About Rete Ambientalista Al
Movimenti di Lotta per la Salute, l'Ambiente, la Pace e la Nonviolenza
Movimento di Lotta per la Salute Giulio Alfredo Maccacaro
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17 agosto 2022 via PEC 14°esposto
Egr.
Procuratore capo Enrico Cieri
Presso il tribunale di Alessandria
Il presente esposto è a complemento di 7 precedenti con relativi allegati scientifici. Ad essi sono anteriori i 6
esposti depositati dal 2009 al 2017 con relativi allegati, e la testimonianza 2014 al processo
Ausimont/Solvay, e ancor prima i riferimenti al processo Montefluos negli anni ’90. Sono tutti cliccabili negli
esposti precedenti.
In tutti gli esposti abbiamo sostenuto senza reticenze la condotta dolosa della Solvay, sia per la sua lunga
conoscenza internazionale dei rischi derivanti dai PFAS, sia localmente per la consapevolezza altrettanto
prolungata dei danni provocati all’ambiente addirittura verificati nel sangue dei propri dipendenti, reati a
nostro giudizio senza soluzione di continuità quanto meno dalla data di acquisizione della proprietà in Italia.
Le patologie, tra cui il tumore maligno alla tiroide, sono confermate dalle mie recenti analisi del sangue
dei composti perfluorurati (Pfas). Per le lesioni e i danni, dunque mi costituirò parte civile in Tribunale nei
confronti della Solvay che a Spinetta Marengo li produce e diffonde in acque suolo aria. Con me potranno
farlo quanti, aderendo alla nostra Iniziativa di marzo con l’Università di Liegi, hanno riscontrato nelle
analisi le preoccupanti concentrazioni di Pfas (PfOA, C6O4, ADV) e dunque sono stati colpiti e/o sono a
rischio per queste bioaccumulabili e indistruttibili sostanze tossiche cancerogene mutagene: malattie
della tiroide, cancro ai testicoli, cancro ai reni, fegato, disturbi del sistema immunitario, colesterolo,
infertilità, colite ulcerosa,
ipertensione indotta dalla gravidanza,
ipercolesterolemia, disturbi
dell'apprendimento nei bambini eccetera. Potrà farlo la popolazione lavorativa e residente di Alessandria
qualora sottoposta a screening di massa, così come rivendichiamo alle istituzioni da almeno quindici anni
e ripetiamo con l’attuale Raccolta di firme.
Oggi, 17 agosto 2022, gli scienziati del CHU -policlinico universitario di Liegi (Belgio) e dell'Università di
Liegi, nelle persone della dottoressa Corinne Charlier, della dottoressa Catherine Pirard e del Dottore
Gauthier Eppe, hanno incontrato a Spinetta Marengo le persone -fra cui il sottoscritto- che a marzo si
erano sottoposte a prelievo del sangue. Lo scopo è stato di illustrare il risultato dell'indagine
epidemiologica condotta, nel rispetto della privacy. I risultati di queste ricerche permettono di affermare
che la popolazione di Spinetta Marengo è significativamente contaminata sia dai cosi detti “vecchi” che
dai “nuovi “ PFAS : Pfoa, C6O4, ADV. Andrà in onda a settembre il lungo reportage sulla Solvay della
RTBF, Radio Televisione Belga, che comprenderà le analisi del sangue alla popolazione effettuate a marzo e
affidate al CHU, Ospedale Universitario di Liegi in Belgio. La troupe della trasmissione “#Investigation” a
marzo 2022 era già stata a Spinetta Marengo per raccogliere il rapporto e la convivenza tra i residenti della
frazione alessandrina e il colosso della chimica.
Egr. Procuratore,
La condotta dolosa della multinazionale belga è sempre stata reiterata nei decenni trascorsi, come, di
seguito evidenziano le date.
2021 Solvay cessa l’utilizzo dei Pfas nelle sue fabbriche degli Stati Uniti sostituendoli con nuove tecnologie
dopo che lo Stato del New Jersey, per un vasto inquinamento da Pfas causato dallo stabilimento di West
Deptford, aveva portato in giudizio l’azienda, chiedendo bonifiche e danni. Invece Solvay continua a usarli a
Spinetta Marengo (Alessandria).
