica era ai massimi livelli di sicurezza ed
efficienza, a cominciare dalla rete idrica con normali perdite fisiologiche, fughe di gas sconosciute,
finanziamenti ambientali a go-go. Cosa mai poteva testimoniare Cebrero sulla manutenzione di cui era stato
elegante (occhialino al collo) responsabile per 20 anni? E’ come chiedere all’oste se il suo vino è buono.
Tutti gli altri avvocati difensori della Solvay scaricano le responsabilità sui direttori? Sbagliato, ribatte
Cammarata, Guarracino come direttore, tanto a Bussi come a Spinetta, doveva limitarsi a garantire continuità
di produzione ed efficienza della manutenzione ordinaria, un mero esecutore di ordini: scarichi nelle falde,
fughe di gas, l’ambiente interno ed esterno non erano di competenza del direttore, tutte cose demandate
dall’Amministratore ad esperti come Canti, Tommasi, Boncoraglio, Carimati e consulenti esterni. Guarracino
si fidava degli specialisti, lasciava fare, firmava (teste Susanni) ma firmava formalmente quello che gli
proponevano, mero esecutore. Siccome si fidava di tutti, ignorava anche gli archivi “segreti” e le falsificazioni
dei dati. Non gli avevano neppure segnalato l’impellenza della bonifica (gli era subito sfuggita nella
conferenza dei servizi del 2003), altrimenti si sarebbe rivolto a Bruxelles. Gli investimenti fuori dall’ordinaria
amministrazione erano di competenza degli amministratori delegati. Dunque di Pierre Jacques Joris!
Cammarata mette il dito sulla piaga. I difensori degli amministratori delegati tentano di presentare Solvay
come “acefala”, dove nessuno comanda ed è responsabile. Però tutti, compreso Cammarata, tentano di
nascondere “la cupola Solvay” formata da uomini, mezz’uomini, ominicchi, (con rispetto parlando)
pigliainculo e quaquaraquà, cupola di cui Guarracino è –dolosamente- parte integrante.