Nel 1951 DuPont ha iniziato a utilizzare il Pfas PFOA per produrre Teflon nel suo stabilimento di Washington
Works. Nel 1961 l’azienda sa che il PFOA è tossico. Nel 1981 DuPont riscontra malformazioni nei bambini
nati da dipendenti di sesso femminile del suo stabilimento del West Virginia e decide di ritirarle dal lavoro
in Teflon. Il monitoraggio dell'acqua potabile condotto da DuPont nel 1984 conferma livelli elevati di PFOA
intorno allo stabilimento di Washington Works, ma decide che la riduzione delle emissioni di PFOA non è
"economicamente interessante". Nel 1989 l’azienda rileva fra i dipendenti nello stabilimento del West
Virginia un numero elevato di decessi per leucemia nonché un alto numero di tumori renali tra i lavoratori
di sesso maschile. Nel 1998 l'avvocato Rob Bilott avvia la causa contro DuPont che scarica (e uccide
mucche) nell’affluente del fiume Ohio. Nel 2001 la vince dopo che nel corso del processo Bilott ha scoperto
la documentazione interna di DuPont sull'esposizione al PFOA nei lavoratori degli impianti e nelle acque
sotterranee. Nel 2001 Bilott avvia un'azione collettiva contro DuPont per conto di 50.000 persone nell'area
del fiume Ohio. Nel 2004, DuPont risolve per 343 milioni di dollari la causa collettiva che nel frattempo si
applica a 80.000 querelanti in 6 distretti acquatici, candidamente affermando "DuPont ha utilizzato
[C8/PFOA] per più di 50 anni senza che siano stati osservati effetti sulla salute dei lavoratori". DuPont
sposta dall’Ohio la produzione di PFOA nel suo nuovo stabilimento di Fayetteville Works in North Carolina,
mentre già nel 2000 la 3M aveva annunciato l'eliminazione graduale del PFOA, dopo che l'EPA
(Enviromental Protection Agency) aveva invitato tutte le aziende -compresa Solvay penalmente incriminata
a causa del suo impianto di West Deptford in New Jersey- a cessare le produzioni. Seguiranno altre cause
collettive per lesioni personali per centinaia di milioni di dollari (ultimamente è in atto un'azione collettiva
multidistrettuale a West Des Moines nello Iowa). Intanto l' EPA ha rivisto il suo avviso sanitario: ha stabilito
0,004 nanogrammi litro come limite massimo di Pfoa nelle acque potabili. (A Montecastello, Comune vicino
ad Alessandria, ai rubinetti c’erano 130,0 nanogrammi litro!! ).
Fissiamo un primo punto fermo. Della suddetta situazione Pfas la multinazionale Solvay è perfettamente
consapevole quando nel 2002 acquisisce per un tozzo di pane la mela marcia (non solo di Pfas) dello
stabilimento Montedison (Ausimont) di Spinetta Marengo di Alessandria. Nel 2002 la stessa Filcea CGIL
denuncia con una pubblicazione ai lavoratori la pericolosità dei Pfas utilizzati (prodotti in Veneto anche a
Trissino dalla Miteni). Nel 2008 i dipendenti segnalano allarmi in Procura. Anche riferiti ai micidiali cromo
esavalente e PFIB (perfluoroisobutene). Nel 2009 chi scrive denuncia e documenta con un esposto alla
Procura di Alessandria che il sangue dei lavoratori è contaminato dal tossico e cancerogeno Pfoa e che
Solvay ne nasconde i referti (solo nel 2019 sequestrati con un blitz dei Noe). Nello stesso esposto si
denuncia che nessuna indagine pubblica parimenti è condotta nei confronti della cittadinanza a rischio,
mentre l’inquinamento fuoriesce dai camini e dal Bormida prosegue enorme in Tanaro e Po fino
all’Adriatico.
Anche nei successivi esposti (fino al 2021 complessivamente ben 13 , e comprendenti le omesse rilevazioni
di acido cloridrico e di acido fluoridrico che non raggiungono la gravità del vergognoso controllo dei
Fluorurati, cancerogeni ma altresì
letali
in
fase acuta: tetrafluoroetilene e
in particolare
perfluoroisobutene) sono allegate le documentazioni internazionali degli studi scientifici sui tragici danni di
Pfas e Bisfenolo sulla salute umana: copiose risultanze sempre più arricchitesi fino ad oggi: il più ampio
spettro di manifestazioni cliniche associate all'esposizione a Pfas è ormai ampiamente riconosciuto a livello
internazionale. Attualmente, nel 2022 Solvay a Spinetta Marengo non cessa la produzione e l’utilizzo dei
Pfas, anzi detiene dalla Provincia l’autorizzazione AIA addirittura ad aumentare la produzione di Pfas C6O4.
Ciò avviene malgrado che, nel 3° dei 7 esposti al procuratore Enrico Cieri), avessimo allegato i documenti
ottenuti da Consumer Reports attestanti come aperta confessione che Solvay ha conosciuto, per studi
interni, i gravi danni dei sostituti PFAS (es. gli spinettesi C6O4 ADV) da almeno 15 anni rinvenuti nel
sangue dei lavoratori (es: Spinetta), e dunque i rischi per la popolazione.
E’ implicito che negli esposti abbiamo sempre sostenuto la condotta dolosa di Solvay sia per la sua lunga
conoscenza internazionale dei rischi derivanti dai PFAS, sia localmente per la consapevolezza altrettanto
prolungata dei danni provocati all’ambiente e alla salute addirittura verificati nel sangue dei propri
dipendenti, reati a nostro giudizio senza soluzione di continuità quanto meno dalla data di acquisizione
della proprietà.
Fissiamo un secondo punto temporale. Nel dicembre 2019 la sentenza definitiva della Cassazione condanna
Solvay per disastro ambientale e omessa bonifica: “un evento distruttivo di proporzioni straordinarie”, “ un
avvelenamento delle falde difficilmente reversibile”, “sprezzo assoluto degli imputati all’incolumità
pubblica”, al punto da far esclamare al procuratore generale di Cassazione: “Mi auguro che seguano
centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”.
Ebbene, dopo venti anni dall’acquisizione dello stabilimento, Solvay non ha concluso la bonifica. Anzi, ha
peggiorato la status aria-suolo-acque, dunque salute e ambiente. Ha reiterato i reati. Dunque con le altre
Associazioni abbiamo sollecitato la Magistratura ad aprire un nuovo procedimento penale nei confronti di
Solvay.
In merito al quale, proprio in questi giorni, lo staff legale di Solvay è intervenuto sostenendo: “Dopo
approfondite e lunghe indagini preliminari condotte dal Procuratore Capo, dai NOE di Alessandria con il
supporto di Arpa, è emerso, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’impossibilità fattuale e giuridica di
configurare una qualunque ipotesi di reato ambientale a carico di Solvay e dei suoi dirigenti”. (A parte le
chiamate in correo) si tratta di affermazioni stupefacenti, sotto diversi punti di vista. A cominciare
dall’assioma che “è normale e prevedibile l’inquinamento residuo di un’attività industriale secolare” e che
“non può essere risolto prima di almeno vent’anni”. Non si capisce se conteggiati per il 2032 o il 2042, e
comunque ci si metta l’animo in pace: “Tutti devono saperlo”; come se non si stesse parlando di una
azienda classificata in Italia ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale, nel mirino della
Commissione parlamentare ecomafie e del Relatore Speciale ONU per le sostanze tossiche e i diritti
umani.
Soprattutto sono stupefacenti queste dichiarazioni in quanto i legali le supportano con un documento che
1) evita completamente le analisi Arpa dell’inquinamento atmosferico: principale agente del disastro
ambientale e 2) dimostrerebbe “il costante e significativo miglioramento dello stato qualitativo delle
acque”. Dichiarazioni paradossali quando il cloroformio sta risalendo addirittura dalle cantine delle
abitazioni, e mentre la dimostrata inefficacia delle cosiddette “barriere idrauliche” è confermata dalle
elevate concentrazioni in Bormida di Pfas (pfas C6O4 di produzione esclusiva e recente di Solvay!!) che
hanno causato la chiusura dell’acquedotto del limitrofo Comune di Montecastello (130 nanogrammi litro!!).
E mentre le ultime rilevazioni trimestrali dell’Arpa delle acque di falda confermano nell’area interna allo
stabilimento i Pfas sia C6O4 sia ADV, e i superamenti di Dibromoclorometano, Bromodiclorometano,
Bromoformio, Triclorofluorometano, Diclorodifluorometano, nonché sia dentro che fuori dal sito chimico
il superamento dei limiti per quel che riguarda cloroformio e tetracloruro di carbonio “ben oltre l’area di
influenza della barriera idraulica”, nonché Pfas, Cromo esavalente e Fluoruri, “in concentrazioni superiori ai
limiti di legge“. Per quanto riguarda i parametri inorganici, Arpa segnala inoltre in diversi piezometri
la presenza di Cromo totale, Nichel, Antimonio, Arsenico, Selenio, Mercurio in concentrazioni superiori
alle CSC.
Le dichiarazioni degli avvocati Luca Santa Maria e Dario Bolognesi in definitiva si possono definire ciniche in
senso spregiativo, di fronte alle eccedenze di patologie, anche tumorali, che colpiscono gli abitanti della
Fraschetta come riportato nelle indagini epidemiologiche.
La linea di difesa processuale dello staff legale di Solvay si colloca sulla scia della pubblicità mendace del
recente opuscolo distribuito a tappeto a dipendenti e residenti alessandrini, con cui Solvay afferma:
“Facciamo chiarezza su salute e ambiente: Solvay non è responsabile delle morti di Spinetta Marengo”.
Malgrado indagini epidemiologiche che fanno rizzare i capelli prima ancora di essere completate, Solvay
infatti nega che acido cloridrico
(HCL), acido fluoridrico
(HF), tetrafuoroetilene
(C2F4) e
perfluoroisobutene PFIB), che fuoriescono dalle ciminiere di Spinetta Marengo, ovvero tramite fughe di gas
dagli impianti stessi, ammalino sangue e polmoni di bambini e adulti. Nega in quanto a suo dire tali
concentrazioni tossico oncogene sarebbero sotto i livelli di tolleranza: “sotto le soglie di non effetto”,
praticamente innocue. Tolleranza quanto meno presunta. Presunta se non altro perché la centralina di
controllo HCL e HF non viene fatta funzionare, come attestano le relazioni ARPA da noi prodotte in Procura.
Presunta soprattutto perché C2F4 e PFIB, altrettanto cancerogeni ma altresì letali in fase acuta, sono
addirittura controllati dalla stessa Solvay: controllato e controllore coincidono.
A tacere dei PFAS, punta dell’iceberg. Ad eccezione di Solvay, non c’è più nessuno al mondo che neghi che i
Pfas siano tossici cancerogeni mutageni. Neppure Solvay può negare che le falde del territorio alessandrino
sono impregnate di Pfas (Pfoa, C6O4, ADV) mescolati a bisfenolo nonché a cromo esavalente e altre 21
sostanze cancerogene non bonificate malgrado la sentenza di disastro ecosanitario della Cassazione, e che
un acquedotto è già stato chiuso. Né riesce a negare che i Pfas scaricati in Bormida nuotano nel Po tra i
pesci che cambiano sesso fino all’Adriatico. Neanche Solvay può negare che i Pfas sono a livelli inusitati nel
sangue dei lavoratori (fino a 3.000 milligrammi per litro), e presumibilmente dei cittadini, né può più
nascondere le relative cartelle cliniche in quanto la Procura finalmente le ha sottoposte a sequestro. Va da
sé che il monitoraggio del sangue -abbiamo sempre denunciato- andasse e vada garantito dalle Autorità
preposte: a questo punto, imposto dalla Magistratura.
Malgrado tutto ciò Solvay, nell’opuscolo patinato di verde, azzarda due affermazioni che rappresentano le
sue linee di difesa nel prossimo (2°) processo per disastro ambientale e omessa bonifica: “Non è vero che a
Spinetta si muore di più” e “Non è dimostrato il rapporto causa-effetto”. Consulenti disponibili a sostenere
le tesi sono sempre fruibili ad essere ingaggiati a contrastare chi come noi chiede la chiusura degli impianti
inquinanti e la più severa condanna in tribunale.
La sentenza della Cassazione ha riguardato il processo per la catastrofe ecosanitaria della Solvay di Spinetta
Marengo, che è in completa similitudine fattuale e giuridica con quello della Miteni, stabilendo il principio
della “condotta continua e permanente del reato di inquinamento” e del “reato di omissione delle misure di
sicurezza (e bonifica) che aggrava l’evento di inquinamento”. Ne deriva “l’obbligo di attività riparatoria sia
nei confronti dell’ecosistema che delle Vittime”, ovvero dei risarcimenti da parte di Miteni e Solvay. E per le
Istituzioni della chiusura degli impianti inquinanti. Limiti zero.
Rispettosamente, in fede
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro